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*REQUIEM di Giancarlo Fattori…

REQUIEM

04È soltanto il colore del corallo

a tingermi la pelle, le mani aperte

in un sottile richiamo, a cogliere

il pianto, lacrime di mare, mare come

drappo funebre che mi cala sugli occhi.

 

È che forse riesco ancora ad accarezzare

le tue palpebre chiuse, di figlio, di madre,

di padre, di amico, di volto ancestrale,

di pietra, di fanciullo primordiale

su strade fatte di battiti di ciglia.

 

È qualcosa di strano che m’induce a correre,

tra queste nebbie che mi tagliano il fiato,

lungo le rogge di melanconica acqua,

tu che ti fermi come figura spettrale,

tu che emergi dal grigio come eterea fiamma.

 

Le farfalle, i pettirossi che smettono di cantare,

l’eclisse totale che tinge di nero il cielo,

l’argentea polvere, la pallida sabbia,

il crepuscolo sulla via che s’inerpica a vuoto,

l’onda che frange ogni suo dispiacere.

 

Le cose che s’ingegnano a fluttuare nel vento,

lungo i contorni del mondo che resto a guardare

distratto, il pensiero deviato da lontani profili,

le piante, le rose, le labbra, le rughe del tempo,

il sangue che scorre, che fruscia in calici antichi.

 

Sembra ora che il cielo sia solcato dalla stella del Vespro,

un lucore evanescente tra le spire blu oltremare,

e cammino tra le immote distese degli acquitrini,

sopra me un volo di lacrime che scendono lente

come acquerugiola, come un sommesso pianto.

 

Passo dopo passo procedo solo in questo guado,

volgendo lo sguardo verso grovigli di spine,

labirinti di siepi, di more selvatiche, di muschio,

passo dopo passo, solo, in una dolce foschia,

solo, con l’anima d’un corvo posato sul nulla.

 

Soltanto taglienti lame distese su aspre terre

sono i pensieri che giacciono addormentati

sul mio corpo nudo, cose lontane, boschi lontani,

rocce di scogliera battute da venti come addii,

fiamme che bruciano idoli, di pietra, di carne.

 

È la risacca degli anelli di fumo, semplice respiro

d’un cordoglio che è spento,  disegnato a matita

sui fogli sottili del tempo che scorre, la memoria,

ecco cos’è, è memoria che eterna si staglia

tra le verdi colline che si delineano dentro.

 

L’anima? Non so, forse un cuore che pulsa vorace

tra tagli, cicatrici, veli che spianano il viso nel vento

degli anni che si consumano tetri, su tetra terra,

fiori recisi, fiori consunti che cadono esangui,

briciole sul sentiero per chi ha smarrito la strada.

 

L’anima? Eccola sporgersi alla fine del mondo,

al termine delle cose che precipitano nel mondo,

alla fine del deserto che copre ogni cosa, ogni casa,

il brivido della luce stellare, il calore delle parole,

le nude bocche socchiuse a rammarichi, a misteri.

 

Dove siete, miei piccoli amici? Radiosi raggi di luna

che vivete i miei sogni, nei ricordi dormite sereni?

Quali delizie gustate nell’ombra? In quali giardini?

In quali silenzi v’aggirate sperduti, presso quali dei?

Quale polvere siete, su cui poso i miei piedi?

 

Su velieri di ghiaccio affrontate marosi, le vele

nel gelido vento delle mie nostalgie, o liturgie

in cui le immagini vostre il tempo scolora,

quelle fotografie su cui scorro le dita, cercando

le voci, i solidi corpi, lo sbiadire degli occhi.

 

Muri cotti dal sole, cespugli, bisce tra i rovi,

finestre dai vetri spaccati, sogni sbreccati, mirtilli,

lamponi, lenzuola stese ad asciugare, profumi,

odori di cibi speziati, l’acre afrore di polvere e muffa,

la radio accesa, la voce che arde, la chitarra che langue.

 

E mi trovo a danzare, in questo sorgere del sole,

in questo immoto mondo che il sole sta per bruciare,

la morte ci ha divisi, la morte ci ha uniti, la morte

è solo un ricordo lontano, la morte ci brucia dentro

come il sole che giunge ad ardere questo immoto mondo.

 

Ecco, prendetemi la mano, la vernice sfregia i muri,

cola come un dispiacere su tele di vita erette al cielo,

le porte si chiudono, si chiudono gli occhi, i giorni

più brevi, i sogni più vividi, gli schemi più liberi

che intrecciano la vita con preziosi ricami.

