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Sul Confine di ogni terra (Giovanna Mulas)

confine1.jpgOccorre imparare a camminare fino al Confine di ogni Terra, a non temerne la notte. Dopo tutto in bus, Caronte, basta una monetina per ritornare al mondo ‘vero’,  quello da musica finita e montagne intinte nel rosa, frastornati da risate, culi al vento,  eros scapigliati.
Risorgi, Terra! Ora che  i nostri stracci sono i più laceri alzati, ti prego, da questa tua erba bagnata di rosso… .
Caronte guida selvaggiamente, sobbalziamo tremando: non so se arriveremo a destinazione senza vomitare, o cadere. Nel cielo, volo a cerchio, gli avvoltoi: conto quattro o cinque vistose macchie nere.
Ai fianchi del sentiero appaiono, inerpicate furiosamente, le nuove case: assi di legno marcio e plastica, tubi di ferro che fungono da pilastri, cartone. Una accanto all’altra e sopra l’altra, a togliersi il respiro e togliercelo; arrancano tra cima e strapiombi, pronte ad essere spazzate via al primo spread. Strano, capirlo davvero oggi, nel
2013, e qui. Dopo tanto studiare, vivere, leggere, ascoltare, vedere e scrivere. A cosa è servita questa mia cultura? A cosa serve, a cosa porta se non all’impotenza della conoscenza? Una verita’ che ora mi da
fastidio: punge, lotta, spinge per uscire, rivelarsi ad altri. Io che pensavo di conoscerlo il dolore, di conoscere la morte. A tratti mi pare un film ed io una comparsa da Eroe per caso, universo parallelo quasi. E vorrei che lo fosse. Ma non è un film ed io non sono un’eroina, sono soltanto un’europea cresciuta a telefilm yankee e consumismo.
Per noi l’idea di aiutare equivale all’assistenzialismo, al mendicare.
Che posso saperne io di storiche ribellioni di un popolo
all’imperialismo, se non quello che ci è stato dato da mangiare e leggere per una vita? Sono formattata, io.
Siamo formattati e male, amici miei. L’importante e’ esserne consapevoli.
Chi siamo noi liberi pensatori,  per pretendere di unire i confini di un mondo da sempre troppo piccolo?.
Sognatori, pazzi, esploratori d’utopia…e ancora: chi o cosa è, seppure è, uno scrittore?.  Già definirci ‘noi liberi pensatori’ è chiuderci in una categoria, casta protetta da cattedra e recensioni positive o negative poco importa, l’essenziale è essere. Imbottiti dal più classico degli onanismi intellettuali, introiettati. Micromondo fatto
di narrativa da bancomat, la fisica felicita’ di un bicchiere di quello buono, salotto, salamelecchi, interviste, servizio in camera, specchi e maschere, e maschere e maschere e, canne e riesumazione di Marx.

Implosioni mentali su come eliminare la violenza dal mondo con la minore violenza possibile.
Probabilmente occorre non farci distrarre dai voli alti, ma nello stesso tempo aspirare ad essi.
E lo vedo, il mio mondo,  e mi da fastidio. In quel ragazzo sporco, addormentato sul bordo del marciapiedi alle undici di una domenica mattina, faccia al sole e saranno 30 gradi all’ombra, coperta logora tirata al mento, la gente che continua a scorrere e correre attorno, fiume senz’ argini.
Che società è questa, in grado di rendere fantasma un ragazzino, dilaniarlo, spegnerne la voglia di spaccare questo mondo che pare uscito da una pellicola yankee di classe zeta?.
TU SEI se consumi, TU SEI se produci. Se crolli lasci di funzionare
per il sistema.

E noi Liberi Pensatori, noi Scrivani. Da bolla protetta e colorata, enfatizzata, mitizzata senza consenso ne’ merito, serrati a ipotizzare poeticamente come cambiare il mondo con la letteratura, uccidendoci della stessa e dimenticando, volutamente o meno, che il mondo ‘vero’
sta fuori da un albergo a cinque stelle: è giù da una cattedra di cui non conosce l’esistenza. E non ne sente la mancanza.

