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Gen 8, 2017 - Senza categoria    No Comments

BREVE RIFLESSIONE SULLA «CONTACT IMPROVISATION» ovvero Danza di contatto di Giancarlo Fattori

  • dancersÈ così che esploro lo spazio. Quello in me, sconfinato. Quello fuori di me, innocente. L’emozione scaturisce da un’immagine, viva, in dialogo, in divenire. Non ci sono più io, e non ci sei tu, ma una memoria condivisa, una sensazione che lascia un’ombra impressa sulla pelle. Una fotografia. Sono felice solo, o insieme a te, perché è l’universo che mi riempie. Sono fragile nella mia forza, forte nella mia fragilità. Leggo la pelle, leggo il respiro, se leggo il cuore batto con esso, se leggo la sensualità mi ci abbandono, se leggo l’infinito mi disgrego, ché non ci sono solo io, ci sei tu, ci siamo noi, e c’è il nulla. Rimane il tocco, magico. Si aggiunge il volo, catartico. Si svela il dialogo, silenzioso. C’è l’oltremare, nient’altro, forse. Chiudo gli occhi, a volte piango, e se li apro accenno a un sorriso. Trascendo la forma, che non m’importa. Non ho più schemi, e sono libero. Sono l’amante che seduce, un bambino che scopre il mondo, un atomo lanciato verso il sole, un guerriero sempre in lotta, uno sciamano che parla con gli spiriti, madre terra sono, e padre cielo. E allora danzo, e mi perdo nella danza, se non danzo sono perduto comunque, e dunque mi muovo con la musica della vita, così come sono, nudo, vulnerabile, e quello che sono perde di senso, quel che di me ho costruito crolla. E con il corpo scrivo una poesia, sghemba, impacciata, timorosa, imbarazzata, eterea, di carne e sangue: scrivo di radici, di magma, di terra, di squarci di crepuscolo e di notte fonda, di ali nude e disarmate, di me stesso in disarmo insieme a te. Una poesia che qui nasce, e subito muore. Domani sarà un’altra, con altre forme. Ti offro questa poesia mutante come pane: se ti va, unisciti alle parole, condividi il gesto, fondi l’emozione, rompi il tuo involucro.

    *Scritto ricevuto direttamente da Giancarlo Fattori, dicembre 2016

    **Immagine: quadro “i ballerini” di Botero postata dalla redazione e liberamente tratta da: http://volevoesseregiulietta.blogspot.it/2013/02/danza-e-pittura-botero.html

Eppure, mentre la tua ombra sorge… di Giancarlo Fattori

spice-paintings-550x439Eppure, mentre la tua ombra sorge,

 

io mi scocco dal tuo arco, e trafiggo

 

la terra, nel silenzio di rami intrecciati.

 

Il magma ti scorre sottopelle, fluisce

 

tracciando nel mio tempo petali di cenere.

 

Struggimento. Finestre a forma di volto.

 

Riflessi, sulla superficie calma delle cose.

 

Tu sei un’immagine austera, oltre quella porta,

 

un paesaggio di acque e pietra in cui rimango

 

a scrutare le scogliere, gli orizzonti,

 

sospirando con la pelle percossa da un brivido.

 

Un suono sei tu, la sorgente dipinta sui vetri.

 

**Versi ricevuti direttamente da Giancarlo Fattori: https://www.facebook.com/Giardini-Profumati-percorsi-rock-tra-luci-e-penombre-543502942466928/

**Quadro: “Spicy night by Kelly McCollam” ottenuto con le spezie, postato dalla redazione e liberamente tratto da: http://vitadaspezie.blogspot.it/2015/03/dipinti-fatti-di-spezie.html

Tu sei come lo sciabordio delle onde:… di Giancarlo Fattori.

12111959_704105069723620_8128466426676308927_nVoce poetica, sensibile, attiva e soprattutto umile. Non ama vendersi o, peggio ancora, svendersi. Questo è Giancarlo Fattori. Un Poeta rimasto sempre fedele a sé stesso. Un Uomo che ha ricevuto il dono del sapersi ascoltare e del sapersi spiegare.

Leggete i suoi versi e sarà un po’ come guardarsi allo specchio.

ZF

  • Tu sei come lo sciabordio delle onde:

ti propaghi su terrazze sonore,

su visioni d’un immoto imbrunire.

Smesse le stagioni, subentrano gli anni.

Un bordone tu sei,

e velluto è il cielo,

cristallo è la luce,

refoli di vento è il tempo,

roccia è il buio.

Sopra te lo scorrere dei giorni si solidifica.

Sotto è sabbia nera, un’era fa fu vulcano,

di scorze di fuoco che ancora scorrono, imprigionate.

Di fronte il sonno: che tuttavia fa d’ogni sogno una magia,

 ruscello che si fa avviluppare da antichi tappeti di ghiaccio.