 

L’integrità del cielo scivola via veloce, col suo spettacolo

di nuvole cariche di speranza, è il vento che gonfia

tutti i respiri del mondo come mongolfiere colorate,

il codice è nascosto tra le pieghe del vento, è la vita,

la vita che si spegne con l’ultima pioggia di stagione.

 

E mi viene da accarezzare il vestito, il velo, il sudario,

la polvere, la caligine, i pensieri scrostati come muri,

i mattoni che diventano treni, e navi, e zattere, e fuliggine,

mi viene da accarezzare questi fiori col sembiante di spettri,

e contemplo il vaso, il nastro che l’avvolge vezzoso.

 

Cammino distratto sul lungo fiume in tumulto,

cristalli i pensieri, come sassi che disegnano cerchi

nelle acque della coscienza, cristallo la memoria,

il rimbalzare del sasso sulla superficie del mondo,

quel mondo che dentro s’incrina, e dorme dolente.

 

Dove siete ora, miei miti dei tempi passati? Dove camminate?

Ancora in me siete liberi di cavalcare le praterie del dolore,

dell’amore, in me avete costruito cattedrali di bellezza,

un mattone dopo l’altro, una struttura dopo l’altra di luce

trasfigurata verso l’eternità, la mia, la vostra, nel tempo.

 

Qualcuno tra voi ancora sorride al mondo, trascinando con sé

gli strascichi di cicatrici dell’anima e delle età, ma lo stesso

vi amo di quell’amore che vive con gli anni, gli stessi che v’ho

regalato sull’altare dei miei giorni, oh maestri, oh compagni

di solitudini e noie, di ardori e passioni, di crescita sempre.

 

Eppure tra voi c’è chi ora è vapore, come sui vetri nei pomeriggi

di pioggia, un fantasma che vaga tra brughiere di storia,

le cui voci sono echi che come onde divine dalla mente, e dal cuore,

le volte immense dell’immenso universo vanno a dorare,

trasfigurando in cerchi d’argento lo splendore, e la tenebra.

 

Che m’abbiate insegnato a costruire me stesso, oh amici, oh miti,

è un dato di fatto, e ora siete sovrani su queste momentanee

terre di dolore, avete il dominio sulla nostalgia, sulla melanconia,

sui crepuscolo che conducono alla notte, ma solo per poco,

ché la vita avanza, e la notte ha la sua bellezza che toglie il fiato.

 

Dunque è solo questione d’amore questo restare in ginocchio

a far scorrere tra le dita le sabbie di un delicato suffragio,

è legno prezioso, è rimpianto leggero, è un grazie per sempre,

è profumo che non ha sorgente né foce, è un lieve sorriso

che incornicia il mio volto, un solco per gettare altri semi.

 

 

Giancarlo Fattori, giugno 2015

 

 

Dedicato a:

 

luigia amadori

carlo biasini

teresa biasini

carlo fattori

antonio briglia

patrizia casella

umberto curti

luisa losa fontana

gisella airaghi

giuseppe ripamonti

nino petrocelli

janis joplin

jim morrison

lou reed

allen ginsberg

jack kerouac

brian jones

fabrizio de andrè

syd barrett

jimi hendrix

billie holiday

william burroughs

hermann hesse

*Versi ricevuti direttamente dall’Autore.

**Foto postata dalla redazione e liberamente tratta da: http://www.paleoantropo.net/reefs/coralli/biologia.htm

Riflessione inedita di Carlos Sanchez…

Non so se posso chiamarla riflessione

di

Carlos Sanchez

spilled_paint_384845Vedo che tutto si somiglia tanto 
questa double face della vita 
inutile separare il tuorlo dalla chiara 
la morale di uno 
della morale dell’altro.
Le cose sono così mischiate
che di tante parole veloci 
la realtà rimane sola.
È un dramma 
la memoria selettiva 
il psicologo 
che giustifica 
e tratta di rattopparlo tutto.
Un po’ di saggezza 
non starebbe male
cambiano gli scenari 
ma l’Opera 
si deteriora sempre di più.
Non so a che servono i musei 
i papiri 
i testi della storia
le poesie 
le teorie plausibili del big bang 
lo Spirito Santo.
Più gli faccio girare 
alle idee 
più le vengono capogiri.

maggio 2014

No sé si puedo llamarla reflexión 

Veo que todo se parece tanto
esta doble faz de la vida
inútil separar 
la yema de la clara
la moral de uno
de la moral del otro.
La cosas vienen tan mezcladas
que de tantas palabras veloces
la realidad se queda sola.
Es un drama 
la memoria selectiva
el psicólogo
que justifica 
y trata de emparcharlo todo.
Un poco de cordura
no estaría mal
cambian los escenarios
pero la Obra 
se deteriora siempre más.
No sé a que sirven los museos
los papiros
los textos de la historia
las poesías
las teorías plausibles del big bang
el Espíritu Santo.
Más le doy vueltas
a las ideas
más las mareo.

