

Je ferme les paupières
Sur ta mémoire chaude.
Le vent du nord est si pur,
Si mordant.
Les murs blancs
Retiennent les ombres ;
Novembre est à la brume.
La vie est un souffle
Qui brûle l’amertume ;
Dans le cocon,
La nuit tangue
Jusqu’à la métamorphose.
Laura Mucelli Klemm, 06-11-2021
Tableau,Montserrat Gudiol
Cierro mis párpados
En tu memoria caliente.
El viento del norte es tan puro
Tan mordiente.
Los muros blancos
Retienen las sombras;
Noviembre está en la niebla.
La vida es un soplo
Que quema la amargura;
En el capullo
La noche mece
Hasta la metamorfosis.
Laura Mucelli Klemm Poeta. Francia.
Trad.: Sofia Rosales Guzman. Argentina.
Chiudo le mie palpebre
Sulla tua calda memoria.
Il vento del Nord é cosi puro
Così mordente.
I muri bianchi
Trattengono le ombre;
Novembre é avvolto
nella nebbia.
La vita é un alito
Che brucia l’amarezza;
Nella crisalide
La notte culla
Fino alla metamorfosi.
Laura Mucelli Klemm
Tradotta da Line Tarry, Francia
*Quadro: “jardin des étoiles” di Beatrice Colfield
** Versi, quadro e traduzioni ricevute direttamente dall’autrice
Profughi
di
Paolo Carfora
Siamo profughi d’inverno,
Esuli dell’autunno rosso,
Che sulla pira di brune foglie
La vita tutta ha immolato.
Siamo soli d’inverno,
Ammutiti dalla cenere
Piovuta dalla pira. Chi ha
il cuore di chiamarla neve?
Siamo superstiti d’inverno,
Una sorte meritata
Per i fuochi accesi
E i molti fumi spansi.
Siamo per sempre d’inverno,
Ora che l’ultimo ramo abbiamo
Strappato e più non resta
Con che accendere un fuoco.
Andiamo per l’eterno inverno:
la chiamavamo casa,
verde, umida dimora.
Deserto di cenere, tomba in malora.
Petrolio
di
Paolo Carfora
Ma c’è un sangue
capace di lambire
Dell’acciaio le vene
E il creato tutto avvilire
Con ammorbanti pene?
Ma c’è un’acqua di morte,
Che sgorga da cupa fonte,
Giù, nell’abisso remoto
Laddove gli avidi
son chiamati in toto?
C’è:
Quel brodo di scheletri,
Che dell’antico sole
Conserva il vigore.
Una potenza ridestata,
Per dar vita a creatura
Artefatta e inanimata.
Arroganza di chi la vita ha ricevuto
E a materia morta vuol donarla
Per farne sua schiava, e scaduta
Abbandonarla.
Paolo Carfora, classe 1990. Nato nella nebbiosa Torino, cresce a sushi, libri e videogiochi, apprezzando questi ultimi più per la trama che per la componente ludica. La sua passione per la fantascienza nasce nel lontano 1996, quando inizia segretamente a prendere in prestito dalla videoteca del padre cassette di Star Trek, Alien, Blade Runner e altri grandi classici. Gli incubi che quelle pellicole instillano nella sua giovane mente non sono sufficienti a vincere la fascinazione di mondi alieni e distanti. Amante anche del genere Fantasy, durante gli anni del liceo gli viene affidata una rubrica sul giornale scolastico in cui pubblica a puntate brevi racconti del genere. Grande appassionato di fisica, la vita lo conduce però verso altri lidi.
Durante gli anni dell’università, passati tra estrazioni dentarie, otturazioni e devitalizzazioni, ha trovato rifugio nel pensiero di Laplace, Nietzsche, Heidegger e Günther Anders, la cui filosofia in particolare lo ha ispirato all’ideazione di un immaginario futuro distopico.
Laureatosi col massimo dei voti, inizia a lavorare come dentista, ignaro che sarebbe presto entrato a far parte di quella categoria conosciuta ai più come “studenti lavoratori”.