Forse il mondo vero sta fuori da ogni autore, e per sua natura (…)

*Continua la lettura dal Blog ufficiale di Giovanna Mulas:
http://giovannamulas.baab.it/2013/04/21/chi-siamo-e-perche-siamo-noi-scrittori-qui-ora/

**Ricevuto direttamente da Ufficio Stampa Isola Nera per Giovanna Mulas.

***Foto postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://www.unradiologo.net/la-terra-di-confine

GIROLAMO MELIS: IL MEDICO E LA TECNICA… la cura del “corpanima”

DEDICO AD UNA PERSONA CARA QUESTO MIO PAMPHLET DEL 2007 SULLA TERRIFICANTE “FIGURA” DEL MEDICO CHE NON MEDICA

 

 

…agli ex-medici – di base, di famiglia, generici, generalisti, della mutua, di turno, di catena di montaggio – che non guardano in faccia i malati, che non ricordano i loro nomi, che li spediscono a “fare gli esami”, che possono indifferentemente respingerli a morire a casa o dichiararli “guariti” o indirizzarli in qualche “struttura” d’un loro socio in affari, che li beffeggiano, che tolgono loro la speranza… non ho niente da dire. Parlo a te, Lettore. 

IL MEDICO E LA TECNICA. 
 La “questione della Tecnica”, è opportuno dirlo, non riguarda soltanto la “tecnica” in senso stretto, ma tutto ciò che si costituisce come concettualità, e guida irreversibilmente – con leggi ottuse e ottundenti – la vita dell’uomo sulla Terra, distaccando l’uomo dalla sua medesima natura: la storia, la politica, l’economia, le scienze positive, le scienze “ex-umane”. 
La medicina. 
E la Medicina è il luogo Terrificante di cui da oggi vogliamo parlare. Con l’aiuto di tutti voi. Abbiamo deciso di aprire il discorso del Linguaggio del Medico (discorso morto e seppellito dalla “Cultura” della Medicina e della Cura) perché riguarda l’esistenza stessa, oltreché il senso, della nostra avventura. Perché, se chiamiamo “sfide” le porte che apriamo sulle grandi questioni della tenerezza, degli affetti, della protezione, della scuola, del lavoro, della vicinanza, della povertà, della condivisione, della sessualità e del sesso delle persone con un andicUP, allora non possiamo sottrarci dal chiamare Sfida delle Sfide, Guerra, la Guerra da combattere per la ricostituzione della Persona del Medico davanti alla Persona del Malato e della Famiglia del Malato. 

 Io dico: 
provo dolore. 
La macchina conferma: 
 raggiunto lo stato A. 
 

