saggi dinanimisti

37889_138326866191737_100000432743504_291412_7917154_n.jpgLA POETICA DEL TU da il Dialogo.org

di Zairo Ferrante

Opera: CRISTO 2010 ceramica di -NICOLA VILLANO- omaggio a TIZIANA-

Una breve riflessione sulla “poetica del Tu” che prende spunto da uno scritto di Capitini.

La ringrazio è stato davvero gentile!!!
Di nulla, si figuri…e poi mi dia del tu.
In queste poche parole è racchiusa tutta la poesia del genere umano.
Mi dia del tu: non un semplice invito, non una semplice richiesta, non una mera cortesia, ma una vera comunione.
Un messaggio pesantissimo, l’invito al tu vuole essere un invito ad entrare in sintonia con l’interlocutore.
Chi dice: “mi dia del tu”, sta dicendo: “fai pure, prego, sono un uomo anche io”.
Lo stesso Capitini (Filosofo e maggiore esponente del movimento Nonviolento italiano) attribuiva un’importanza fondamentale all’apertura interpersonale che poteva e doveva nascere dal Tu ed infatti in uno dei suoi scritti Egli affermava:
“Oltre il Dio delle opere, sentiamo il Dio dei tu… Ma se il Dio che così si aggiunge alla nostra vita anche più alta, è il Dio che dice Tu a tutti e li vuole in eterno liberati, è chiaro che grande valore della nostra vita ha non solo l’atto creante valori, ma l’atto dei tu ai singoli esseri, quello aperto alla realtà liberata per tutti. Dire tu è atto divino. E così la vita religiosa non è tanto dire Tu con la maiuscola a quel Dio, ma dire tu con la minuscola ad ogni essere.”
Come a dire: non preoccupatevi del rapporto con Dio…..

 

CRITICA FUTURISTA ALLA SOCIETà!!!

balla_mercurio-sole.jpgINTERNET OVVERO IL REGNO DELLA MACCHINA

primo capitolo deLL’ebook “la poetica di Internet” di Roberto Guerra

” Scomponiamo e ricombiniamo l’Universo secondo i nostri meravigliosi capricci ” Marinetti

