LA MIA COLOMBIA Giovanna Mulas, 2011, estratto da ‘NOCTURNO OLTRE CONFINE ( la mia Colombia)’

colombia-283x300.gif“Sergente, abbiamo oltrepassato uno strano confine qui.

Il nostro mondo ha sterzato sul surreale.”

(da ‘Salvate il soldato Ryan’, 1998.)

Penso, sono convinta, che prima di mettere piede in latinoamerica, appena un istante prima, un attimo soltanto; debba avvenire un click, dentro. Un click che ti spalanchi occhi e mente alla verità che attende paziente, appena varcherai quell’Exit all’aeroporto: l’America non è New York e Stati Uniti, come da sempre è dato da bere a noi europei fin da tenera età. L’America non è poliziotti fighi e buoni dalla mascella grossa, ‘guerra di pace’ e croci al milite ignoto, film e telefilm yankee di famiglie bionde, belle, magrissime e felici, di successo, Gold’S Gym e beveroni dietetici miracolosi per ragazzone vitaminizzate, da Boutique Cavalli.

Gli Stati Uniti rappresentano una piccola parte della mappa, e non certo la migliore.

Deve acchiapparti un qualcosa, clandestino mio, che ti prepari al dopo, a ciò che hai letto solo in parte sui libri di scuola, immaginato solo in parte con Marquez, Mercedes Sosa o le riviste di una sinistra italiana che, in parte, è già destra, o ascoltato da qualche amico convinto di aver fotografato l’El Dorado, a lamenti per il costo salato della visita guidata.

E magari l’hai fatto sorridendo, ascoltare intendo, pensando che si, che quella del latinoamerica in fondo è gente del terzo mondo, caduta in disgrazia non si capisce come e perché, sempre troppo allegra e un pò alla tanos, alla napoletana, sfigati allegri che forse neppure le lavatrici conoscono, non come noi europei fashion per il Colosseo e i cinesi a frotte a visitarlo. O il Festival di Sanremo.

Penso che il click, il click vero, debba avvenirti prima nelle viscere, poi nel cervello. Nello stesso, infinitesimale secondo nel quale cominci a odorare, non richiesto, un’aria non tua, già violentata, dominata storicamente.

Devi metabolizzarti diverso. TU diverso e superbo, ammaestrato, addestrato dalla nascita come dominatore ma, in realtà, piccolo e banale schiavo, salottiero, plagiato dal sistema.

Penso pure che se quel click non lo senti tanto vale che resti a casa, in umile accettazione, affondato in poltrona a ubriacarti di bugia fino alla fine dei tuoi giorni ché in fondo, come diceva mia nonna, la verità va incontro soltanto a chi ha il coraggio di cercarla.

Del resto, la mia, è solo la visione di un’europea.

Mi sveglio alle 5.30 che il sole già filtra tra le persiane basse della nostra camera, all’undicesimo piano del Gran Hotel di Medellin.

Il clima è dolce, un misterioso campanile batte un rintocco e mezzo e, tra sirene e grida, la vita che mai ha smesso di correre, giù per le strade diritte. C’è odore di caffè appena fatto e brioches. Sento bussare la porta della camera accanto, probabilmente si sta servendo la colazione. Ancora fatico ad adattarmi all’altitudine: il mal di testa feroce e le vertigini che sento avvolgermi cervello e sangue, mi obbligano ad ingoiare due pastiglie. Siedo sul letto e attendo di sentirmi meglio. Col caffè passerà, penso e spero. Butto giù qualche appunto, una doccia, stiro i muscoli, mi trucco, lamento la mancanza di un bidet, ho fame. Sveglio Gabriel alle 7.30; alle 11.00 abbiamo appuntamento all’asentamiento de los desplazados La cruz y La Honda, alla scuola Luz de Oriente, per un reading e dialogo con pubblico. Con noi ci saranno il rapper sudafricano Ewok, idolo dei più giovani, e la cubana Magìa Lopez, cantante e maestra di hip hop. E’ dal giorno del nostro arrivo in Colombia che Fernando e Gloria del Festival mi dicono che dovremo fare molta attenzione a tutto: il barrio La Cruz appartiene agli sfollati, è difficile, pericoloso, è la periferia perduta, volutamente dimenticata dalla città. Colombia è il paese al mondo col maggior numero di desplazados, a causa della guerriglia interna. Il denominatore comune, l’obiettivo principale della guerriglia che spinge indirettamente o direttamente le genti ad abbandonare la propria terra e quindi finire in rovina è il narcotraffico. Occorrono terre per produrre le sostanze e si obbligano i contadini all’emigrazione: se questo non avviene volontariamente, i contadini vengono uccisi. Ciò accade sistematicamente anche in zone minerarie o nelle coltivazioni di palme da olio (cocco). E’ denunciato il reclutamento forzato di bambini, il corpo delle donne, ulteriore atrocità di una guerra imposta, è oggetto costante di violenza: bottino di guerra per i paramilitari. Si stima che circa il 70% degli sfollati ha vincoli con la terra che si sono visti costretti ad abbandonare: proprietari, gestori, occupanti. Si registrano dai 4 ai 6 milioni di ettari di terra abbandonati. L’ ONG Osservatorio dei diritti umani e dello Sfollamento, considera che la cifra reale degli sfollati per il conflitto armato interno dalla metà degli anni ottanta supera i 5 milioni di persone. Circa l’80% degli sfollati sono donne e bambini e secondo la commissione di politica pubblica sullo sfollamento forzato, il 43% delle famiglie ha come capofamiglia una donna. Nel 68% le donne capofamiglia restano sole. Mi raccontano che durante le ultime settimane un paio di insegnanti sono scomparse da La Cruz, per essere state ritrovate qualche giorno dopo torturate e uccise in mezzo alla foresta, pistola in mano e braccialetto delle FARC. Incastrate, uccise perché ritenute sovversive, ribelli. Perché ai ragazzini non si deve insegnare a pensare o creare quanto, solo, a vivere. Il come verrà dettato dall’istinto di sopravvivenza. Los compañeros sostengono che gli Stati Uniti “pagano un tanto a cadavere” secondo il Plan Colombia, e il governo colombiano incassa. Ufficiali, soldati e un numero imprecisato di cittadini comuni hanno intascato ricompense dallo Stato per presentare false denunce anonime contro loro vicini e conoscenti, mandandoli a morte. E’ la caccia alle streghe, sotto lo storico silenzio dei media mondiali, i falsi positivi: militanti di sinistra, intellettuali, maestri o contadini, aborigeni.