Mare, ma dalla forma di pietra alla deriva,

la cui armonia è immutabile nello spazio.

C’è ancora tempo, per destarsi.

Non ce n’è abbastanza, per completare la musica.

Essa, come te, freme, inesausta.

 

*Versi ricevuti direttamente (giancarlo fattori, 2015)

Giancarlo Fattori uno nuova poesia per il dinanimismo – parte II –

maedchen-bei-kerzenlicht-einen-brief-lesendLe parole che feriscono restano imprigionate,

mentre tu fosti prima pioggia, poi fango e fardello.

E io? Solo un’ombra come tante tremolante sui muri

dalle pallide candele di questa gelida stanza-cattedrale,

e tu, tu trascendi la luce, ché i tuoi silenzi sono vetrate trasfigurate dal sole.

 

Come nel lutto, si è soli di fronte all’amore, o alla mancanza d’amore.

 

La cera cola lentamente, è lacrima che spande fragranza di solitudine:

m’è vicina la terra, la cenere, la polvere, l’affresco scrostato, l’algido marmo,

il letto mortale, la foto sgualcita e sfocata di noi, scarmigliati, con un sorriso vago,

 

forse un tempo fummo anche felici, poi in me fu notte, incolore.

Riesco ancora a vederti, tra le penombre:

sembri un dipinto barocco, le labbra socchiuse, lo sguardo lontano.

 

*Versi ricevuti direttamente dall’autore tramite e-mail (giancarlo fattori 2015)

*Quadro di Jean Baptiste Santerre (1658 – 1717) “Giovane donna che legge una lettera alla luce della candela” postato dalla redazione del blog e liberamente tratto da: http://www.copia-di-arte.com/a/santerre-jean-baptiste/maedchen-bei-kerzenlicht.html

Giancarlo Fattori una nuova poesia per DINANIMISMO… parte 1 di 2.

art_5111_LNella sabbia, nel lucore del mattino,

la solitudine ara i propri contrasti.

Da me osservo le grinze di fine estate,

dolce-amaro senso di tristezza che è vento,

come quando l’aria di mare è satura:

si rilasciano relitti, si depositano sogni.

M’assale il ricordo, e mi consuma:

ogni seme dell’anima-corpo è fecondo

come ogni irruenza d’amore all’alba.

Assordante profumo di te nel silenzio.

Abbracci da cui non posso fuggire.

 *Versi ricevuti direttamente da Giancarlo Fattori 2015.

**Quadro: “Il Silenzio” del pittore-letterato J. H. Fussli, postato della redazione del blog e liberamente tratto da: http://www.artelabonline.com/articoli/view_article.php?id=5111

 

 

 

 

AYAHUASCA (canto sciamanico in quattro atti) di Giancarlo Fattori

Versi ricevuti da Giancarlo Fattori

382106001_f7aef1ff29_mAYAHUASCA
(canto sciamanico in quattro atti)

1. Abbandonarsi ai profili argentati di queste mura
uno dopo l’altro scrivere del mare, dell’amore, del cosmo,
di me, di te, del sesso che prorompe come magma,
lava di vulcano sulla pelle, tra le dita, tra i capelli,
premonizione, visione, cose che rimangono sole, sepolte.
Tu, come rilievo della crosta-verità d’ogni giorno,
tu, come crepuscolo che cancella ogni luce,
tu città morente che rimane sospesa, affranta,
di alghe, di chiglie, di scaglie, di marmi assonnati.
Niente più che fumo disperso nel silenzio,
piccoli acquarelli, brevi erranti spiriti sfocati,
fogli stracciati trasportati dal sonno, dall’estasi.
Nessun luogo, per me, ma carbone che arde,
fiamma che si eleva come turgido membro al cielo,
suono notturno di una ferita che squarcia il buio,
come freccia, alabarda infuocata, uno stonato canto.

2. Perso, distratto, disciolto nel vento, nel rombo della tempesta,
nell’erba che t’accarezzo come fosse una chioma distesa nel tempo,
e non v’è ignoto che sulle tue labbra, incartapecorite nella visione,
che si frange su questo io che si dilata oltre misura,
fino a sfidare l’universo intero e la sua fame, la sua gloria.
Arcano mistero di pietra, dei colori che hanno un suono,
dei suoni che hanno colore, del cielo come coccio sbreccato.
Le tue labbra. Le mie labbra. Le mani. I capelli. Gli occhi.
Le ombre. Il vuoto profondo. La musica distorta. Il sesso.
Gli odori. La pelle. Le carni. Il seme. Il profumo di legno bruciato.
Non c’è silenzio. Non c’è pallore. Non c’è cuore che arde.
C’è la roccia, la porta che si apre, lo spirito che trascina lontano,
ci sei tu che diventi me che divento Dio che diventa morte
che diventa teschio che diventa polvere che diventa eternità.