Esistono molte cose belle, vere e divine sul pianeta Terra: la Natura, l’Arte, la Scienza, la Filosofia e le Religioni (intese CRITICAMENTE come infanzia della razza umana…) sono creature bellissime che invitano ad abbracciare e ad amare la vita in tutte le infinite possibilità di felicità. A questo livello di comprensione del mondo, la solitudine del nostro tempo è tutta particolare e sconosciuta alle generazioni precedenti: essa non nasce più dal dubbio intellettuale o dalle finzioni metafisiche, reazionarie o rivoluzionarie…, ma dallo scontro traumatico tra le NUOVE RIVOLUZIONARIE diverse verità, artistiche, scientifiche, filosofico-religiose e la realtà umana e ARCHEOPOLITICA tutt’oggi dominante.
Gira e rigira, la questione etica (alla Spinoza…) del duemila è sempre la stessa, la guerra quotidiana tra intelligenza e ristrettezza mentale, tra cuore e violenza interpersonale: tragica può essere l’esistenza per colui che attraversa con la propria epidermide, con i propri pori, sulla sua pelle la Bellezza, la Verità, gli Dei, il Mondo e l’Universo ed è costretto a vivere in un’ epoca , come quella attuale, che finge d’interessarsi come non mai a tutto ciò, mentre, al contrario, celebra il vertice dell’alienazione umana.
Per sopravvivere le cose belle, vere e libere sono superflue: troppo spesso gli umani si limitano a sopravvivere senza nessun desiderio di Dio o dell’Arte o della Scienza; così nelle… Stanze dei Bottoni, uomini senza qualità o automi senza quantità che siano, nonostante e anzi mascheratI o persino in buonissima fede… delle migliori apparenze, dominano sovrani, magari in nome della Santa Democrazia (peraltro il migliore dei mondi possibili… alla luce del fallimento irreversibile di qualsivoglia alternativa pararivoluzionaria…!).
E la normopatia… è la filosofia universale e condivisa, anche se ( anzi proprio per tale verità indicibile) il livello mentale dell’uomo comune, ma pure del politico o dell’intellettuale senza quantità e qualità, è spesso ancora quello dell’età della pietra, mentre sul suo cranio solcano i prodigi della scienza, condizionata fin che si vuole dal potere socioeconomico, ma comunque tecnologicamente e spiritualmente avanti secoli e millenni, per dirla con l’umanista Erich Fromm.
Oggi, nel fatidico 2000, che doveva celebrare il trionfo della scienza e dell’uomo tecnologico, nonostante le preveggenze atomiche di Nietzsche e le radiografie rivoluzionarie, ma purtroppo già reificate e consumiste della psicoanalisi stessa (nonostante Freud, Jung, Reich, più recentemente Lacan e Hillman), gli umani sono soprattutto come scimmie dentro un’astronave automatizzata che non capiscono e che hanno trasformato in un suicidale luna park: un’ Astronave Terra in volo nell’universo ma pilotata ancora da Scimmie politico-economiche-religiose!
E… ormai gli uomini-scimmia contemporanei, forse già in piena devoluzione se non genetica certamente sociobiologica, sono persino più attratti dalle cose brutte, volgari e onnipresenti, da versioni surrogate dell’amore e dell’amicizia, da religioni e politiche stesse ridotte a caricature degli Dei o della Rivoluzione. La solitudine dell’artista, dello scienziato, del mistico, del filosofo o semplicemente di cittadini normali che esigono di pensare e sentire o persino vivere e prevedere l’avvenire o futuri alternativi, ma agli occhi del gregge sono già tutti para-normali, è la vera farsa tragedia del nostro tempo, quando la Terra intera, Gaia (Havelock e l’ecologia), con il computer, la televisione, i satelliti e Internet celebra paradossalmente la dea comunicazione.
Gaia, la Terra stessa è addirittura la Dea Comunicazione: ma dove sono finiti gli esseri umani? Nonostante, sia ben chiaro, il trionfo delle scienze d’avanguardia: dalla fisica quantica alle neuroscienze (che attingono parecchio dalle intuizioni della psicoanalisi eroica o non volgarizzata senza quasi ammetterlo) alle prospettive rivoluzionarie attuali dell’informatica, della biologia e della genetica, niente affatto Frankenstein all’orizzonte, al contrario un nuovo umanesimo scientifico rivoluzionario nascente!
Forse, quando persino i computers o i robot o gli alieni non comunicano ancora parole o barlumi d’intelligenza (almeno riconosciute), ai figli di Internet non resta che piangere o contemplare la fine per inerzia della specie umana, decretata non dalle generazioni robotiche o clonate nascenti ma proprio dalle Democrazie Occidentali ncompiute, e – oltre il conformismo attuale antioccidentale – dal primitivismo misconociuto dell’Africa o dell’Asia.
Oppure, ai figli del computer non resta che cercare di prevedere futuri immediati alternativi e-o paralleli rispetto al Presente cosiddetto già postumano, forse letteralmente incurabile: devoluzione, normopatia, complesso di Frankenstein, tecnofobia, rifiuto della Scienza e della Tecnologia (nuovo oscurantismo misconosciuto), la diagnosi !
Al contrario, forse, la Realtà Virtuale si rivelerà clamorosamente virtuosa: forse la VR è la scienza della solitudine; alienati… perché hanno avuto tutto (secondo il non pensiero reazionario), forse ai figli del computer, spesso figli di figli dei fiori assai presto ridicoli e neoprimitivi ( magari finalmente ribelli…), non resta che fare, per la prima volta sulla Terra, la RIVOLUZIONE, nel nome della Scienza e della Libertà!
Almeno, fino all’ultima lacrima ibernata, fino all’ultima banca dati del cuore dell’uomo cibernetico

Roberto Guerra

**Quadro di Giacomo Balla: “mercurio-sole” http://www.atuttascuola.it/contributi/arte/arte_contemporanea.htm

Collaboratori e sostenitori del dinanimismo

41013_148537815167854_100000349098153_316691_1627905_n.jpgMia dolce amante.

pubblicata da Carofalo Vincenzo il giorno sabato 28 agosto 2010 alle ore 12.14 in contemporanea con l’opera alla vostra destra.

 

Come sono belli i tuoi occhi

questa sera al chiarore

della luna disinteressata,

sembrano due gocce di rugiada

allegri come la pioggia.

Rannicchiato ai tuoi piedi

sento l’odore di donna 

che alita del tuo profumo,

e baci e carezze senza fine

accompagnano i miei minuti felici.

Mia dolce amante, sappiami amare,

bellezza che cammini sul mio sentiero,

diavolo o sirena che sei

non mi importa, sei come uno

spirito vagante che geme nel mio affanno.