1. “Vuole tacere per favore? Non sento il battito cardiaco!” 
 2. “Presenti questo al Centro Diagnosi XY. Le diranno quando c’è posto per gli Esami. Scusi, lei si chiama?” 
 3. “No, il Dottore non visita a casa.” 
4. “Cara signora (la signora sta allattando il neonato al suo secondo giorno di vita), guardi, qui risulta un problemino: ci sono molte probabilità che suo figlio abbia la spina bifida, Ma ancora non siamo sicuri al 100%”. 
5. “Voi siete i genitori di X, vero? Piacere, io sono il Primario. Sentite, io preferisco essere franco: questo figlio è venuto male, meglio se ne fate un altro…” (Questa frase, déttale alla presenza di testimoni, mi è stata detta dalla Madre (P.P.) di quel Bambino. Così come tutte le frasi qui riportate alla lettera da pazienti che io conosco. G.M.
6. “Leggo che lei è un mio paziente da, vediamo un po’…,, sei anni. Mi vuole dare il suo nominativo corretto?” 
7. “E’ inutile che lei continui a tornare. Gliel’ho detto: faccia tutti gli esami che sono scritti qui, faccia la risonanza, poi, cosa avevo scritto? Ah, faccia l’esame neurologico, e poi ci rivedremo.” 
 8. “Ho un quarto d’ora tutto per lei. Mi dica tutto.” 
9. “Guardi che dalla palpazione non risulta quello che lei mi sta dicendo…” 
10. “Signora… lei ha passato gli Ottanta. Ha seppellito (in senso buono, eh!) anche il medico che c’era prima di me. Su di lei non c’è nessuna anamnesi…che vuole che le dica? Prenda la vita come viene, no?” 
La macchina ha raggiunto lo Stato A. 
Il corpo prova dolore. 
Il bambino era febbricitante da alcuni giorni. Il suo corpo sentiva (e presentava) lo stress di una condizione influenzale. Era debilitato. L’operatore sanitario aveva in mano la quinta o diciassettesima o trentesima siringa per somministrare il vaccino. La madre teneva il bambino con fiducia e tenerezza. Era un incontro funzionale. Nessuno guardava in faccia nessuno. 
 Nemmeno l’operatore sanitario guardava in faccia il medico che avrebbe dovuto essere in lui. 
Già fatto?! Ora il bambino è gravemente e irreversibilmente paralizzato motorio e psichico. Ma un tribunale ha, dopo alcuni anni, fatto “giustizia”, risarcendo il danno subìto “dalla famiglia” con quella che gli schifosi giornalisti hanno definito una maxi-cifra. Immaginiamo che la questione sia stata posta tra l’operatore sanitario che diceva “non mi avevano mica avvertito”, e la famiglia che controargomentava “avrebbe dovuto informarci”. Comprensibilmente non è stata dichiarata né l’insipiente colpa del “medico” (che era assente da se stesso), né la correità della famiglia per essersi fidata di quell’operatore sanitario. La punizione – in forma di multa amministrativa – è stata comminata a quell’astrazione democratica e progressista della Cura, chiamata Usl, o ASL. 
*** 
La macchina raggiunge lo Stato A
poiché così è stata programmata. Il programma contiene l’intera filière che va dalla registrazione dei sintomi (i quali sono a loro volta “programmi”) alla fornitura della risposta programmata (la diagnosi pre-scritta) la quale pre-scrive l’intervento risolutore sulla carne.
La macchina spara. 
E’ sempre la stessa macchina che il prete don Lorenzo Milani scuoiava a metà degli anni ‘950, nello specifico della Scuola, così poco specifico rispetto alla Cura Medica. 
Diceva Milani: 
“La Maestra, difronte alla pagella, è come il cacciatore che vede muoversi qualcosa dietro il cespuglio, e spara. Può essere un coniglio o può essere un bambino”. 
La macchina raggiunge lo Stato A. 
Il programma dell’anno scolastico è stato completato. La scuola perde un bambino. Nessuno ascolta il dolore. 
*** 
Il medico non sente, non vede, non parla. 
1. 
 Egli non si chiama più Dottore, né Signor Dottore. Perché “dottore” è chiunque. 
2. 
Egli si chiama Medico ma impropriamente, perché non medica. Medicano i “paramedici”. 
3. 
 Egli è un “operatore sanitario”, così come un “operatore ecologico”, un “operatore turistico”, un “operatore della Moda”. Ma il malato entra nello studio dell’ex-SignorDottore con un viso diverso da quello di chi entra in qualsiasi altro luogo, stanza, ufficio, aspettativa. Il malato investe nell’incontro con il Sacro: cioè con la Sapienza benefica, generosa, caritatevole, taumaturgica. Ciò significa semplicemente che il malato – sia l’uomo più potente o il bambino più tremante – ha dentro di sé il senso del Sacro, lo anela, lo proietta sul medico, investendolo di paramenti adeguati alla più tremenda delle liturgie: quella della conservazione o del ripristino della Salute, della sconfitta della Morte. Dunque il Malato porta il Sacro nella Stanza del Medico. E vi trova un operatore distratto e indifferente. Non la Medicina ha sputato sul Sacro. Chi sputa sul Sacro è la Persona del Medico. 
*** 
Dicono che il Medico è “ormai diventato un Manager”! Bugia spudorata. Magari fosse. Il Manager, dal più geniale al più severo al più ottuso al più truffaldino, deve rendere conto di una Responsabilità oggettiva: le regole rispondono generalmente ad un desiderio modesto, economico, imprenditoriale, gestionale, che si misura con e nei risultati ottenuti. 