Centinaia di cittadini inermi sequestrati da esercito e paramilitari o paracos (gruppi di mercenari di ultradestra, fascisti, retribuiti dalla politica governativa), assassinati e rivestiti con una tuta mimetica con il simbolo delle FARC per permettere agli assassini di passare all’incasso. Omicidi pagati dallo Stato colombiano e, al di sopra di questo, dal governo degli Stati Uniti. Il Plan Colombia, “Plan for Peace, Prosperity, and the Strengthening of the State” ( Piano per la pace, prosperità e consolidamento dello Stato ) è in realtà una tenaglia con la quale l’imperialismo impone la sua prepotenza in America Latina. Il governo colombiano, con le sue sette basi militari statunitensi, registra un importante introito economico proprio grazie alla droga venduta al principale consumatore nel mondo: gli Stati Uniti. La popolazione colombiana soffre da varie decadi dei devastanti risultati di questo negozio che si traducono nell’esistenza di mafie e le loro formule di estorsione, nell’incremento della violenza e della corruzione, nei confronti politici senza soluzione, repressione militare e paramilitare contro i civili etc.

Cani sporchi camminano indolenti, zigzagando per il sentiero di fanghi e sabbia. L’autista ascolta Cumbia Peruana a manetta. La Chiva, Il coloratissimo, stretto e caratteristico pullman colombiano sobbalza e frena a scatti. Sbuffa e accelera, da una ventina di minuti ha abbandonato la strada principale. Sale e la strada si fa più stretta fino a divenire impervio sentiero di montagna. Capita d’incrociare –non si sa come, vista la mulattiera- altri pullman. Penso “ora ci blocchiamo qui o cadiamo di sotto”. L’autista, esperto o solo incosciente, sterza, accosta un istante approfittando di cespugli e affossamenti laterali, sfiora di qualche millimetro l’altro pullman e ne viene sfiorato, frena, sterza ancora, saluta il collega al volante e, incredibilmente, riesce a proseguire. Senza litigare lanciando insulti come accadrebbe tra noi tanos, come noi italiani veniamo chiamati in America latina.

Medellin ed i suoi eleganti grattacieli la vedo come la prima volta: racchiusa, circondata da colli e catene di montagne intinte nelle nuvole. Da quel sentiero mi pare un mondo a parte; di un’eleganza fallace, troppo mostrata. L’autista de La Chiva guida selvaggiamente, noi sobbalziamo ridendo e tremando un poco: non so se arriveremo a destinazione senza vomitare. Nel cielo, volo a cerchio, gli avvoltoi: conto quattro o cinque vistose macchie nere. Ai fianchi del sentiero appaiono, inerpicate furiosamente, altre ‘case’: assi di legno marcio e plastica, tubi di ferro che fungono da pilastri, cartone. Una accanto all’altra e sopra l’altra, a togliersi il respiro; arrancano tra cima e strapiombi, pronte ad essere spazzate via alla prima alluvione.

E capirò il crack tra i più giovani, capirò il popolo zombies, capirò la violenza. Odoro l’ingiustizia, la prepotenza dell’imperialismo nella miseria delle strade untuose, nei bambini semi nudi e scalzi, nelle ragazzine in vendita ai turisti annoiati. Sento le viscere farmi le capriole, dentro. Perché? Perché qui e così?

Perché c’è chi ha dieci e chi, come loro, il Nulla. E non pretendono più di questo nulla.

“Voi poeti dovete raccontare al mondo ciò che noi viviamo qui”. Così mi hanno detto i bambini abbracciandomi, quei rifugiati della scuola de los desplazados, figli della guerriglia e tutti figli nostri, con la strada negli occhi, affogati nel fango del sistema che qualche buon borghese neppure è in grado d’immaginare e che nessun uomo, solo perché tale, ha il diritto di conoscere, tanto meno vivere.

Strano, capirlo davvero oggi, nel 2011, e qui. Dopo tanto studiare, vivere, leggere, ascoltare, vedere e scrivere. A cosa è servita la mia cultura? La letteratura, la poesia…a cosa è servita? Io che pensavo di conoscerlo, il dolore, e di conoscere la morte.

Strano, per me.

A tratti tutto mi pare un film ed io una comparsa da Eroe per caso, un universo parallelo quasi. E vorrei che lo fosse. Ma non è un film ed io non sono un’eroina, sono soltanto un’europea cresciuta a telefilm yankee e consumismo. Per noi l’idea di aiutare equivale all’assistenzialismo, al mendicare. Che posso saperne io di desaparecidos, di torture e storica ribellione di un popolo all’imperialismo se non quello che ci è stato dato da studiare e leggere per una vita? Sono formattata, io.