Superato per la seconda volta il test d’ingresso, determinato a espandere il campo delle sue competenze, si iscrive alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, di cui frequenta attualmente il quarto anno in pari, nonostante gli impegni lavorativi.
Trascorre attualmente le sue giornate nella frenetica alternanza di studio e lavoro, riuscendo tuttavia a ritagliarsi tempo prezioso per la sua grande passione: l’invenzione di storie fantastiche.
Giugno 2021: firma il suo primo contratto per la pubblicazione del suo romanzo dal titolo: “Tecnosfera” con la CE non EAP Lekton Edizioni.
*Versi e biografia ricevuti direttamente dall’Autore.
**Quadro di Ludmila Zhizhenko, Artista russa che dipinge i suoi quadri col petrolio liberamente tratto da: https://www.labottegadelbarbieri.org/17-aprile-se-renzi-inquina-il-confronto/
***Sito di Ludmila Zhizhenko: https://www.lzhizhenko.com/
Tempesta infinita
s’agita tra gli uni
e gli altri, inermi.
Barche alla deriva
crollano gli uomini
scorrono sul mare
bare rosse e bianche.
Pallide storie si fanno
confuse al meriggio.
Gomitolo di colore
nel caotico rumore
d’una stanza chiusa.
Sfiancato dalla disperazione
sul balcone della vita, seduto
s’arrende pure il più forte.
Poi luce, bagliore, un lampo.
Punto all’orizzonte, via via
sempre più grande, speranza
giunge ai viandanti stanchi.
Un nuovo inizio, riparte,
daccapo voltola il mondo.
*Quadro: Antonio Fiore Ufagrà – “Finalmente il vaccino”, 2021, acrilico e plexiglass su faesite, cm. 35 x 45.
**Versi: Zairo Ferrante – “Finalmente il vaccino”, 2021 – liberamente ispirati dal quadro di Antonio Fiore Ufagrà.
Nuovo canto palindromo
di
Rita Stanzione
che invia delle stampe
per l’anno nuovo, l’arte
di amare l’arte, una poesia
che col pretesto
delle sue belle figure
retoriche, fa cadere i bottoni
cattivi dai fiori.
Non si toccano i fiori.
Solo a dirlo viene in mente
la Storia di pulsanti fatidici
e piani a difesa le polveri.
Ai visi in attesa, lui chiede?
di riempire il sereno
fare un giro sul petto
via, all’altra parte del mondo
in un canto palindromo
il mio o il tuo. Il loro che torna.
*versi ricevuti direttamente dall’Autrice tramite e-mail.
**Quadro Golconda – Magritte – liberamente tratto da https://www.frammentirivista.it/golconda-magritte-analisi/
DECLINAZIONI DELL’ACQUA
di
Maria Grazia Cicala
L’Acqua è il tema dominante, visivamente e allegoricamente. Si presenta come elemento primordiale e viene via via declinato nelle possibili implicazioni, personali e metaforiche. Acque di riparo e di tempesta, di profondità e di superficie; acque che sono origine, mistero, fluidità e quindi vita e sentimento.
L’Acqua viene eletta sublimatrice del passato e confidente, come se fosse in grado di custodire in sé i segreti degli eventi di cui è testimone. Essa è identificata come una difesa contro lo scorrere del tempo.
Tutto ha inizio dalla Poesia Visuale di Carlo Belloli: Acqua. Una poesia di segni/segnali. Parole/segnali che traducono un’azione più che un’idea. La poesia visuale è un linguaggio internazionale inelitario. Spoglio di contenuti emotivi, di immagini, di similitudini, il poema visuale si compone sulla semplicità dei significati delle parole e sulla complessità dei segni. Per il poeta lineare le parole sono cose, le frasi oggetti; per il poeta visuale le parole sono segni, mentre le frasi appartengono alla prosa.
Dalla poesia visuale di Belloli: Acqua, io ne prendo l’idea, le riflessioni, i colori e gli incolori, la flora, ciò che vive nell’acqua, sull’acqua o che semplicemente vive l’acqua.