La Responsabilità è far funzionare le cose. Magari fosse diventato “un Manager”, il Medico. Magari egli dovesse rispondere del “funzionamento delle cose”! Perché nella Cura il “funzionamento delle Cose” altro non sarebbe (altro non è) che il Prendersi Cura del Malato. 
L’operatore non sa (e non vuole più sapere) che cosa sia il Prendersi cura della Persona malata che gli sta lì davanti. Perché egli è evoluto, è progredito, è un Medico Moderno. Per difendersi dal Malato, egli ha al proprio servizio il formidabile, fantasmagorico apparato diagnostico-farmaceutico-chirurgico fornitogli dal Progresso Tecnico. Egli non ha più la scomoda responsabilità di usare i suoi sensi: non è obbligato a sapere, a sentire, a udire, a carezzare, a tastare, a parlare, a far coraggio, a sussurrare, ad accompagnare, a far visita, a giocare, ad ascoltare il detto e il non detto dal malato. Egli è uno smistatore, un camallo, un procacciatore di corpi per l’organizzazione medico-chirurgica della Società.  
(Ognuno di noi conosce, è conosciuto, stima ed è ricambiato d’attenzioni da parte di un semplice “grande medico”. E i piccoli semplici “grandi medici” sanno ciò che stiamo dicendo, ne soffrono e s’addolorano ben più di quanto cerchiamo di mostrare noi, qui.) 
 *** 
 La Morte del Signor Dottore. Sostituito dallo Specialista e dal cosiddetto Medico Generico. Il Signor Dottore era reso Speciale dal suo stesso non essere confondibile né sostituibile da Nessun’Altra Autorità, da nessun’Altra Autorevolezza. La sua Dottrina-Docenza consisteva nell’appellativo onorifico di “Signor”Dottore. Egli era colui che un Rango non commensurabile designava ad ascoltare-vedere-giudicare-curare (prendersi-cura di).  
Ma la centralità del suo Rango (cioè la centralità del prendersi-cura) risiedeva nella Parola. La Parola del SignorDottore, prima di produrre un Significato, era il Significante. 
Da decenni si è sentito deridere quella sorta di birignao teatrale che era (che sembrava) il dire del SignorDottore. Quel segno, che noi riferiamo né più né meno alla retorica antica, costituiva, né più né meno, il linguaggio della con-fidenza. Il malato contava su quel Linguaggio, che lo conteneva mantenendolo nel suo statuto famigliare. Il malato guariva, non guariva o moriva nella Casa. L’Ospedale era il terminale della Casa: un soggiorno dal quale si tornava “a Casa”, vivi o morti, ma senza mai essere “lontani” da Casa. Grazie al “medico di Casa, o di Famiglia”. Bepi o la sciura Rosa, il sor Giuseppe o il signor Ingegnere, Titina o Fabbro Cesare, quasi nessuno considerava il “medico di famiglia” un pozzo di scienza. Ma pochissimi erano coloro che si sentivano al sicuro nelle mani dello Specialista. Nessuno poteva esser “matematicamente” certo delle diagnosi tecniche del SignorDottore, ma nessuno l’avrebbe mai definito “medico generico”. Eppure il mascalzoncello si identifica volentieri nella definizione di medico generico, anche se forse preferisce “generalista”. La generalità (non genericità) del SignorDottore era infatti concretamente costituita dall’Ascolto e dalla Parola. Dallo scambio affettuoso e naturale, non dissimile da quanto avviene in natura tra il sole e le piante, uno scambio di vita e di senso. 
 *** 
Finché il SignorDottore ha ricevuto il colpo finale: dallo psicoanalista. Otturato nell’ascolto, tacitato nella parola. La scuola italiana e il suo referente culturale (il primato della Tecnica) hanno tolto l’ascolto e la parola al medico, l’hanno discreditato a favore del nuovo Specialista Totalitario, lo Psicologo, lo Psicoanalista. Solo che, mentre il SignorDottore stava difronte ad una Persona, della quale sapeva anche carezzare il Corpo e con la quale incrociava lo sguardo e l’angoscia, lo Psicologo (nella nominazione di psicoanalista o psicoterapeuta o qual’altro) si presenta al Malato con una Tecnica dell’Analisi e, fondamentalmente, con uno scambio di tipo capitalistico: Parole contro Denaro, e con un Demiurgo mostruoso: la Durata della Seduta. La messa a profitto delle Parole (della Parola) specialistiche, accreditata come Gestione del Linguaggio, scredita e azzera la parola del medico generico. Ora il Malato è veramente solo, nelle mani di nessuno. 
 *** 
Fine dello scambio tra la malattia e il prendersi cura. Il Prete dava il cambio al Medico. Ora anche il Prete si inscrive nella fine dello scambio tra il Dolore e il Prendersi Cura. In un luogo Altro dalla Casa. 
Leggiamo insieme Jean Baudrillard: “Per un mucchio di buone ragioni materiali (mediche, urbane, ecc), ma soprattutto: in quanto corpo biologico, il moribondo o il malato non ha più posto che in un ambiente tecnico. Con il pretesto di curarlo, è quindi deportato in uno spazio-tempo funzionale che s’incarica di neutralizzare la malattia e la morte nelle loro differenze simboliche. Proprio là dove la finalità è l’eliminazione della morte, l’ospedale – e la medicina in generale – prende a carico il malato come virtualmente morto. Scientificità ed efficacia terapeutica presuppongono l’oggettivazione radicale del corpo, la discriminazione del malato, quindi un processo di mortificazione”. 