Leggo la mia poesia alle persone raccolte in quello stanzone troppo vasto e vuoto, mentre dei bambini scalzi giocano tra le sedie, i cani passeggiano fiutando pulci e presenti. Devo trattenere il pianto, stringo i denti, serro la mascella. Tutto mi sembra inutile, banale, offensivo quasi delle condizioni di questa gente. E sento che per i miei compagni la sensazione è la stessa. Ci scattano delle foto che vedrò in seguito, diffuse dalle agenzie di stampa internazionali: io, Gabriel, Ewok e Magia abbiamo l’espressione smarrita, i volti carichi di sconcerto. In particolare, riguardando l’immagine apparsa sul quotidiano nazionale El Colombiano, rifletterò sul perché la foto è stata scattata soltanto a noi poeti. E’ normale, mi dico. Ma perché non ai bambini, con noi, i veri protagonisti di quella scuola e della vita, di quella vita non…vita? Ripenserò al mondo a parte dei poeti…può un poeta stare davvero con la gente e rappresentarla (superbia più grande) oppure, d’istinto e sempre e comunque è portato a rappresentare se stesso?

Dopo la lettura, avverto l’impulso bestiale di fuggire. “Per oggi è troppo”, penso “…non posso, io non posso…che ci faccio qui? Qui, a che serve la mia poesia?”. I bambini mi si avvicinano bloccando all’istante il mio volo mentale: mi abbracciano, mi baciano le mani, mi ringraziano per le poesie.

Un piccolo, sporco e lacero, tirandomi per il braccio mi prega di restare a mangiare con loro. Lo abbraccio stringendolo al ventre, gli bacio la testina rasa e nascondo le lacrime che, ancora, mi colgono: “claro que si”, gli dico, “comemos juntos”, e vorrei fare di più per loro che mangiarci assieme.

Nel terrapieno accanto alla scuola ci sono uomini che zappano: Giacobo e Marcela, compañeros che hanno accolto me e Gabriel al nostro arrivo raccontandoci sulle ultime insegnanti scomparse e del lavoro della FARC tra i monti, ci dicono che quelle persone stanno scavando un canale per la discarica di una ‘casa’, e i vicini aiutano il nuovo desplazado a farlo. Sul terreno arido della scuola alcuni volontari hanno avviato una piccola coltivazione di cipolla e aglio.

Rimango colpita dai poeti tedeschi Regina Dyck e Thomas Wohlfahrt, direttori rispettivamente di Internationales Literaturfestival Bremen e Literaturwerkstatt Berlin. Gli sfollati hanno preparato per tutti noi autori con affetto, cura e chiaro sacrificio due pentoloni enormi di fideos de arroz con carne, cotti per ore all’aperto sotto il sole cocente. Zuppa calda di riso con tranci di carne e fagioli, platano, cipolla e aglio, accompagnata da litri di limonata. I due poeti annunciano che hanno da fare e torneranno in albergo subito, con un taxi. Dopo un’intervista rilasciata al volo ad un inviato dell’agenzia EFE, m’infilo in una delle tre lunghe code di persone in attesa del pranzo. Più di un desplazado fa per cedermi il suo posto, per evitarmi l’attesa. Dico che no, va bene così: noi siamo uguali agli altri. Aspettiamo il nostro turno sotto un sole d’inverno colombiano, trenta gradi all’ombra. Queste persone, con la loro immensa dignità e semplicità mi scaldano l’anima: c’è chi si avvicina per farsi una foto con la poeta de Italia, chi mi bacia ringraziandomi, chi ci guarda con affetto grande, chi mi porge la sua bambina di pochi mesi affinché l’abbracci per portarle fortuna e mi confida che ama l’Italia e Ungaretti, scattando un’altra foto. Mi danno un ottimo cafecito tinto, dopo la zuppa mangiata poggiando il piatto in plastica sulle ginocchia. E mi guardo attorno.

Eroi. Qui gli unici eroi sono questi uomini e queste donne che vedo camminare scalzi e con un orgoglio che non si piega neppure davanti a secoli di repressione. Loro che, comunque, sorridono. Popolo di disperati costretti dalla guerriglia a lasciare le loro terre senza nulla pretendere se non la vita, i figli in braccio e il domani vuoto. Sono loro gli eroi. Noi, soltanto europei.

“E la chiesa come si sta muovendo?”, domando laconica a Marcela e Giacobo, che sorridono. In fondo non ho bisogno di risposta, conosco la storia e qui mi basta guardare, sentire dentro, ascoltare la gente.

“Come sempre. Dalla parte del potere”, mi dicono.

Penso ai miei figli e la loro fortuna, nonostante. Penso a los desplazados, abbandonati da un dio burlone, se esiste un dio, e dalla natura, dal mondo stesso. Ad un governo populista che elargisce 50 dollari ogni due mesi per tenere calme le acque, evitare ribellioni violente e far pensare alla gente che si fa qualcosa per loro. Il Governo corrotto ruba miliardi, al popolo vanno le briciole e la zuppa di fagioli e riso quando gira bene. Penso che il governo colombiano non è poi così diverso dall’italiano. Penso al futuro che vedranno questi bambini, a come lo vedranno se lo vedranno. E spero che il dolore non bruci loro gli occhi, ché la carne è già tatuata. Vorrei avvolgerli, portarli con noi vorrei e vorrei e durante il viaggio di ritorno piangerò soltanto, per ciò che avrei voluto per loro, tutti figli nostri, e mai avrei immaginato… non così, non…così.

Mi salutano adios muchacha, tutti i bambini, dalle finestre della scuola. In pullman, riscendiamo verso il mondo vero. E già non lo vedo come prima.

Ora so che nulla sarà più come prima (…).

Giovanna Mulas (Nuoro, 1969) è scrittrice, poetessa, giornalista e pittrice. Ventinove libri pubblicati a oggi tra sillogi, poesia, romanzi, saggistica.

Presente in centinaia di antologie internazionali con racconti e poesie.

Pluri-accademica al merito, 60 primi premi letterari internazionali vinti l’ultimo dei quali ricevuto a Taormina dall’Europclub e la Regione Sicilia, premiati anche Ennio Morricone per la musica, Carla Fracci per la danza, Istvan Horkey per la pittura e la giornalista e opinionista Rai Barbara Carfagna per il giornalismo d’opinione.