Le parole acquistano sonorità liquide e l’acqua diviene l’immagine dell’ambiguità e del doppio senso. Le superfici lacustri si appropriano delle immagini del mondo riflettendone una figura diafana, dai contorni confusi e il silenzio stagnante si riempie di parole non dette. (Francesco Spampinato)
“Per sognare profondamente bisogna sognare con della materia”, ha scritto Gaston Bachelard in L’eau et les rêves (1942). Nella sua indagine sul regno dell’immaginazione materiale, l’acqua è, fra i quattro elementi della tradizione empedoclea, la forza naturale da cui sorge la rêverie: “Il vero occhio della terra è l’acqua. Nei nostri occhi è l’acqua che sogna”.
Maria Grazia Cicala architetto
“Ri_Bellarsi: riappropriarsi del Bello”
“Ri_bellarsi, ritornare al bello”, (Alessandro Bergonzoni), ossia riappropriarsi della bellezza attraverso un processo di rigenerazione del nostro essere dove l’acqua è l’elemento dominante della nostra vita.
Nei luoghi che ritraggo, l’implicito, il non visto, l’invisibile e il non detto si fanno dimensioni altrettanto importanti di quanto mostrato e detto. La dimensione liminare dell’immagine fa del fuori campo un simbolo, una metafora dell’invisibile e dello spirituale, di un qualcosa in grado di costruire e definire un “altrove più radicale”. Il fuori campo, nel suo dialogo ininterrotto con il campo, caratterizza un tipo di immagine da me intesa come soglia verso il possibile e il potenziale fino a configurarsi come luogo privilegiato di un’eccedenza celata.
Hanno detto di me…
Il fiore della ninfea emerge dall’acqua stagnante in tutta la sua purezza per ricordarci che la bellezza è un’esperienza sensoriale e concettuale privilegio della natura umana supportata da una rinascita, da un viaggio di andata e di ritorno dal mondo sensibile che cerchiamo di comunicare trasmettendone i tratti più salienti, ritraendola attraverso molteplici simboli e forme. Maria Grazia fluttua tra le forme ed i colori che la luce fissa con intensità diverse durante il viaggio del sole in ogni nuovo giorno. La sensibilità dell’artista è perfettamente connaturata con la ricerca della bellezza, di un’armonia che le ninfee infondono all’ambiente circostante e che ci invita a fermarci per guardare fuori e dentro noi stessi. Una scelta ed un viaggio intrapreso per raggiungere la fonte della poesia e della bellezza come esperienza di vita. Le ninfee nutrono questo bisogno ancestrale di armonia, affinano i sensi e ci portano a scegliere in cosa credere ovvero se: “…. tutto ciò che è bello è vero” oppure, se: “…è vero ciò che è bello”, due approcci diversi che hanno reso l’uomo antico ciò che è oggi, con le sue contraddizioni moderne come bagaglio storico e filosofico. L’autrice di queste visioni affascinanti fluttua tra questi due significati agli antipodi ma con in comune il desiderio di ritornare al bello scegliendo un fiore come la ninfea per far poesia con gli occhi e con la mente.
L’acqua sui cui galleggiano sublima la natura umana permettendoci di immaginare di galleggiare nel liquido amniotico da cui prende forma la vita così come la conosciamo e vorremmo che continuasse ad accrescere il nostro bisogno di bellezza. Un sentimento profondo che anima ogni visione proposta, instillandoci un incantamento che superi la sua stessa vocazione poetica per ritornare alle radici del significato stesso del concetto “bellezza” e restituirlo ad una quotidianità altro da sé.
(Paola Palmaro)
Maria Grazia Cicala, architetto, nata a Roma, cotitolare dello Studio Castagnetta e Cicala: Architettura -Interior Design – Trasferita a Rovereto (TN )nel 2015, come scelta di vita.