3. Lasciami solo,
lascia che io scivoli
lungo i margini del mondo,
lascia che anneghi il dolore,
lascia che io lenisca
questa ferita spezzata,
lascia che io taccia
d’un tacere che sia addio,
che muoia di nuovo
di questa solitudine antica,
di pietra focaia,
di stella primitiva,
di mondo prima del mondo,
lascia che io sia tempesta
che mai non smette di far male,
che sia il serpente,
che sia la liana,
che sia radice,
che sia foglia,
che sia bevanda,
che sia estatico stordito sonno,
lascia che io sia
il sospiro sullo scoglio,
l’ardore di quell’onda
mentre sorge il nero divino,
sfumando il mio deserto,
le mie pliche di sabbia in mare aperto.

4. un bacio ti dipingo sulle labbra, 
e il sapore è di pioggia 
su un campo di grano; 
il fulgore della notte trafitta 
dai lampi come quello delle 
mie dita tra i capelli. 
Non è solo sogno e danza, 
ma raggio di luce, 
porta aperta al mistero, 
percorrere straniero sentieri solitari.
L’acqua diviene cenere
su un tappeto di baci assetati.
Pioggia sulle mie pietre.
E questo, che sembra nulla,
risuona come tutto.

(Giancarlo Fattori 1981, revisione 2015)

**Foto di uno sciamano Lakota postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://masadaweb.org/2009/06/02/masada-n%C2%B0-933-2-6-2009-stati-modificati-di-coscienza-sciamanesimo-parte-seconda/

IL GIARDINO DELLE OCEANICHE PROFONDITA’ di Giancarlo Fattori

IL GIARDINO DELLE OCEANICHE PROFONDITA’

di

Giancarlo Fattori

 

oceanworld1Non tacerò del dono furtivo della notte,

del consumarmi, varcando la tua soglia:

e come un fiume solcato dalle chiatte

ti attraverso, e le membra mi scarmiglia;

le tue dimore, e il cielo tuo infinito,

ed il piacere, disciolto tra le ciglia,

impallidiscono quel mare inaudito

che nelle viscere del dio pace non trova,

e a lungo tace quel sogno rifiorito.

 

Così solcando quella traccia nuova,

che sia abbandono, offerta o sacrificio,

sento fragranze, dei palpiti un’alcova,

o un tormento che a stento mi ricucio;

e sul declivio che porta all’universo

ti lego attorno a guisa di cilicio,

e ti contemplo quasi fossi un cielo terso

nella vertigine del sole che risplende,

e sul tuo corpo trascrivo un altro verso.

 

Oltre l’oblio già l’anima riscende

e si distacca, lasciando calde brume,

per crogiolarmi a volte mi confonde

delle passioni la tenebra e il lume;

nei flutti eterni d’eterna tenerezza

vanno a scandirsi dei gemiti le spume,

quindi rimane sul corpo la carezza

come detrito dei sensi già stravolti,

e della luna ne irradia la bellezza.

 

Si nutre il labbro dei riccioli tuoi folti,

la carne tua s’avvolge al mio turgore,

come il villano, al tempo dei raccolti,

la terra coglie in tutto il suo calore;

e sulle vette dell’estasi sublime

s’ode il silenzio in tutto il suo fragore,

lungo le braccia che cingono le cime

di questa morte che livida s’appresta,

il lieve pianto che il cuore mi sopprime.

 

Il caos del dio ci copre d’una crosta,

ma è solo notte che dona la sua coltre,

come di rocce a custodir la costa

che divide le mie labbra dal tuo ventre;

scorrono le ore e queste nubi amare,

di vento gonfie e di bagliori tetre,

del crepitare d’un vecchio focolare

hanno quel sonno, in cui siam scivolati,

come sul fondo d’un ancestrale mare,

o all’orizzonte di spazi sconfinati.

 

*Versi ricevuti direttamente da ©giancarlofattori2014 tramite e-mail.

**Foto oceano postata dalla redazione e liberamente tratta da: http://www.mymovies.it/film/2009/oceani3d/news/eilmisterodelloceanoprofondo/

Poesia della musica… note ai margini di un LP di Giancarlo Fattori.