A Ostia le è stato assegnato il Premio Città di Ostia per la Cultura (giugno 2011)

È stata tradotta in 5 lingue, due volte candidata al Nobel per la letteratura per l’Italia.

Membro onorario della GSA, Giornalisti Specializzati Associati di Milano, dirige le riviste di letteratura Isola Nera (in lingua italiana) e Isola Niedda (in lingua sarda), diffuse nel mondo e consigliate UNESCO. Dal format originale in lingua spagnola Isla Negra, fondato dal marito Gabriel Impaglione, poeta e giornalista argentino.

Ha presenziato, ufficialmente per l’Italia e prima artista sarda nella storia dell’evento, al prestigioso Festival Internazionale di Poesia di Medellin, Colombia, primo d’importanza al mondo, Premio Nobel alternativo dal Parlamento di Svezia.

www.giovannamulas.it – il sito ufficiale, a cura del giornalista Simone Piazzesi

quattro pagine ufficiali in Facebook Italia: Giovanna Mulas (I, II, III) e dialogo con Giovanna Mulas

contatti di lavoro: Dott. Alberto Asero, Asero & Partners European Literary Agency, Torino

**Estratto ricevuto direttamente da: Ufficio Stampa Isola Nera

**Immagine liberamente postata dalla Redazione e tratta da:  http://www.puntocritico.net/2011/07/07/obiettivo-colombia/


Il dinanimismo presenta Matteo Zagagnoni

untitled.pngMatteo Zagagnoni, nato Ferrara, è poeta autodidatta formatosi principalmente su testi esistenzialisti e poesie ermetiche e crepuscolari.

L’Autore, già presentato on-line sulla pagina “poeticamente” gestita dalla “Futurist edition” ( edizioni futuriste sperimentali on-line ), a breve uscirà con un nuovo libro di poesie dal titolo “unwritten words”.

Di seguito, il movimento dinanimista ve ne ragala un assaggio:

 

 

 

 

A chi più potrò

tenere la mano

a gesto innocente

ora non so

 

Pure ignoro

se la sopita passione

che mi brilla spenta

sarà la mia

stessa trafittrice

o se l’affondo già

si sia compiuto

nell’anestesia di

una distrazione

 

Indosso solo cicatrici


*****


 

Nel socchiuso

di persiane mi

gioco bellissime

idiozie di menta

 

avrei potuto

uscire dalla

materia con un

tuffo d’incanto


**Versi ricevuti direttamente dall’Autore Matteo Zagagnoni.

***Quadro – senza titolo – del Pittore Campano Nicola Villano liberamente postato dalla Redazione.

 


PARTE DEL RACCONTO INTRODUTTIVO DE “I BISBIGLI DI UN’ANIMA MUTA” di Zairo Ferrante ( CSA – editrice 2011)

9788896703526.jpg<<Caro, mio Nonno!>> esclamò il giovane soldato. <<La mia
disperazione è dovuta al fatto che, in base a quanto mi è
possibile calcolare, ritengo sia difficile, se non impossibile,
restituire l’Anima all’uomo del mio tempo.
Potrò riportare in avanti tutti i romanzi, tutti i poemi e tutte le
poesie della storia, ma ormai ho paura che nessuno sarà in
grado di spiegarne il vero senso, le verità nascoste in esse,
l’essenza profonda di questo cumulo di parole.
Temo sul serio che l’anima sia perduta, perduta per sempre
nel senso della poesia, nella magia di un verso, nei righi di un
romanzo che nessuno potrà più spiegare e nessuno potrà più
capire.
Il modo, l’approccio, l’abitudine e la pazienza a ricercare la
vita e il cuore nelle parole si sono smarriti e con essi si è perso
anche il senso delle parole stesse, che risultano un inutile
susseguirsi di caratteri vuoti che non nascondono nulla e non
insegnano nulla a causa dell’incapacità dell’uomo nuovo di
coglierne il senso profondo.
Prego te ed i tuoi fratelli affinché salviate quest’anima,
affinché custodiate queste poesie e il loro significato
profondo… se vi sta a cuore il destino dei vostri figli.
Se volete davvero proteggere i vostri nipoti.

*Florilegio number one dinanimista per il promotore Zairo Ferrante, sintesi essenziale dei primi anni della nuova poetica: dal 2009, esperimento letterario, neoumanista e postavanguardia, già rilanciato -per la cronaca- da Style il mensile inserto de Il Giornale, a cura di Girolamo Melis, e dalla prestigiosa rivista poetico-culturale Isola Nera, diretta dalla celebre poetessa sarda Giovanna Mulas.

*Nota critica di Roberto Guerra tratta da: http://thefuturist.splinder.com/post/25025612/il-libro-del-dinanimismo-zairo-ferrante-i-bisbigli-di-unanima-muta

Note per l’acquisto:

A parte quelle librerie che hanno copie in conto deposito, il libro può essere acquistato o ordinato in tutte le Librerie fornendo il titolo e l’autore, e, se richiesto dal libraio, indicando uno dei seguenti Distributori nazionali: CSA PROMODIS (www.csapromodis.it) – EDIQ Distribuzioni (www.ediq.eu) – LS Distribuzioni (www.lsc.it).

Per ordinarlo alla CSA PROMODIS si può telefonare o mandare un fax al numero 080 4030109, o inviare una e-mail a ordini@csapromodis.it o compilare il modulo d’ordine su www.csdapromodis.it .

Il libro è anche acquistabile su tutti i maggiori siti specializzati online: www.ibs.it, www.unilibro.it, www.lafeltrinelli.it, ecc.