Ha seguito nell’anno 2013 il percorso di formazione Greenhouse Flex nella start-up aziendale di Progetto Manifattura sito in Rovereto (Trentino)
Oltre alle mansioni di architetto progettista, la sottoscritta ha collaborato come giornalista freelance per diverse Redazioni di Architettura-Design: Dell’Anna Editori, Semestreuropeo della Gangemi editori.
Per Dell’Anna Editori ha scritto su varie testate giornalistiche sempre in tema di Design e precisamente su CaseArchitettura, AmbienteCasa e Lady Sposa. (nell’anno 2013 come Responsabile di Redazione)
Su Semestreuropeo si è occupata di Best Practices nel campo del design e della creatività in genere.
E’ inoltre Curator of Design Exhibitions. Crea eventi culturali, relativi al design, design del gioiello contemporaneo, fotografia, arte. Sono in programma presso il comune di Nogaredo e di Bardolino due mostre personali di fotografia, nei mesi di marzo 2020 e giugno 2021 (rinviata causa emergenza sanitaria).
*Testo e foto ricevute dall’Autrice che ne detiene tutti i diritti -©2020 vietata la riproduzione senza esplicito consenso dell’Autrice.
FLEBOCLISI
il senso e il verso son gli stessi.
S’attacca addosso e con il sangue
scorre, passa,
scivola sul cuore, tra le ossa.
A volte calma a volte cura
è l’amore.
Lenta scorre e si consuma
così è un po’ la vita.
*Inedito di Zairo Ferrante – © 2020 tutti i diritti riservati –
**Immagine liberamente tratta da: https://medicinaonline.co/2018/03/29/fleboclisi-terapia-endovenosa-significato-procedura-rischi/
Nel 2009, all’interno del 1° manifesto del Dinanimismo, scrivevo: – Sempre più gente si allontana o evita di avvicinarsi a questa forma “Innata d’Arte” (ndr. la Poesia) e sempre più “Dotti” cercano di spacciare la Poesia come un qualcosa di non accessibile a tutti. Signori miei, “mercanti di classismo”, secondo me siete sulla strada sbagliata! La Poesia è Anima, anzi è la voce dell’Anima, è istinto, è voglia di vivere, è uno dei pochi mezzi (insieme alla Musica ed alle Arti visive e figurative) che permette, a mio avviso, di dialogare in silenzio con noi stessi.–
Bene!
Oggi, nella Poesia di Sara Comuzzo troviamo tutto questo. Istinto, rottura degli schemi, forza, rivoluzione e una sana irriverenza. Ingredienti che la rendono una Poetessa della (per la) Gente.
Un vulcano che non può essere assolutamente contenuto in un vecchio salotto impolverato ed inquinato da “finti dotti” che si spacciano per Maestri.
ZF
*Sisifo
Sisifo rallenta un po’
si asciuga il sudore
salita.
[fottuta]
un’eterna
tutto
è
*Pozzanghere
Raccolgo pozzanghere,
le offro al Sahara
giusto per trattenere la pioggia
fuori dalla nostra storia.
In Irlanda, col tempo che fa,
nessuno si accorge quando piangi.
*Rovescio
La quarantena incomincia negli incubi
da cui non riesci a svegliarti.
La prossima volta,
mi mostrerai un centinaio di modi diversi
per dire la stessa cosa.
I miei libri – hai detto –
sono tenuti nel reparto Tristezza.
Al centro della guancia
sta sempre immobile
l’attesa di un rovescio.
BIOGRAFIA
Sara Comuzzo (Udine, 1988) ha pubblicato cinque raccolte di poesie e una di racconti. Sue poesie appaiono su siti, riviste e blog letterari in Italia e all’estero e sono state tradotte in portoghese,
spagnolo, russo e inglese. Ha studiato letteratura moderna e studi di genere alla Sussex University con una tesi sul teatro di Sarah Kane.
Collabora con YAWP nel reparto “Poesia”, come critica e traduttrice. Vive e lavora in Inghilterra.
*Versi Tratti da “Dove i clown vanno quando sono tristi” (Bré Edizioni) e ricevuti direttamente dall’Autrice.