mayo 2014

**Versi ricevuti direttamente dall’Autore tramite social network.

*Immagine postata dalla redazione di questo blog e liberamente tratta da: http://www.focus.it/ambiente/natura/24012011-0948-667-terra-mozzafiato_5_C38.aspx

Una ballata stonata per gli Amici … versi inediti di Zairo Ferrante

BALLATA STONATA

( agli Amici)

di

Zairo Ferrante

 

untitledAgli Amici questa

ballata tutta stonata

annegata nel vino

destino d’incontro

fatale, mortale, solare.

Di luce e d’affanno

di stelle cadute,

pescate, sognate,

morte e rinate brillanti.

Ballata un poco stonata

agli Amici di sempre,

a Quelli di oggi,

senz’avere un’età

che ci  accomuna,

qualcuno è una donna,

qualche altro sicuro

rassomiglia ad un uomo,

altri, ancora, chissà!

Una ballata suonata

dalle arpe di Dio,

benedetta e riletta

da mille sorrisi e risate

fatte in faccia alla sorte

alle volte cattiva altre,

invece, più buona.

Amori verdi son nati

e viola scoppiati

e azzurri son morti.

Eppure, testarda, continua

questa nostra ballata

ch’ancor canta stonata.

D’Amici spariti e altri,

in silenzio, restituiti.

S’alzan le foglie d’estate

sui rami del mondo,

e volano quelle d’autunno

nel mare del cielo,

e ghiacciano al freddo

i resti interrotti di frasi

di vita nel cuore d’inverno.

Ma quando risale dal nulla

la prima ver’acqua che fresca,

zampilla, gorgoglia e germoglia

ancora una volta questa,

che è la nostra risata,

ballata ancor più stonata.

E gli Angeli guardano,

ammirano, scrutano e

senza parole lanciano

lenti e sorpresi,

– come flotte d’uccelli

a settembre d’arancio

orizzonte che scalda –

benedetti pensieri

che colgono al cuore

gli Amici stonati,

che sbraitano al suono

di questa ballata

suonata nel fondo

di calici e piatti svuotati,

dal tempo passato e riempiti

da quello fuggente presente

in attesa dell’altro; futuro

che incerto ancor sul da farsi,

ci attende sornione sull’uscio

con le orecchie ben dritte a sentire,

ridendo, questa goffa stronzata

ballata ri-nata, nuovamente stonata.

 

E quando l’invenzione

– tutt’umana –

tanto buffa quanto incerta,

busserà alle nostre porte

scivoleremo dritti e lisci

su di una strada già spianata

a sprofondare senza impaccio

nel nostro tosto Paradiso,

che addosso ci si cucirà

come un mantello odor di nuovo

disegnato in toto e su misura.

E sarà una bettola di smeraldo

tanto uguale ad una strada

apparecchiata con tavole imbandite,

e poltrone di velluto, e bicchieri

quelli lindi e di cristallo colmi a festa

di vino pure per gli astemi e ogni

tavolo immancabilmente corredato

del suo splendido posacenere

e sigari, e sigarette che s’accendono

con il pensiero per incanto e

disincanto di quelli stolti

che tardi s’erano pentiti.

Ed in fondo alla pista d’atterraggio

del viaggio nostro ed ultimo,

già m’immagino un piccolo palchetto

con sopra tre jazzisti, due nocciola

ed uno panna, a suonare – mentre tutti

con il bicchiere e la sigaretta in mano

ad occhi chiusi sognando di volare –

questa nostra ed unica ballata

che pure lì, tra i glicini e le viole,

sembrerà stanca e più stonata.

Come oggi, come da tanto, per-tanto

ed ora e per sempre in ricchezza e

prosperità, finché vita non ci ri-unirà.

*Opera inedita di Zairo Ferrante ( tutti i diritti riservati a http://zairoferrante.xoom.it/ – sito personale dell’Autore – )

**Foto quadro di Pierre-Auguste Renoir: le Déjeuner des Canotiers (1880-8 (Phillips Collection, Washington) postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://anto291.typepad.com/blog/2008/08/un-quadro-e-un-romanzo-le-d%C3%A9jeuner-des-canotiers-o-della-vita-moderna.html

Carlos Sanchez… d’amore o d’amicizia

Una vecchia amicizia 

di

Carlos Sanchez

pinguini-innamorati-coppiaE se parlo della morte 
– la mia unica certezza – 
non è per spaventarla 
né per affrettare la sua decisione.
La nostra è una relazione 
molto antica 
con momenti di dimenticanze 
e di affabili conversazioni.
Lei chiuse l’accordo 
con molti dei miei parenti 
con molti dei miei amici 
ma non si è danneggiato 
il nostro rispetto mutuo.
Non celebreremo 
il nostro incontro definitivo 
sarà un’esperienza nuova 
per me 
che solo lei conosce bene.
Non so che farò dopo 
che sorprese 
mi procureranno 
i cambiamenti.