*** Forse non potrà più nascere un Medico, se prima non sarà stato un Malato. 

 Girolamo Melis
( Già “Amico” del dinanimismo )

*****POSTATO DALLA REDAZIONE E TRATTO LIBERAMENTE DA: http://girolamo.melis.it/2013/04/dedico-ad-una-persona-cara-questo-mio.html

CANTO DISSIDENTE INDIPENDENTE ( Manifesto “poetico” futurista-controfuturista)

 

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CANTO DISSIDENTE INDIPENDENTE

( Manifesto “poetico” futurista-controfuturista)

di

 Ferrante Zairo

( 2013 )

 

Io canto il genio, l’ingegno e la follia

rinneganti il passo lento dell’ipocrisia,

canto futurista perfino contro-futurista,

cornice, stemma, emblema del 2013.

Indipendentemente, io canto il futuro

figlio del passato; perché io canto?

Canto l’Amore figlia illegittima

della libertà. E lotto, memore del

dolore che opprime e dissangua popoli,

famiglie e figli di figlie di nonne e di mamme.

E derido il serioso, gioco sporco della politica.

E ripudio le leggi del e per il mercato, globalizzato,

venduto, macchiato, vampiro insanguinato.

E canto come un dissidente indipendente,

persino irriverente, il futuro futuribile

che, terribile, s’abbatterà sulle teste già

agoniche ansimanti, degli stolti, falsi,

indegni rappresentanti, fabbricatori d’inutili

ricette schiavizzanti in nome della libera

( malsana ) economia. E canterò quel canto,

che inesorabile s’avanzerà fermo, a disseminare

il virus dell’Anima che i cuori infiammerà,

nell’unico e possente sogno di un ritorno

alla giusta e sobria umana-umanità.

E canto forte, soprattutto, la Speranza.

Fiamma, miccia e bomba della vita.

E la canto forte, specie quando meschini

la calpestano, l’ammazzano e la straziano.

Io la urlo la speranza nel futuro, e l’acciuffo

per i capelli a strapparla dalla tomba, scavata

ad occhio e croce stretta, per chi non può morire.

Che questo canto dissidente, indipendente e irriverente

possa mettere radici e poi piantarsi nel cuore della Gente

e nella mente dei “potenti”… perché già rido quando,

solo in preda alla pazzia, nel futuro io li vedo – persi,

increduli e sconfitti – sbranarsi gli “ uni contro gli altri”

a dividersi un’impagliata sedia vecchia ed uno scettro

sghembo e spennacchiato, simboli di casta deceduta

caduta per  un solo e forte, veloce e luccicante canto

che – nel respiro, e con rabbia esplosa a denti stretti –

i Figli e l’Uomo nel frattempo avranno intitolato:

canto rinato, in nome e per mano, della sola Verità.

ZF

 

“Come un cane”… inedito di Zairo Ferrante

 

zairo ferrante,come un cane,versi,dinanimismo,ineditoCOME UN CANE

di

Zairo Ferrante

 

Come un cane l’annuso

la pioggia che casca

dalle nuvole sulle cose

vecchie, stipate in giardino,

 

spazio curato

 

come un cuore che pulsa

su cui scendono lacrime che

lavano ricordi e pensieri,

vanghe e rastrelli.

Come un cane l’annuso

e le lecco le lacrime,

la pioggia che scivola

e gocciola senza rumore.

E le asciugo,

in silenzio,

in disparte,

felice.

*Versi ricevuti direttamente dall’Autore http://zairoferrante.xoom.it/.

