Su Letteratura, Scrivere di Giovanna Mulas

giovanna mulas,scritti,dinanimismo,inediti.Quelli che considerano la scrittura come passatempo, fonte di guadagno
o mero esibizionismo non vadano a mascherarsi da ‘scrittori’:
schiacciano la nobiltà di questa Arte, la offendono e offendono chi è
vissuto e morto in dignità, chi vive e muore di talento senza
compromesso, di studio, costanza, di totale dedizione.

Penso che, semplicemente, occorre scegliere un volo e una montagna da
raggiungere. Quando si conosce la portata del proprio volo si puo’
dire di saper scrivere. Ma solo quando si comprende quanto la
Letteratura puo’ e deve fare per cambiare in meglio una societa’, ci
si puo’ far chiamare scrittori.

Scrittori voce del popolo, affinché il pensiero critico faccia
discutere, creare, costruire. Autocoscienza necessaria, critica
costante sulla e della realtà, che tenda la mano ai movimenti sociali
in opposizione alla guerra, l’ingiustizia, alla disuguaglianza
sociale.
Un movimento di resistenza per la cultura della vita.

Scrivere è masturbarsi davanti al pubblico; farlo da insofferenti,
disturbati indisturbati, da prepotenti, strafottenti.
Nudo, puro e crudo, il buon scrittore non si censura né ammette
censura, è libero da tabù, stili, religioni, spazi, tempi o patrie, li
sposa tutti e nessuno. Asessuato, puttana e santo, crea il nuovo nel
già creato, entra nel tronco e pensa da tronco, nel cane e piscia da
cane, gode dove altri soffocherebbero, sente e vede dove altri
oserebbero solo spiare dal buco della serratura.

Quando e se pretenderai di scrivere di un albero, non entrare
nell’albero ma sii tu albero.
E vivi da albero, parla o non parlare, guarda e odora e ascolta e
muoviti oppure no, ma da albero.
O non pretendere di scrivere.

Non amo pagine dedicate ai ‘Fans’ o ‘pagine ufficiali gestite da
fans’: non credo nei fans, credo nei lettori pensanti e agli scrittori
che fanno gli scrittori, non i divi.
E ogni scrittore, forse, ha i lettori che merita.

Penso che esiste un limite, al dolore di ogni uomo, che non va
superato: pena la follia. Finis Terrae, valico incerto, un confine,
una staccionata -messa sul sentiero dalla vita, dal destino, dalla
Natura o dal delirio di un dio-, che non andrebbe saltata ma è
d’obbligo (forse, o forse no) il farlo. Penso che si debba insegnare
ai nostri figli a camminare fino al confine della terra.

Per Madosini Latozi Mpahleni, la mia Mama nera, la divinità suprema è
il Grande Albero che si fa Arte, Poesia: “Siamo tutti parte del Grande
Albero, e dalla posizione che occupiamo mai riusciremo a vederne ogni
angolo. Potremo immaginare ma mai vederli tutti nella loro totalità.
Questo serve per l’Arte: non si potrà mai vederla ma la si potrà
immaginare e vivere, ascoltare attraverso gli altri che ascoltano
noi.”. Nelle tribu’ africane non esiste il cercare di essere meglio
di. Si pensi proprio alla musica e ai suoi strumenti. Il capo tribu’
da un pezzo di canna ricava tante parti uguali quanti sono gli
abitanti della tribu’. Ognuno di loro potra’ suonare soltanto una nota
e sempre la stessa che, sola, apparira’ sgraziata: un lungo -o
intermittente-, insensato fischio… ma unita alle note degli altri
membri della tribu’, quel fischio creera’ la melodia. Tutti loro
saranno uguali davanti alla musica, creandola. Tutti uguali davanti a
tutti. Nessuno di loro potrebbe vivere, senza gli altri. Liberarci da
quell’ autoreferenzialita’, dall’ambizione inoculata nell’Uomo alla
sua nascita e proprio da un Sistema che continua a volerlo numero,
Cosa, Non Pensiero, Acritico Non Essere…questa, vedo come sfida
quotidiana. Un lavorare all’albero, tornare a quei rami che ne fanno
parte: tutti uguali, tutti Uno.