Ascolta il valzer di questo zingaro

sotto questo cielo luminoso di stelle,

pare un trasporto di tamburi

che si leva dalla mia anima

nella speranza di non piangere

più l’atroce angoscia

di un dispodico destino.

Come sono belli i tuoi capelli castani

sotto questo cielo scuro e rinnovato,

come è bella questa serata

che assapora il tuo seno rotondo

ed io muto abbraccio l’orizzonte.

Vorrei continuare a stendermi

sotto qust’albero

e perdermi con il tuo ricordo.

 Carofalo Vincenzo

POESIA INEDITA

75646_1705163158245_1512999216_1696975_1312723_n.jpgGuardami negli occhi: di Salvatore Fittipaldi

Foto di Irene Fittipaldi

cosa ti dirò che tu già non sai

quando te lo dirò: quando ti dirò

quello che ti dirà l’anima mia:

quando ti dirò tutto di me

guardami negli occhi:

sotto questa luna in apogeo

di me ti dirò l’indicibile e il mai detto:

ti dirò quello che solo a te dirò

così come solo il cuore sa capire:

Traduzione di Giovanna La Franca

 Look in my eyes: by Salvatore Fittipaldi

will tell you what you already do not know when I’ll tell you:
When you say what you say my soul:
when you say everything about me look in my eyes:
under the moon in this heyday of me you tell the untold
and never said I will tell you only what you say
as only the heart can understand:

Traduzione ricevuta dall’Autore

what will I tell you that you already don’t know
when I tell it to you: when I tell you
what my soul will tell you:
when I tell you everything about me
look into my eyes:
under this moon in heyday
I’ll tell you the unspeakable of me and the never told:
I’ll tell you what I’ll only tell you
as only the heart can understand:

Dalla prosa alla Poesia con traduzione in nglese di Giovanna La Franca

Dante2.jpg**I KARONTE DEL MIO VIAGGIO


Sospeso, immobile sul

naso color fragola,

rotondo pomodoro.

Affogato da una lacrima,

con i fumi ed i vapori

di Divin Commedia.

L’abbandono: Padre,

Madre e figlio

dell’uomo solo

sulla bocca del pagliaccio.

Uomini e cravatte che

sputano parole e le mescolano

al mio sangue, nell’unico,

forse ultimo, viaggio

che noi chiamiamo vita e

che quando è terminata,

lì con essa,

cessa pure la menzogna.

E falsi sono i poeti

dell’ultima puntata,

a festa sono agghindati

e “vomitano parole”,

e dicono ghignanti:

“Questo è il mio pane,

prego, mangiatene tutti!!!”

E così, per opera Divina

e amorevole pietà,

noi (che dal falso

siam plasmati)

giustamente

abbiam condanna

ad inseguire il vero

smarrito nell’eterno.

Noi, nel cono di un vulcano,

invano torturati dalla Verità!!!


Zairo Ferrante

 

Libera traduzione di GIOVANNA LA FRANCA:

THE KARONTE OF MY JOURNEY
Suspended,
still on the strawberry color nose, round tomato.
Drowned from a tear,
with the smoke and the vapors of Divin Comedy.
The abandonment:
Father, Mother and son
of the only man on the mouth of the clown.
Men and ties that spit words and blend them to my blood,
in the travel, perhaps last one, that we call life and
the one that at the end will be, lavatory to the lie.
And fake they are the poets
of the last installment,
to party are dressed up and
“vomit words”, and say sneering:
“This is my bread, I pray you allto eat it! !!”
so, for Divine work and loving mercy,
we (that from the fake we are molded) fairly
we have condemns to pursue the true gotten lost in the eternal
We, in the cone of a volcano,
in vain we are tortured from the Truth!!


**Versi liberamente ed umilmente ispirati da: ULTIMA FERMATA (estratto da Caronte, romanzo, 2009 di Giovanna Mulas)

consultabile al seguente link: http://e-bookdinanimismo.myblog.it/archive/2010/05/29/giovanna-mulas-e-la-sua-anima.html

Prosa in versi inedita di Daniela Schiarini

 

                                                   “NEL SENSO DI UN RIFLESSO”                                                            

 

18434_103344696353833_100000349098153_78158_7046252_n.jpgUn moto costante e perpetuo ci imprigiona, se, dimentichi di dar respiro all’anima nostra, viviamo “il mondo fuori dal mondo”, perché in realtà non lo percepiamo nella sua essenza.”

 

L’arsura che avvertiva

nella maturità della sua vita

pareva non dargli tregua.