 

**Foto quadro di Jacopo Bassano “Due cani da caccia” postata dalla redazione e liberamente tratta da: http://www.copia-di-arte.com/a/bassano-jacopo/ddue-cani-da-caccia.html

 

L’INVITO AL VOLO di Carlos Sanchez…

Invito al volo

di Carlos Sanchez

 

b7be063f5d_2046741_med.jpgT’invito a volare
come in un quadro di Chagall
dammi la mano
ed diamo inizio il viaggio.
 Lasciamo dietro
la certezza dei piedi
la prigione della casa
la trappola del tempo
la sicurezza che non abbiamo.
 Sono stanco di immaginare
di mettere la speranza
nel vuoto degli uomini.
 Godiamo del vento
che ci pulisce il viso
dell’inutilità delle scarpe
abbandoniamo la nostra invidia
degli uccelli
godiamo della fragilità
delle nuvole
della monotona legge
di gravità
mettiamo ali ai limiti
 valutiamo l’immaginazione
accettiamo l’istinto.
 Sarà una prova generale
di ritornare all’origine.
 Voliamo voliamo
in questo spazio enorme
in questo spazio vuoto.

 

Invitación al vuelo
 
Te invito a volar
 como en un cuadro de Chagall
 dame la mano
 y demos inicio al viaje.
 Dejemos atrás
 la certeza de los pies
 la cárcel de la casa
 la trampa del tiempo
 la seguridad que no tenemos.
 Estoy cansado de imaginar
 de poner la esperanza
 en el vacío de los hombres.
 Gocemos del viento
 que nos limpia la cara
 de la inutilidad de los zapatos
 abandonemos nuestra envidia
 de los pájaros
 gocemos de la fragilidad
 de la nubes
 de la monótona
ley de gravedad
 pongamos alas a los limites
 valoricemos la imaginación
 aceptemos el instinto.
 Será una prueba general
 de regresar al origen.
 Volemos volemos
 en este espacio enorme
 en este espacio vacío.

*VERSI RICEVUTI DIRETTAMENTE DALL’AUTORE TRAMITE SOCIAL NETWORK

**foto postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://foto.libero.it/gatto1001/uccelli/colibri-

“L’ABBRACCIO” quadro e versi di Liliana Ummarino…

 

L’ABBRACCIO

 

collaboratori,liliana ummarino,abbraccio,quadro,versiSULLA SOMMITA’ DEL MONTE PIANTERO’ LA BANDIERA DELL’EGO,

LONTANA DALLA VALLE BUIA DOVE HO LASCIATO LE VESTI.

 

MI OFFRIRO’ FELICE ALLA DOLCE CAREZZA DEL VENTO,

AL TEPORE DEL SOLE…..

FINALMENTE LIBERA!

 

LA ECO DEL MIO GRIDO  ESPLODERA’

FRA LE GOLE RIMANDANDOMI IL SUONO.

 

LE BRACCIA  A CIRCONDAR LE GINOCCHIA,

MI CULLERO’ FELICE

AL DOLCE SOSPIRO DEL SILENZIO……

 

Liliana Ummarino

Liliana Ummarino. Artista di Arte contemporanea, opera e lavora a Roma, vicepresidente di Art-Arvalia ass. artistica del xv Municipio di Roma. Insegnante di pittura figurativa, astratta, informale, polimaterica.

 

**Foto quadro e Versi ricevuti direttamente dall’Autrice.

“Ovunque tu sei ” estratto da “Tr@ Schermo e Anim@” di Daniela Schiarini

 

” Ovunque tu sei “

di

Daniela Schiarini

 

schermoanimarifatto copia.jpgAdoro guardarti

 

Perdermi

nei tratti disinvolti

delle tue verità

 

Ma ti guardo

da lontano

come verso l’ Infinito

 

Che si tocca

con la mano

e si disperde …

 

Sfioro i tuoi momenti

 

Tenera carezza

ogni tua parola

                  che scompone

i miei discorsi

trasformandoli in pensieri

 

… in pensieri solitari

dentro i quali

tu compari

 

ove mesci

il mio domani

in un dispari di mani.


*Versi ricevuti direttamente dall’Autrice e Collaboratrice del Dinanimismo.