**Per acquistare il libro ora, accedere sito: AUTORI ITALIANI

** Per maggiori info sull’Autore: http://zairoferrante.xoom.it/

( CARATTERISTICHE VOLUME: Raccolta di saggi, racconti e versi intorno alla poesia – pagine 90 – prezzo 10,00 euro cod. ISBN: 978 – 88 – 96703 – 52 -6 )

 

 

 

 

“I BISBIGLI DI UN’ANIMA MUTA” ultimo libro di prosa, versi e dinanimismo di Zairo Ferrante (CSA-editrice 2011)

“I BISBIGLI DI UN’ANIMA MUTA”
Prosa, Poesia e DinAnimismo
di
Zairo Ferrante

Edito da CSA-editrice 2011

( CARATTERISTICHE VOLUME: Raccolta di saggi, racconti e versi intorno alla poesia – pagine 90 – prezzo 10,00 euro cod. ISBN: 978 – 88 – 96703 – 52 -6 )

9788896703526.jpgUna raccolta di saggi, racconti e versi intorno alla poesia. Un libro che invita a ricercare il mondo nella poesia e la poesia nel mondo. Parole che spingono ad ascoltare la propria Anima per non smarrirsi nel correre veloce dell’Umanità. Un’esaltazione del verso dai “mille usi” e della “Poesia come Madre buona di tutte le cose del Mondo”. Pagine che esortano a costruire il proprio personale viaggio senza tracciarne, anticipatamente e oggettivamente, il sentiero.
Una professione d’Amore verso l’Uomo e le meraviglie del suo Mondo.
Un invito poetico a guardarsi dentro e a immergersi nella propria vita per non subire, con superficialità, quella imposta da altri. (Nota tratta dalla quarta di copertina)

Note per l’acquisto:

A parte quelle librerie che hanno copie in conto deposito, il libro può essere acquistato o ordinato in tutte le Librerie fornendo il titolo e l’autore, e, se richiesto dal libraio, indicando uno dei seguenti Distributori nazionali: CSA PROMODIS (www.csapromodis.it) – EDIQ Distribuzioni (www.ediq.eu) – LS Distribuzioni (www.lsc.it).

Per ordinarlo alla CSA PROMODIS si può telefonare o mandare un fax al numero 080 4030109, o inviare una e-mail a ordini@csapromodis.it o compilare il modulo d’ordine su www.csdapromodis.it .

Il libro è anche acquistabile su tutti i maggiori siti specializzati online: www.ibs.it, www.unilibro.it, www.lafeltrinelli.it, ecc.

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** Per maggiori info sull’Autorehttp://zairoferrante.xoom.it/

 


E’ iniziata l’avventura del “mulo dinanimista” 1° numero del 1-7-2011

 

IL MULO DINANIMISTA

Rivista letterario-poetica d’avanguardia

Fondata da:

Roberta Murroni Zairo Ferrante

Direttore editoriale Cordinatore poetico-letterario

Voce ufficiale ed indipendente del DinAnimismo

(movimento poetico/artistico rivoluzionario delle anime)

Fondato dal poeta e scrittore Zairo Ferrante nel 2009

e

già riconosciuto come Avanguardia da una parte della Critica letteraria.

http://ilmulodinanimista.wordpress.com/

 

 

IMMAGINE fai notizia.JPGPer collaborare con la rivista scrivere una e-mail a mulodinanimista@gmail.com

avente come oggetto: “Opera per rivista il Mulo dinanimista (…tra parentesi specificare obbligatoriamente se si tratta di un Articolo, un Saggio, una Poesia o un Racconto…)“.

 

-L’Opera sarà valutata attentamente e se ritenuta idonea sarà pubblicata nel numero successivo della rivista.

 

-Le opere non saranno assolutamente restituite e non si avviseranno gli Autori sul risultato della selezione, pertanto è lecito pensare che la selezione avrà avuto esito “negativo” se non si vedrà pubblicato il proprio scritto sul primo numero successivo all’invio della e-mail (salvo diverse comunicazioni personali). La redazione, inoltre, tiene a precisare che l’eventuale non pubblicazione di un’Opera non è frutto di un giudizio sulla sua qualità ma, solo ed esclusivamente, sulla sua compatibilità con questa rivista e con i princìpi del DinAnimismo.

 

-L’opera dovrà essere inviata in formato word, carattere Time new roman 12, preferibilmente accompagnata da una breve biografia (max 4 righi) e NECESSARIAMENTE accompagnata da una delibera per la pubblicazione con esplicita dichiariazione di paternità. (Per una questione di spazio la lunghezza dell’opera non deve superare le 3 pagine compreso la nota biografica, anche se sono particolarmente gradite opere di lunghezza uguale o inferiore ad 1 pagina)

 

-Il file word dovrà essere identificato dalla dicitura “OPERA DI Nome e Cognome”.

 

N.B

L’invio di un’opera per selezione ed eventuale pubblicazione sulla rivista, vale anche come consenso implicito a ricevere ”Il Mulo dinanimista”, in formato pdf , tramite e-mail.

 

 

Ricevi!

IL MULO DINANIMISTA

 

-Per ricevere semestralmente e GRATUITAMENTE la rivista, inviare una e-mail avente per oggetto “richiedo rivista” a: mulodinanimista@gmail.com

 

-Per non ricevere più la rivista, inviare una e-mail avente per oggetto: “cancello iscrizione rivista”.