Quale fonte avrebbe dissetato la sua anima?

Il mondo attorno a sé

scorreva lento

e Lui lo viveva

nell’immagine di fotogrammi a colori

che lentamente si susseguivano.

Alcun coinvolgimento.

Solo una recita

una minuziosa recita

che ripeteva la sua scena

ogni giorno

per concludersi al calar del  sipario.

 

Un’anima inaridita

nella sua esistenza

che trovava la sua fonte dissetante

in quel monito costante

che solo lei sapeva dargli.

Quanto della sua anima non era stato nutrito?

Quanto di affamato c’era

che adesso risvegliato

esigeva il suo compenso

per una vita,

quella dell’anima,

tenuta nell’inedia?

 

Un’anima assetata

rinvigorita dalla freschezza di quella fonte sconosciuta

unico senso per quel riflesso

che li vedeva specchiati

l’uno nell’immagine dell’altra.

Finalmente percepiva il mondo

non più come un fotogramma a colori

ma come molecola viva di un tutto

che aveva un nuovo sapore…

…e l’arsura diminuiva…

…e la sua  anima

seppur stentatamente

iniziava a vibrare.

 

Si lasciò andare alla Vita

Lasciò che la sua anima vivesse

Visse finalmente con Anima.

 

Daniela Schiarini

 

*Nudo dell’artista Carofalo Vincenzo

IN USCITA IL NUOVO NUMERO DI ISOLA NERA

DSCF0574.JPGIn uscita ISOLA NERA numero 57, periodico di Letteratura on line,

Direzione Giovanna Mulas e Coordinazione Gabriel Impaglione.

 

ISOLA NERA è TRE FORMAT IN TRE LINGUE DIVERSE, DIFFUSO NEI PUNTI FOCALI LA LETTERATURA DEL MONDO, CONSIGLIATO UNESCO. L’abbonamento a ISOLA NERA è gratuito, per abbonarti e ricevere i numeri della rivista nella tua casella di posta elettronica invia un’ email di richiesta a:  laredazionedellisola@yahoo.it

Lettere al direttore: mulasgiovanna@yahoo.it / direzioneisolanera@yahoo.it

Comunicati Stampa: ufficiostampaisolanera@gmail.com

info, domande, consigli: segreteriaisolanera@yahoo.it

Inoltre si ricorda che la scrittrice Giovanna Mulas il 10 settembre sarà a San Fratello, dove la gravità del dopo frana persiste, con un reading a favore della popolazione.

Accompagneranno i testi le musiche di Katia Pesti.
Con l’attore e regista Gianfranco Quero

SCRITTI DEI SOSTENITORI

39835_143279409027028_100000349098153_288146_7114229_s.jpgBRANDELLI DI CIELO

Inedito di ROSA ROCCO

Entrai nell’intangibilità, in quel livello di completezza, in quella esaustività di tutti i relativi e mi accorsi che non era un uomo che cercavo.