**Per acquistare l’e-book ” Tra schermo e Anima” ( Rei edizioni ) accedere a: http://www.edizionirei.com/products/tra-schermo-e-anima/

 

 

“L’albero” di Carlos Sanchez…

quadri-famosi-van-gogh-campo-alberi.jpgPosso offrirti solo dubbi
pietre erose
per un vento marino.
Chiaro sta
nessuna certezza
nessun spazio aperto.
Troverai precaria l’offerta
quasi vuoto il baule
il filo di una collana senza perle.
Non sono un marinaio addormentato
un aviatore senza aria
un fuoco senza fiamma.
Intanto che viveva
mi crebbero i rami
affondarono le radici
S’irrobustì il mio tronco.
Emigrarono gli uccelli.
E gli autunni

promisero cambiamenti
primavere radianti.
Per questo ora
solo posso offriti i miei dubbi
gli esigui frutti
di questo albero stravagante.

Poesia inedita, 2013

El albero

Sólo puedo ofrecerte dudas
piedras erosionadas
por un viento marino.
Claro está
ninguna certeza
ningún espacio abierto.
Encontrarás precaria la oferta
casi vacío el baúl
el hilo de un collar sin perlas.
No soy un marinero adormecido
un aviador sin aire

un fuego sin llama.
Mientras vivía
me crecieron las ramas
se hundieron las raíces
se robusteció mi tronco.
Emigraron los pájaros.
Y los otoños
prometieron cambios
primaveras radiantes.
Por eso ahora
sólo puedo ofrecerte mis dudas
los exiguos frutos
de este árbol extravagante.

*Versi ricevuti direttamente dal poeta Argentino Carlos Sanchez tramite Social Network.

**Foto quadro Van gogh postato dalla redazione e liberamente tratto da: http://www.quadri-famosi.com/quadri-famosi/quadri-famosi-van-gogh.html

Laura Klem Mucelli ” Tu Padre”…

862505_623919880956541_1417905719_n.jpgTu Padre
che fosti la linfa e il frutto
il giardino e il riparo
sciolto oggi
come un sogno
che stringe lo spirito
e comprime l’anima
quando si azzardano
a visitarti
tanto la tua presenza
resta un’eterna assenza
e tuttavia io il fiore
tesso ancora le tue radici
nella dolcezza del mio cielo
che faccio Giorno colla tua forza
intenzionalmente
fino all’ultimo sospiro.

Laura Mucelli Klemm, Provvidenza al papà O.M.,al suo papà Tuska honey,ai vostri papà,al Padre dell’umanità
Acquarello di Seth Tuska con il suo consenso e la sua splendida amicizia
Tutti i diritti riservati

Toi mon Père
qui fut la sève et le fruit
le jardin et l’abri
dissout aujourd’hui
comme un songe
qui étrangle la pensée
et compresse l’âme
quand elles se hasardent
à te visiter
tant ta présence
reste une éternelle absence
et pourtant moi la fleur
je tisse encore tes racines
dans la douceur de mon ciel
que je fais Jour de ta force
intentionnellement
jusqu’au dernier soupir.

Laura Mucelli Klemm, Provvidenza à mon papa O.M., à son papa Tuska honey,à vos papas,au Père de l’humanité 12-03-2013
Acquarelle de Tuska Seth avec son autorisation et sa merveilleuse amitié
Tous droits réservés

You Father
that you were the sap and the fruit
the garden and the shelter
dissolved today
like a dream
shaking the spirit
and compresses the soul
when you dare
to visit you
so your presence
remains an eternal absence
and yet I am the flower
still weave your roots
in the sweetness of my sky
I do day by thy strength
purposely
until the last breath.

Laura Mucelli Klemm, Provvidenza to his Dad, O.M. to his Dad Tuska honey, to your Fathers, to the Father of mankind
Aquarelle Seth Tuska with his consent and his beautiful friendship
Traduce by Emanuela De Marchi for his dad also, my sister
All rights reserved –

*Versi, foto acquerello di Seth Tuska e traduzione ricevuti direttamente dall’Autrice L. Mucelli Klemm tramite social-network.

Girolamo Melis – “RICORDI QUANDO NON C’ERANO LE PAROLE?”