Non esiste libro che già non sia stato scritto.  Anche quelli non
riportati su carta,vivono. Ogni libro esiste e resiste e non è detto
che lo faccia in una delle realtà all’umana portata. Vive attendendo
quell’eletto visionario che riuscirà ad amarlo, ad ascoltarne la
storia per riportarla su carta affinché anche il mondo, questo nostro
mondo, possa finalmente conoscerne l’esistenza.

Per noi l’idea di aiutare equivale all’assistenzialismo, al mendicare.
Che posso saperne io di storiche ribellioni di un popolo
all’imperialismo, se non quello che ci è stato dato da mangiare e
leggere per una vita? Sono formattata, io. Siamo formattati e male,
amici miei. L’importante e’ esserne consapevoli. Chi siamo noi liberi
pensatori  per pretendere di unire, con le parole, i confini di un
mondo da sempre troppo piccolo?. Sognatori, pazzi, esploratori
d’utopia…e ancora: chi o cosa è, seppure è, uno scrittore?.  Già
definirci ‘noi liberi pensatori’ è chiuderci in una categoria, casta
protetta da cattedra e recensioni positive o negative poco importa,
l’essenziale è essere. Imbottiti dal più classico degli onanismi
intellettuali, introiettati. Micromondo fatto di narrativa da
bancomat, la fisica felicita’ di un bicchiere di quello buono,
salotto, salamelecchi, interviste, servizio in camera, specchi e
maschere, e maschere e maschere e, canne e riesumazione di Marx.
Implosioni mentali su come eliminare la violenza dal mondo con la
minore violenza possibile. Probabilmente occorre non farci distrarre
dai voli alti, ma nello stesso tempo aspirare ad essi. E lo vedo, il
mio mondo,  e mi da fastidio. In quel ragazzo sporco, addormentato sul
bordo del marciapiedi alle undici di una domenica mattina, faccia al
sole e saranno 30 gradi all’ombra, coperta logora tirata al mento, la
gente che continua a scorrere e correre attorno, fiume senz’ argini.
Che società è questa, in grado di rendere fantasma un ragazzino,
dilaniarlo, spegnerne la voglia di spaccare questo mondo che pare
uscito da una pellicola yankee di classe zeta?. TU SEI se consumi, TU
SEI se produci. Se crolli lasci di funzionare per il sistema. E noi
Liberi Pensatori, noi Scrivani. Da bolla protetta e colorata,
enfatizzata, mitizzata senza consenso ne’ merito, serrati a ipotizzare
poeticamente come cambiare il mondo con la letteratura, uccidendoci
della stessa e dimenticando, volutamente o meno, che il mondo ‘vero’
sta fuori da un albergo a cinque stelle: è giù da una cattedra di cui
non conosce l’esistenza. E non ne sente la mancanza. Forse il mondo
vero sta fuori da ogni autore, e per sua natura.

Penso che, semplicemente, occorre scegliere un volo e una montagna da
raggiungere. Quando si conosce la portata del proprio volo si puo’
dire di saper scrivere. Ma solo quando si comprende quanto la
Letteratura puo’ e deve fare per cambiare in meglio una societa’, ci
si puo’ far chiamare scrittori

Perché in fondo siamo isole, amici miei. Ed io, ora, non voglio
ritrovare il sentiero del ritorno. Qui in me, in Noi, riposano gli
echi delle altre isole, poeti, porte, scale, senza stagioni dove
perdersi. Una tra le tante è l’isola che sono, che siamo, che dovremmo
essere:aperte ed integre, pronte anche a sanguinare pur di essere
libere.

Leggi questo e altro da Giovanna Mulas, il Blog:
http://giovannamulas.baab.it/2013/06/02/su-letteratura-scrivere/

**Articolo ricevuto direttamente da Giovanna Mulas per Ufficio Stampa Isola Nera
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***Immagine  postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da:http://www.bibliotecabelsitana.it/mix/storia_biblioteche.html

Su Letteratura, Scrivere di Giovanna Mulasultima modifica: 2013-06-05T20:02:25+02:00da zairo-ferrante
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