Versi di Adriana Scanferla con traduzione della poetessa Ute Margaret Saine

1896_henri_matisse_007_la_tavola_imbandita.jpgODORE DI CUCINA di Adriana Scanferla

Sobbolle pigra nella pentola
Sotto il contorto coperchio d’alluminio
Capitolata gallina prodiga
Brodo rilascia nell’acqua sorgiva

Sovrasta la rovente stufa a legna
Si espande tra le spesse vecchie mura
Odore di cucina e di pazienza

Fuoriesce dalla finestra dischiusa
Lambisce la catasta della legna
E sfugge per i campi a rincuorare
Animali boschivi affamati
In questa notte montana
Dai prati bagnati di pioggia
Dai monti coperti di neve

Avvampa calma e riscalda la legna
La vecchia odorosa cucina

2011-04-28

 

THE SMELL OF COOKING Translated by Ute Margaret Saine

 

Simmering lazily in the pot
Under the twisted aluminum lid
The prodigal hen has surrendered
Broth rendered in water has risen


Looming over the hot wood stove
The smell of cooking and patience
Expands within the thick old walls

It passes through the half open window
Surrounds the pile of firewood
And escapes through the fields to cheer
Famished forest animals
In this mountain night
From rain-soaked meadows
From snow-covered mountains

Arises a calm and warms the wood
The old fragrant kitchen

2011-04-28

*Versi ricevuti direttamente da: Adriana Scanferla.

**Quadro: ” La tavola imbandita” di Matisse postato liberamente dalla Redazione e tratto da: http://www.settemuse.it/pittori_scultori_europei/henri_matisse.htm

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DISCORSI SULL’AMICIZIA

252917_221189457902689_100000349098153_777836_155052_n.jpgBROMANCE, OVVERO DELL’AMICIZIA MASCHILE. Di Giancarlo Fattori

Nell’osservare, in una mostra, alcune fotografie di amici, scattate verso la fine dell’800, mi è venuto di pensare a questo: nella nostra sensibilità moderna hanno qualcosa di stridente, in quanto denotano un’affettuosità molto marcata, fisica, sentimentale, che non è difficile etichettare come latenza omosessuale. Ma non è così. Per paradossale che possa sembrare, a differenza della nostra epoca moderna, gli uomini allora non provavano alcun timore nel mostrare la loro amicizia anche attraverso contatti fisici, intimi: abbracci, mani nelle mani, baci. Anche negli scambi epistolari, l’uso di un linguaggio accattivante e sentimentale, che la maggior parte degli uomini moderni troverebbe ambiguo al punto da metterli a disagio, non era affatto estraneo nelle relazioni d’amicizia, così come la condivisione dello stesso letto, o lo scambio di confessioni intime. Atteggiamenti come quelli espressi in queste fotografie d’epoca erano comuni, e ci aprono una finestra su una serena virilità vissuta reciprocamente, che oggi ci appare straniera. Nell’opera poetica di Whitman, l’amicizia virile andava oltre il cameratismo, senza mai essere fraintesa.

 

 

 

Ma di cosa parliamo quando parliamo di bromance? Bisogna ritornare, per un attimo, alla definizione aristotelica di amicizia: «l’amico è colui che desidera il bene dei suoi amici per amore degli amici che sono molto più che amici, perché ciascuno ama l’altro per quello che è, e non per qualità accidentali». Per bromance si intende una relazione d’amicizia affettuosa, stretta, intima tra due maschi eterosessuali. Puramente amichevole, quindi, e priva di connotazioni sessuali. Si tratta di un rapporto di confidenza, solidarietà, emotività, e intimità fisica, piuttosto simile a quello che si instaura, a volte, tra i bambini. Il termine, poco conosciuto da noi, è un connubio tra le parole fratello e relazione romantica. Coniato agli inizi degli anni 90, definiva il rapporto relazionale instaurato tra gli skaters americani che trascorrevano molto tempo insieme.

 

 

 

Se il termine è contemporaneo, quello che esprime risale all’epoca classica, quando l’amicizia virile era considerata la forma più alta di relazione affettiva, mentre quella tra uomo e donna era vista come inferiore, in quanto legame con un essere subordinato. Nel mondo greco le amicizie virili erano l’ideale di rapporto appagante e nobile, in virtù di una connessione emotiva priva dell’elemento erotico. L’epica stessa ha tramandato episodi di personaggi maschili intimamente legati tra loro, basti pensare all’amicizia tra Patroclo e Achille nell’Iliade di Omero, agli esempi di rapporto affettivo-eroico tra David e Jonata nella Bibbia, o tra Gilgamesh e Endiku nell’epopea babilonese. Nella sfera storica, l’esempio più forte, spesso ingiustamente considerato erotico, è stato l’amicizia profonda che legò Alessandro Magno a Efestione. Ma non è da sottovalutare il patto cavalleresco tipico della storia medievale, che trova la sua connotazione mitica nelle vicende romanzate dei Cavalieri della Tavola Rotonda.

 

 

 

L’amicizia tra maschi è ancora influenzata da stereotipi culturali, primo fra tutti la paura della confidenza, dell’intimità fraterna, dell’emotività come rappresentazioni di una latenza omosessuale. In una società come quella attuale in cui gli atteggiamenti omofobici si stanno facendo più pregnanti, persino pericolosi, è difficile per gli uomini gestire l’intimità nelle relazioni d’amicizia. Eppure qualcosa sta cambiando, negli ultimi anni. Per paradossale possa sembrare, è stata proprio la cultura gay, nei suoi anni di lotte, a rivendicare il diritto dei maschi, omosessuali e eterosessuali, di abbattere le barriere degli stereotipi del maschilismo per dare più spazio alla dimensione emotiva. E molti uomini oggi si sentono più liberi e desiderosi di mettersi in gioco, di superare gli stereotipi del ruolo sessuale e della gestione dell’affettività. Non soltanto la cultura gay, ma anche le lotte femministe degli anni 70, e il loro dibattito sul maschilismo e sullo stereotipo maschile, hanno dato il loro contributo: gli uomini che oggi sentono più nel profondo di vivere una bromance sono i figli o i nipoti di quella rivoluzionaria generazione femminile. In epoca recente il mondo dello spettacolo ha visto esempi lampanti di bromance, uno fra tutti l’amicizia profonda e intensa che da sempre lega gli attori Matt Damon e Ben Affleck. Anche nel mondo della fiction televisiva o narrativa si incontrano spesso storie di amicizia virile di alto spessore emotivo: a me viene in mente il rapporto che lega Frodo e Sam nel romanzo di Tolkien Il signore degli anelli, rapporto così profondo da essere una vera e propria storia d’amore, totalmente priva della dimensione erotica.