Lùt, neanche lui sapeva tirar fuori il residuo, le abilità
finalmente libere di me, la curiosità allestita su misura per l’altro.
Mi ritrovai nel profumo delle lenzuola appena ritirate dal sole, in mezzo a lenzuola, fragrante lino bianco ruvido. E nel bianco i miei pensieri si schiarirono e lì li vidi fuori di me, e cominciai a chiacchierare un po’ con loro: << Armanda doveva trovare, trovare la sagoma, la complessione di quell’amore essenziale che ti fa sentir paga e che più volte le era balenato.
Era alla ricerca di una stazione essenziale nelle sue proporzioni, giardino e panchina per poter attendere non il treno, ma il vagone scarno di quell’amore .
Doveva solo conferire una luminosità rivelatrice di aspetti, dei tanti aspetti di non so che cosa, che prendeva causa formale lentamente, che si disponeva pian piano; a lei, però, non era dato ancora conoscere.
L’angaria mi ha sorpreso e mi ha mostrato la strada.
No, non era un uomo che cercavo. La sensualità non va intesa solo come piacere venereo, ma può esprimersi anche in tratti di vivacità, occhi e bocca che si sorridono spontaneamente perché sei libera da limiti. Dovevo sgrassare ciò per essere felice, di una felicità che non si chiede, ma si acquista >>.
E lentamente con un’andatura stabile, capelli che navigano nel vento, piede innanzi a piede, con un occhiare sodo si accingeva la sua mente a considerare, quello che lei non aveva considerato.
Armanda iniziava a colorare le sue fiabe, o meglio iniziava a disegnare la sua fiaba usando come pennello l’armonico accostamento di suoni, di fatti, sfoltendo l’eccesso per evidenziare la radice, l’alterità che stimola la divergenza.
Il tempo si svolge, si espande disinvolto, lentamente ti estende e va riempendoti di un compendio stazzonato, palpeggiato accarezzare, privo di steccaie che tambussa fino a che l’orchestra con la sinuosità dei violini, con il cadenzato del pianoforte, il suono buttato del tamburo trova il fine, in un sax fluido e scorrevole e in un ottone pinzato che si sorprende e si conclude cedendo il passo ad una sonorità di gemiti, di vagiti e rantoli, elegante eufonia che si trasforma in follia di un silenzio per avere e tralasciare l’abitudine alla vita.
E allora slittai in un treno su prati di fiori campestri, di un vero color bianco affusolato d’attraente, sostenuti da steli semplificati, foglie contigue che si uniscono in una linea di verde puro con i loro tubendi.
Farti confortare dall’aria che dà finitura nello sfrecciare di un treno che la penetra e va nelle sue fesse divenendo generalità.
In questo processo lei si avvertiva un logos recente, motivato da nessuna esigenza di costume.
Parola che è un silenzio, parola che diventerà costrutto desueto, espressione reintrodotta, atteggiamento archeano simile ad una zona ben illuminata dal riverbero della luce.
Vorrei la parte di me che rimane inespressa.
Vorrei il brandello di cielo, viaggiare verso il consueto volume del piacere e poi sopra, sopra al qualsia volume di Lui, tardigrado e misurato, scoprire che è un mio compendio di circostanze, luoghi e tempi emotivi che diventano nel loro mescolarsi invenzione. Sintesi di tutti gli spazi vissuti, sintesi di oggetti, di tempi, di persone che ti hanno reso la tua vita.
Tutti gli spazi antropologici rendono altro luogo, altro tempo, altra circostanza, rendono brandelli di cielo.
Elementi questi senza bisogno di confini, che creano il silenzio senza paragoni.
Allora la vocalità cede il passo all’azzittirsi.
Silenzio dove si ascoltano accordi di suoni disumani di uno stravagante atteggiamento di silenzio.
Prima che tu sia c’è silenzio, dopo che tu sia stato c’è silenzio.
Mille cose ha da lavorare il silenzio.
E all’improvviso la mia biro sta tratteggiando particolari, passi stentati, barba e capelli in baruffa in un sorriso che raccontava con occhi, bocca. Dicevano tutto di lui, di quella malinconia giocosa e puerile, fragile e debole.
Stavo tratteggiando il mio dottore.
Così diventai quia, il fatto, incapace di filtrare perché quell’uomo era una fiacca fiorifera, pieno di contenuti ingiustificabili.
E io, contenuta e misurata, trovai gli elementi del senso, le conterie ( perle di vetro di diversa grandezza) di un viola scorrevole e le colorai piene di contezza consapevole della contingenza.

Lui…. era senso di movimento, sensuoso movimento della vita; era il qualificatore del vivere, era l’usanza del mio vivere, margherita sorridente e composta, gemmare di un gelso guardato a testa in su, estensibilità, determinatezza generativa di un’ entità produttiva di sistema.
Stato di cose che imponeva un talento, come chi nello stesso spazio ha creato i templi dal rossore agrigentino, come chi ha creato l’ulivo alle cui radici, ortiche nelle loro direzioni vivaci, vitali e dinanzi a loro, un papavero con il suo solo filamento e, infine, come chi pasteggia nell’abuso rabbioso un frutto a peponide globoso a scorza liscia marmorizzata, il rosso nel verde frammisto di semi in un cicalecciante pomeriggio d’estate. Un cocomero sopra un’incerata resa evanescente dal luccichio del succo, avendo dinanzi una cocomeraia con i fusti striscianti, foglie pelose lobate dall’uniforme bellezza agreste. Quantità e qualità di sensazioni vogliono dire funzionalità di ognuno, rispondenza alle esigenze fisiologiche di ognuno. Ad ogni capacità umana corrisponde un godere di vita inequiparabile.

Dunque c’era desiderio ma non di un uomo.