unnamedQuella del 1981 fu, per me, l’estate più bella della mia gioventù. Decine di persone conosciute, atmosfere di festa e di gioia, esperienze lisergiche, amorazzi, tanta musica. L’ultima sera di vacanza ci trovammo tutti insieme sulla spiaggia: un falò, la birra, le sigarette, i fuochi d’artificio, un paio di chitarre. E all’improvviso una sottile malinconia, uno struggimento intenso, un lungo silenzio. Solo il rumore delle onde del mare. Qualcuno intonò Music is love, e presto divenne un mantra cantato da tutti. Nessuno voleva che quella notte finisse. Ecco, per me questo capolavoro di Crosby rimarrà per sempre legato a quel ricordo, ma non è solo per questo che mi piace, che lo considero, obiettivamente, un lavoro straordinario. In un certo qual modo è un disco che nasconde in sé il sentore di una profezia. Crosby si circonda di amici (Stills, Nash, Young, la Mitchell, la Slicks, Kaukonen, Garcia) e canta il tramonto dell’Utopia in cui erano appena passati, forse consapevoli che le cose stavano ormai cambiando (col senno di poi, il festival di Woodstock avrebbe segnato il capolinea di una stagione straordinaria per creatività, per ideali fortemente creduti, per fragilità e innocente incoscienza). Il tramonto già raffigurato in copertina segna una linea di confine tra il bello del prima e le oscure ombre del dopo. Così ecco una manciata di canzoni, tutte bellissime, tutte splendidamente suonate e cantate, più simili a mantra spirituali e a vortici psichedelici, immersi in un’atmosfera tra sogno, nostalgia, visione cosmica. Il risultato è proprio come quel falò sulla spiaggia, con la consapevolezza che le cose stanno volgendo al termine, mentre altre (magari la gioventù, col suo carico di miserie e splendori) stanno scivolando dalle dita come sabbia. Come quando, a festa finita, le luci si spengono, ma c’è sempre un manipolo di amici che rimane aggrappato all’ultimo bicchiere, all’ultima conversazione, all’ultima canzone, semplicemente perchè non vuole tornare a casa. Inevitabile che ci sia, tra i solchi di questo disco, una immensa tristezza, uno struggimento che non ha nome, ma che può, persino, inumidire gli occhi. Poi gli anni passano, inesorabili. Magari li vivi anche bene, e la tua maturità è all’insegna di progetti realizzati, di un quotidiano vissuto sempre con curiosità, impegno. Solo che ogni tanto ti volti, guardi indietro, e rivedi quell’immagine, ormai cristallizzata, a cui dai valenze e significati che probabilmente, col tempo, si sono anche modificati (o sopravvalutati, o mitizzati, o che altro). Rivedi le tue linee d’ombra, anche quelle in cui ti sei imbattuto crescendo. E scopri che ogni volta il disco di Crosby era lì, ad accompagnarti. Orgogliosamente vintage, e al tempo stesso eterno, moderno, indispensabile. 

*Testo ricevuto direttamente dall’Autore.

Scenari ( Poetici )Passivi… di Giancarlo Fattori ( http://scenaripassivi.blogspot.it/ )

A SYLVIA PLATH
di
Giancarlo Fattori
11_splat_150E lentamente scorre sulla chioma platinata,

la fulgida veggenza della tua scarna vita,

il silenzio tuo di donna rotta, frastornata,

la cicatrice fulgida d’eterna tua ferita:

l’amore risvegliasti, tra i punti di sutura,

dell’uomo dai taglienti tratti d’un asceta.

E accarezzò il tuo volto, di bianca velatura.

 

I bambini metti a letto, oh piccola mia Sylvia,

che riposino sui campi maturi d’innocenza,

che sognino di sogni e intrecci di mangrovia:

che tu ci sia o no, non fa molta differenza.

Getta via i veleni, la corda, la pistola,

i semi d’una vita che è verosimiglianza:

l’ansia non la plachi, se non scrivi una parola.

 

Potremmo prolungare a piacimento, questa notte,

scriver versi audaci alla tetra genitrice

tenendoci per mano, a scalare alte vette:

una donna, quando è sola, non è detto sia infelice.

E il corpo mio carnale, come turgida scultura,

dalle ceneri rinato d’una splendida fenice,

si adagia sul tuo corpo letterario, di scrittura.

 

*Versi ricevuti direttamente dall’Autore ©2014

**Foto postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://www.poets.org/poetsorg/poet/sylvia-plath

SONETTO N°5 di Giancarlo Fattori

SONETTO N°5

di Giancarlo Fattori

 

Beethoven Sinfonia 5

Beethoven Sinfonia 5

Gli occhi mi chiude, questo dolce sonno:

per pochi istanti né lacrime né pena

sembrano uscir da turgida catena

che il cuore stringe in invernale affanno.

 

E pioggia e fango e lacrima consuma

il mio cammino tra gl’incantati regni,

come tra grandini volteggia una piuma;

 

e il fato, a volte, intarsia i suoi disegni

del volto tuo, splendente come schiuma,

nell’aura arcana di boschi antichi e legni.

*Versi ricevuti direttamente da Giancarlo Fattori ©2014

**Foto spartito V sinfonia di Beethoven postato dalla redazione liberamente tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Sinfonia_n._5_(Beethoven)

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