 

 

 

Perché prima ho scritto eppure qualcosa sta cambiando? Perché il XX secolo ha visto un netto mutamento nei rapporti bromance, rispetto al secolo precedente. Lo stereotipo secondo il quale i maschi in età adulta creano barriere che scoraggiano l’intimità e l’emotività non è mai stato così forte come nel secolo scorso, e sopra tutto nell’ambito delle amicizie virili (ma anche nelle amicizie, meritevoli di  una riflessione altrettanto importante, che si instaurano tra un uomo e una donna, prive della componente sessuale). L’idea che un’amicizia fervente, ardente, fra maschi possa comprometterne l’eterosessualità è in realtà moderna. Non che l’omosessualità non fosse mai esistita, sia chiaro: essa è vecchia quanto il mondo, e in molte culture è sempre stata considerata aberrante. Ma le psicologie di primo novecento, col concetto di latenza omosessuale (vista anche come malattia, nevrosi, diversità), sommate agli stereotipi già esistenti (la confidenza come “roba da donne”, il concetto forzato di autosufficienza, la gabbia entro cui chiudere l’aspetto emotivo e le debolezze) hanno modificato l’amicizia maschile, che ha così perso la sua componente affettiva, intima.  La massificazione e l’industrializzazione hanno inoltre contribuito a verniciare i rapporti umani di competitività e concorrenza in un contesto sociale da giungla urbana. Il timore di vivere un’amicizia che possa, in qualche modo, essere vista con sospetto, ne ha modificato, nel corso del tempo, la modalità e le dinamiche. Allontanate le dimostrazioni “amorose”, l’amicizia maschile si è arricchita di altre gestualità, approfondendo concetti guida: la virtù intellettuale, l’abbraccio saldo, la pacca sulla spalla, la lealtà, il sodalizio, la complicità, la stima, la condivisione di momenti piacevoli (la birra, lo sport, la musica). C’è poi un altro aspetto da tener conto, cioè che in passato la struttura sociale stessa era differente, nel senso che uomini e donne hanno vissuto, fino al giorno del matrimonio, in mondi separati, con scarsa o nulla interazione tra i sessi, permettendo così di incanalare l’intensità dei legami e il bisogno di affetto e emotività anche fisica in una dimensione che viene definita omosociale.

 

 

 

Forse è soltanto nella sfera militare che il maschio del XX secolo ha continuato a vivere legami affettivi saldi. Che si parli delle drammatiche esperienze di guerra, o della convivenza coatta nel mondo delle caserme, la realtà di questo universo totalmente al maschile ha contribuito a creare legami intensi, di vera fratellanza, che spesso si protraggono negli anni seguenti. Questo è valido in modo particolare per chi ha vissuto la tragica realtà delle guerre, realtà che ha fatto emergere situazioni, spesso anche toccanti, di protezione, consolazione, condivisione, coraggio, fedeltà all’amico. Ma anche al di fuori della realtà bellica, in un contesto militare di pace, il cameratismo è sempre stato un elemento fondamentale nella creazione di “amicizie per la pelle” che, come sostiene lo psicologo Marco Garzonio, è una «metafora in cui la pelle è intesa come vita, a indicare il legame tra compagni di battaglia a cui si affida la propria incolumità». È interessante notare come proprio nel mondo militare, così pregno di palese maschilismo, si possano instaurare legami profondi, senza una presenza omofobica che possa fare da intralcio. Oggi, in Italia, questa dimensione di coesione sociale e di rito di iniziazione è venuta a mancare, grazie alla soppressione della leva obbligatoria: se questo sia un bene o un male, non è compito dirlo in questo contesto, così come non è compito dire se l’introduzione delle donne in un universo prettamente maschile abbia in qualche modo influenzato questa coesione.

 

 

 

Le cose, però, oggi stanno cambiando, come scrivevo prima. Si assiste a un ritorno della sfera intima e affettiva nel mondo delle amicizie al maschile. Alcuni studi sociologici affermano la positività di questo aspetto, in quanto la solitudine, la stereotipia, l’isolamento, il desiderio di abbattere luoghi comuni ormai logori, stanno portando i maschi del nuovo millennio a riscoprire il valore dell’emotività. Gli uomini che lo fanno vivono più felici. Oggi un uomo che non teme di mostrare la propria fragilità, le proprie lacrime, non è più considerato un uomo debole e, agli occhi di chi non smette di lottare per abbattere barriere, assume una forza straordinaria. Il maschio si rivela umano e sensibile, com’è giusto che sia. Anche nei legami d’amicizia, l’uomo sta tentando di recuperare una sua propria ridefinizione, allontanandosi dal modello imposto dalla cultura degli stereotipi, per avvicinarsi di più al concetto classico, aristotelico. E attingere con più coraggio alla propria realtà interiore fatta di emozioni e sentimenti. C’è sempre più bisogno di sfidare la barriera dell’imperante cultura omofobica, di raffigurare l’amicizia virile con l’immagine di due uomini uno accanto all’altro con lo sguardo rivolto verso se stessi e verso l’esterno. Si assiste oggi, e ci si augura di assistere anche in futuro, alla presenza di un uomo nuovo, e di un modo nuovo per lui di costruire rapporti e relazioni. L’amicizia vera tra uomini è basata su elementi fondamentali, quali la mancanza di giudizio morale e critico, la sincerità, la fedeltà, la complicità, l’aiuto disinteressato. Ma oggi possiamo anche aggiungere l’elemento romantico, affettivo, intimo, senza che questo debba essere guardato con sospetto: amici che si guardano, che si accarezzano, si tengono per mano o si sorridono, come dovrebbe essere. Perché l’amico, come la moglie, il figlio, è colui che si ama “per quello che è, per il suo bene”.