 


Primo fu Uh… 
Uh uh uH UHUHUHUH 
Forse Dio si chiamava Uh 
Ma nessuno diceva Dio 
Perché non c’erano le parole 
E intorno e tutt’intorno 
Tutto l’intorno 
Non si chiamava Mondo 
Erano cose 
Che non si chiamavano Cose 
Erano stupori 
Erano terrori 
Erano rossori 
Erano meraviglie 
In forma di Uh 
E forse tutto era Uh 
Ma niente come Dio Era UH 
 …………. 
E mentre Dio 
E mentre Dio 
Era senza Parole 
Aaahhhhh! 
Aaahhhhhmmmmm… AAAAAAAHHHHHHHMMMMMMM!!!!!!! 
Aaa… mmm…aaa… 
Il nome 
Forse fu il primo Nome 
Certo il primo Nome 
Altroché Nome 
Oh quanto Dio e quanto Cosa e quanto Tutto …ahm… ahm… fu il Nome 
della poppata detta Mamma 
perché ciò era 
e aveva forma di sostanza 
e aveva calore 
e aveva freschezza 
e aveva energia 
e aveva carezza 
e aveva braccia 
e aveva lacrime 
e aveva pazienza 
e aveva assenza 
e aveva attesa 
e aveva ritorno 
ed era AAAMMM… Mamma 
e fu Dio in forma di mamma 
e fu Mater e materia 
e fu ammmmmmmmmm 
e fu mangiare 
e fu ammmm 
e fu ammmmm….OOORE
e mentre Dio era senza Parole 
e mentre Dio era senza Nomi 
perché non c’erano Parole 
 agli stupori 
ai terrori 
agli stupori 
e le meraviglie 
avevano forma di Uh 
e tutto era Uh 
e sempre 
il solo Nome di Dio
era UH ………………. 
Eppure il primo 
Eppure il primo povero Uomo 
Ricco di Nomi Giovanni Paolo Matteo Giacobbe 
Aronne che gli vennero da dire 
Il primo che volle dire 
E che volle sorridere 
E sorridendo aprirla 
Quella Femmina 
E femelle 
E matri 
E mater 
Quel primo povero Uomo 
Non osò chiamarla Dio 
Lei che era Dio Madre 
Né lei ebbe voce 
Lei che non le fu data voce 
Lei che genera 
Come sa il Mondo
Come sanno i Pesci 
Come sanno le Pietre 
Come sanno i Fiori 
E più e prima
E nel suo assoluto sa il Dio nascosto 
Che ha dato Nome 
Al secondario Pa E gli ha lasciato 
Chiamarsi PA e POT e PAT 
E Patre e Potir e Potere 
E PAATR…TR-TR-AAA-TRR-ATT-A-TA-RA-TTA-TTA… 

E poi fu Frrr… 
Frrrrrrrr… e ffffffrrr… FFFFFFFFFFFRRRRRRRRRRR… 
E Frrrrrrr 
E fr… 
Così 
Così frrrrrr… 
Doveva essere il vento 
Dalle ali 
Dalle ali velose e poi carnose 
D’inaffffffffferrrrrabili fffffarrrrrrfffffalle… e fffffoglie… Così 
Così…fffrrr…fffrrr…ffrfrfrfrfrfrfrfr…!!!!!! 
 Doveva dire l’amante senza Parole 
Al cielo alla fffemmmmmina 
All’improvvisa ombra 
E frullare spazi d’amore 
E sgranare occhi assolati 
E avvicinare i denti alla lingua 
E non toccare 
Niente 
Né per dire 
Né fare…….. 
Fffrrrrrrr 
Così doveva essere l’ammmmmmmmore… 
E ora. 
Va’ un po’ a fare fffrrrrrrr al tuo ragazzo 
E scappa come un pazzo 
Perché non corrisponde Parola 
A quell’infinito fffffrrrrrr… 
Senza Parola Amore 
Ffffrrrrr così uhhhhhhhh e così ammmmmmore! 

E le mani ti diventano fffrrrrrr 
E tutto il corpo assomiglia a quel ffrrrrrr 
E gli occhi ora chiusi 
Ora socchiusi 
Ora dischiusi 
E i cigli bisbigli 
E i sospiri mai sbadigli 
Nel ffffrrrrrr 
Che tu sai dargli e donargli 
E soffiargli sul viso 
E che lui manco prova ad ascoltare 
A sentire 
A incontrare 
Allontanare per 
Tornare 
A riconoscere 
Quel fffrrrrr 
E dargli Nome Ammmmmmmm 
Amore… 

 FINE DELLA TRASMISSIONE DALLA NOSTRA POSTAZIONE NELLA CREAZIONE.

**Parole Tratte dal sito di Girolamo Melis Amico del dinanimismo:  http://girolamo.melis.it/2013/03/girolamo-melis-ricordi-quando-non.html

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