*Inedita, 2014 ricevuta direttamente dall’Autore tramite social network.

**Foto postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://www.ecoo.it/articolo/animali-strani-i-pinguini-che-si-baciano/14067/

Dedito… inedito di Carlos Sanchez.

Dedito

di

Carlos Sanchez

 

tè7L’aria è messaggera

dei profumi dell’inverno

solo con sforzo

posso immaginare la primavera

in agguato

i boccioli che esploderanno

senza dubbio

nella monotonia geniale

del tempo.

Preparo un tè

per quel pezzetto irlandese

del nonno

che porto in questo antico

cuore

carico di altre cose.

Non so quanto può essere

rotondo questo mondo

che naviga

in uno spazio piccolo

di questo universo

non so neanche

se il grande spettacolo

sia degno dell’uomo.

Bevo il mio tè

camminando per la casa

senza pensieri

dedito come sto

alla vita.

*Inedito, 2014, di Carlos Sanchez ricevuto direttamente dall’Autore tramite social network.

**Foto postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://www.dadarte.it/dadanews-gennaio-2014-programma/

 

La entrega

El aire es mensajero

del los perfumes del invierno

sólo con esfuerzo

puedo imaginar la primavera

en asecho

los capullos que explotarán

sin duda

en la monotonía genial

del tiempo.

Preparo un té

por aquel pedacito irlandés

del abuelo

que llevo en este antiguo

corazón

cargado de otras cosas.

No sé cuánto pueda ser

redondo este mundo

que navega

en un espacio pequeño

de este universo

no sé ni siquiera

si el gran espectáculo

sea digno del hombre.

Bebo mi té

camino por la casa

sin pensamientos

entregado como estoy

a la vida.

Inédito, 2014

Versi dei collaboratori

sole.jpgOra solare

Versi di Marco Nuzzo

 Resto in seguirti

a scandagli di vento

– a che profondo siamo? –

e da che strade

alzate di sabbia

e di nebbie abbattute

cresci fantasma;

 

solare,

ora tra madide dita

leccate di piovere costante,

stellata di pane asciutto

sulla faccia,

saziata in eterno

con lische di giochi per pesci;

 

ti leggerò la pelle

ancora intatta

scarna e mutevole

di sonni rivali

e dei corpi a contrasto

con frattaglie di passati

in perpetui moti

spersi.

*Immagine tratta da: http://www.scienze.tv/node/4746

Prosa in versi inedita di Daniela Schiarini

 

                                                   “NEL SENSO DI UN RIFLESSO”                                                            

 

18434_103344696353833_100000349098153_78158_7046252_n.jpgUn moto costante e perpetuo ci imprigiona, se, dimentichi di dar respiro all’anima nostra, viviamo “il mondo fuori dal mondo”, perché in realtà non lo percepiamo nella sua essenza.”

 

L’arsura che avvertiva

nella maturità della sua vita

pareva non dargli tregua.

Quale fonte avrebbe dissetato la sua anima?

Il mondo attorno a sé

scorreva lento

e Lui lo viveva

nell’immagine di fotogrammi a colori

che lentamente si susseguivano.

Alcun coinvolgimento.

Solo una recita

una minuziosa recita

che ripeteva la sua scena

ogni giorno

per concludersi al calar del  sipario.

 

Un’anima inaridita

nella sua esistenza

che trovava la sua fonte dissetante

in quel monito costante

che solo lei sapeva dargli.

Quanto della sua anima non era stato nutrito?

Quanto di affamato c’era

che adesso risvegliato

esigeva il suo compenso

per una vita,

quella dell’anima,

tenuta nell’inedia?

 

Un’anima assetata

rinvigorita dalla freschezza di quella fonte sconosciuta

unico senso per quel riflesso

che li vedeva specchiati

l’uno nell’immagine dell’altra.

Finalmente percepiva il mondo

non più come un fotogramma a colori

ma come molecola viva di un tutto

che aveva un nuovo sapore…

…e l’arsura diminuiva…

…e la sua  anima

seppur stentatamente

iniziava a vibrare.

 

Si lasciò andare alla Vita

Lasciò che la sua anima vivesse

Visse finalmente con Anima.

 

Daniela Schiarini

 

*Nudo dell’artista Carofalo Vincenzo