 

a Nino

 

*Saggio ricevuto direttamente dall’Autore.

 

**Quadro del Pittore Carofalo Vincenzo, ricevuto dallo Stesso.

VERSI DI DANIELA SCHIARINI – QUADRO DI NICOLA VILLANO

 

danielia schiarini,nicola villano,versi,quadri,dinanimismo” Lasciami scia … ” Poesia inedita di Daniela Schiarini

 

Planerò

 

nel tuo oblio

 

costellato

 

di emozioni

 

che non tocchi

 

che non vedi

 

che tu sogni

 

e poi depredi.

 

 

 

Ho planato

 

nel tuo oblio

 

vecchio uomo

 

addormentato

 

Tu sei vecchio

 

lo dici spesso

 

quando scruti

 

nello specchio

 

il riflesso

 

di te stesso.

 

 

 

Donami …

 

la tua andata ebbrezza

 

Sfiorami …

 

con la tua tristezza

 

 

 

Tornerai

 

ad esser vento

 

e un tuo soffio

 

al mio respiro

 

volgerà

 

al firmamento

 

quel sentire

 

che si cela

 

trasformandomi

 

in tua vela.

 

 

 

A te lascio

 

una carezza

 

e un sentimento

 

desiderato

 

che soltanto

 

nell’ attesa

 

vedrà

 

l’ anima tua

 

arresa

 

al mio flebile

 

lenire

 

quel tuo eterno

 

divenire.

 

Al Dinanimismo e al nostro primo anno di viaggio insieme nel Web.

**Quadro “Natura Morta con Volto” di Nicola Villano liberamente postato dalla Redazione.

***Versi ricevuti direttamente dall’Autrice.

 

DINANIMISMO: FUTURISMO INVERSO, ALLA RICERCA DELL’ANIMA SMARRITA

Benedetto ciclista1926.jpg 

DINANIMISMO: FUTURISMO INVERSO, ALLA RICERCA DELL’ANIMA SMARRITA

di

Zairo Ferrante

“Ciclista” Enzo Benedetto 1926, quadro che qui potete ammirare capovolto

Il grande merito del futurismo, e lo si evince già dal nome, è stato quello di saper leggere il futuribile. Infatti, Marinetti e i Suoi intuirono che il mondo stava per cambiare, capirono prima di tutti gli altri che il progresso e la tecnologia stavano per diventare delle costanti della società e non più eventi estemporanei.

Fu così che grazie ad una genialità senza paragoni, seppero elevarsi a “Maestri di Anime” e, per mezzo della loro produzione artistica, presero per mano l’uomo dell’inizio ‘900, ricco di “pathos” ma non pronto per il progresso, e lo accompagnarono nel “mondo tecno-sviluppabile”.

Oggi, in un mondo “tecno-sviluppato” in cui la scienza e il progresso sono delle costanti giustamente inarrestabili, l’Artista deve fare esattamente il contrario.

Bisogna, infatti, che la produzione artistica aiuti l’uomo “pre-robot” a ritrovare e a far ripartire la sua Anima disorientata dall’eccessiva velocità e dai numerosi input che arrivano dai media, dalle vetrine e dalla globalizzazione.

Queste parole possono sembrare eccessive – o meglio folli – ma sono, secondo me, necessarie affinché tutti si rendano conto che a breve quello che distinguerà l’uomo dal “post-umano” sarà proprio il suo sapere e dovere “fare anima”.

Quel “fare Anima” che si compie nell’introspezione, nella riflessione, nella capacità critica e discriminativa tra ciò che è bene e ciò che è male.

Quel “fare anima” che in un turbine di velocità si sta perdendo e che il DinAnimismo, invece, invita a non sottovalutare.

Anima che va recuperata anche per mezzo dell’arte, che deve essere semplice, della gente, immediata, per la gente, forte e sconvolgente proprio come quella futurista.

Ecco che, in virtù di quello appena scritto, ritengo che il DinAnimismo, la sua idea di arte, la sua indipendenza (intesa anche come assenza di vincoli per tutti coloro che in qualche modo sono in sintonia con esso) e la sua singolarità (mantenuta anche incarnando un sentimento probabilmente comune e diffuso), dovrebbero essere da tutti considerati, rispettati ed eventualmente ampliati e/o modificati in comune, dalla gente, per il futuro comune e per la gente futura.

Il DinAnimismo è un’idea libera, ne accetta altre e difende le opinioni di tutti, non in virtù del loro essere favorevoli o contrarie, ma in base al loro esistere, essere e voler continuare a essere libere.

Ricordate: il Futuro senza l’Anima non esiste perché non lo si può né immaginare né costruire.

ZF

 

DOPPIA E PRESTIGIOSA SEGNALAZIONE LETTERARIA PER IL DINANIMISMO

via cialdini,bluarte,riviste,michele luongo,antonella iozzo,dinanimismo,segnalazione,zairo ferranteIL movimento Dinanimista e le sue attività presentate su due prestigiose ed autorevoli riviste letterarie on-line:

VIA CIALDINI Rivista di Cultura e Informazione,diretta da Michele Luongo (PER LEGGERE L’ARTICOLO: CLICCARE QUI).

 

BLUARTE Arte Cultura Informazione, rivista ideata e fondata da Antonella Iozzo e Michele Luongo (PER LEGGERE L’ARTICOLO CLICCARE QUI).

 

*Proprietà foto presente in questo post di: Zairo Ferrante.

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