Desideri che si evaporano in gesti inconsapevoli di mani, di gambe mettendo in chiaroscuro tutte le sensazioni nel momento in cui si provano. Oggi, invece, si vuol dare una geometria alla propria mente che dovrebbe essere quel principio immateriale, partecipe del divino e non una locuzione, gruppo di parole funzionanti come una unica unità grammaticale, o un modo figurativo, fondato sull’intento di fornire una rappresentazione analogica e originale di oggetti reali.

E’, pertanto, la sede intima delle sostanze vitali.

ROCCO ROSA:  ha già pubblicato un libro di narrativa intitolato “Profumo di padre” casa editrice “Il grappolo”. Presentato dal prof. Reina Luigi, preside della facoltà di letteratura di Salerno, presso il Comune di Baronissi (SA). Sono intervenuti il prof. Paolo Petraccaro (Università degli Studi di Salerno), la proff.ssa Boggi Cavallo Pina (Università degli Studi di Salerno).

http://www.facebook.com/profile.php?id=100000902770658&v=info

QUADRO DEL MAESTRO CAROFALO VINCENZO:

TRADOTTA LA PRIMA AZIONE DINANIMISTA

*CRY THE SKY
Ferrante Zaire Remix of “Rain in pine”
by Gabriele D’Annunzio

*traduzione dall’italiano all’inglese di  Giovanna La Franca

Silent. On the door of the gate I hear you say sounds natural,
but I hear new sounds that speak and tinnitus drops off.
Play.
Raining from the clouds gray.
It rains on dry plates and reddish,
rain on metal buildings and bristling,
it rains on the teaching of the bar myrtle,
shining the chains of rings received
on the thick stems of scented liquids,
it rains on our tired faces,
it rains on our rough hands on our investments
fattened on the sad thoughts that drowns
the soul serene, beautiful on the story yesterday beguiled,
beguiles me today or master.
Odes?
The rain falls on the asphalt with solitary clippettio lasting
and varied pools in the fog the second highest,
while tall. (V. 39)
Listen.
Responds to singing the tears of mothers
who spawns silent blackmail, or the ashen sky.
And the gun has a sound, and other gun sounds,
and the dagger more,
different instruments for countless deaths.
And we are surrounded by bad air,
the right people dying,
and your face is soft with tears as austere as mothers,
and your hair shine like the frozen lakes,
or resurrected creature
that you name Falcone.
Hear, hear.
The agreement of the political base
little by little more dirt under the weeping growing,
but there is a song that mixes the most raucous of salt down there,
moisture remote road.
Most deaf and dimmer dwindles,
it fades.
Just a note still trembles,
fades,
rises,
trembles,
turns off.
Share and hears the voice from the sea.
Or is heard throughout the world poureth down
the silver rain that extinguishes
the wrath handed the second seed sadder,
less sad.
Play.
The daughter of the octopus is mute,
but the young man blackmailed the future,
singing in the unanimous group ever with you,
never you!
And it rains on your grave Falcone.
Raining on your last road which seems the sky cries for pain,
not dead but suddenly the sky seems you made a living bait.
And all your song is in us fresh fragrant,
and the heart is like a sword in the chest intact,
including the eye lids are like bullets in the barrel,
teeth in the alveoli are glittering lights of anger.
And go from street to street, now joined,
now dissolved
(and remember your strength in ankles entangles us tie our knees)
you never,
never with you!
It’s raining on our faces angry,
it rains on our hands tight on our clean clothes
on future thoughts that the soul opens up novel,
on the lovely fable that yesterday beguiled,
beguiles me,
and continues today and Falcone.

PER LEGGERE LA PRIMA AZIONE DINANIMISTA: http://zairoferrante.xoom.it/virgiliowizard/articoli-e-poesie?SESSd6972d0e1a61b1b336f558b230c178a2=f45414da430242aabeca7a4860b51266

Versi dei collaboratori del dinanimismo

 

sogno.jpgESSENZA di Marco Nuzzo


Disincontrarti su stati piani
entrando tue tridimensioni
tangendoti invalicabili labbra,
affrontandoti nella retina,
in sicuro slancio di sguardi
colpisco e mi ritiro
vinto dall’isteria
che brama luce soffusa,
grandangolo sei
di tonificate attese
inespresse in essere;
processandomi i pensieri
tradisci ombre insicure,
paure forse,
aleggianti tra i fantasmi,
coltivate in mezzo agli occhi,
ma emozioni,
e sei vino e sei essenza,
scaldi i miei tramonti
poi null’altro serve.

 Quadro:“Sogno causato dal volo di un’ape attorno a una melagrana, un attimo prima del risveglio” di S. Dalì