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Prosa poetica di Roberto Lo Presti

beata-madre-teresa-di-calcutta.jpgPoesia “Su Madre Teresa di Calcutta”

di Roberto Lo Presti

La forza,l’intelligenza nascosta e spesso velata,l’energia del mondo nelle tue piccole dolcissime mani di mamma,sorella,amica,confidente,suora,infermiera,madonna vestita di poco,esile ed apparentemente vacillante,dolcissima nel sorriso amaro dello specchio della sofferenza immane di:uomini senza casa,vita,respiro,speranza,dignità,sporchi legni sanguinanti gettati nel fango più del fango,immagine unica irrepetibile,misticissima,serenissima,decisissima,Vangelo aperto e voluminoso,ricchissimo di vita,di fascino,di infinito amore e serenità…Grazie,sorella mia,mia mia mia tutto…, il mondo intero ti abbraccia con un profondo sorriso ,misto al pianto dirotto,di chi ha capito di aver tanto sbagliato…Amen

Roberto Lo Presti: Laureato in  Economia e Commercio a Messina-  Conseguita Specializzazione in Economia Aziendale c/o l ‘Università ”L.Bocconi” in Milamo (corso biennale con 18 discipline d’esami)- Abilitato all’insegnamento di: Matematica x le Scuole Medie- Abilitazione per le Discipline Economico-tecniche aziendali  nonchè Giuridiche economiche e Turistico-alberghiere;dottore   commercialista e Revisore dei conti- Docente ruolo presso gli I.T.C. ( Ragioneria e Tecn.comm.le) –Cultore della materia: Statistica (Univ. Messina)–Docente a Contratto (Univ. ME) e Docente a contratto integrativo  da   8  anni c/o l’Ateneo di Messina-( di Economia Aziendale- Economia  -Economia applicata). Libero appassionato di Arte e di Poesia.

*Foto tratta da: http://www.frasibelle.net/madre-teresa-di-calcutta.html/beata-madre-teresa-di-calcutta

Versi di Un poeta per tensione

barbari_fondo-magazine1.jpg“Barbari”

di Martin Ricco

Ieri 

Ho visto le rondini ( tante ).


In un rovo centinaia d’api a suggere un fiore.


A casa con voce lontana il tg. parlava della fame nel mondo

del rincaro del riso, di scontri nelle piazze asiatiche e mediorientali

accaparramenti di cibo nei super market americani.


Beati i barbari che con 10 kg. di riso si illudono

di comprare l’immortalità.


Alzo lo sguardo e le rivedo..

gioiose

testimoni di continuità.

Martin Ricco (questo è il suo pseudonimo): è poeta e pittore ferrarese, scrive e produce per vocazione e tensione d’Animo. Non cerca verità, ma solo momenti. Ecco perchè non vuole essere ricordato, se non per il momento descritto.

*Immagine “i Barbari” tratta da: http://www.mirorenzaglia.org/?p=15756

Versi di Maria Teresa Sica

34521_138222812874476_100000602747842_288468_8217882_n.jpgIMMOBILI  da “Voli Emozionali”

di Maria Teresa Sica

 

Seduta di fronte a te sfioro i contorni del tuo viso, i tuoi capelli,

sorrido, dolcemente, ed i miei occhi sembrano sereni.

La tua espressione è grave, ma i tuoi occhi lucenti la tradiscono,

vorresti accarezzarmi, resti immobile.

Dolci sensazioni fanno vibrare i nostri corpi, le nostre menti,

comunichiamo, silenziosamente, ed intorno sembra esserci il vuoto.

Vorremmo poterci scambiare in dono un magico istante carico d’affetto,

non possiamo, restiamo immobili.

Per un attimo ti regalerei tutta me stessa,

per riempire, con amore, quel vuoto che pare ti accompagni,

colmare fugacemente un bisogno d’amore che ci teniamo dentro,

e dare, a te che sento così dolce, ma resto immobile.

Scompare il mio sorriso, sparisce la luce dei tuoi occhi,

la mia mano s’allontana dal tuo viso.

Rumori.

Scompare il vuoto intorno.

*Quadro: “Donna e Dama” della pittrice messinese Francesca  Lo Presti

 

 

 

Biografia della Poetessa:

 

Nata a Napoli il 15 Aprile 1967 Maria Teresa Sica è una maestra di scuola elementare. Diplomata ISEF, per un breve periodo ha gareggiato come mezzofondista; tecnico audiometrista, nel periodo in cui era tirocinante in ospedale ha seguito un corso di LIS (lingua italiana dei sordi) perché trovava necessario saper interagire con i pazienti che ne avevano bisogno. Molto di quanto appreso nella sua formazione, in particolare le nozioni di fonetica, logopedia, fonologia e linguistica, le utilizza nell’espletamento della sua attuale professione; ricorre anche alle conoscenze di acustica, per avvicinare i suoi alunni alla musica ed al canto, il quale rappresenta da sempre una sua passione cui si dedica a livello amatoriale. Il percorso professionale è affiancato da molteplici interessi: oltre il canto c’è la matematica, intorno alla quale ha effettuato uno studio sui numeri primi pubblicato su una rivista on-line; la grafica pubblicitaria, che ha perfezionato seguendo un corso inerente; l’astrologia, cui si è dedicata per un periodo interessandosi a quadri astrali, effemeridi, aspetti ed relative influenze sulla personalità; la scrittura, che ha abbracciato sin da adolescente dando origine a poesie, testi ed altre produzioni molte delle quali… ancora inedite.

Nel dicembre 2009 ha pubblicato “Voli Emozionali” una raccolta di poesie caratterizzate, più che da una metrica, da un ritmo musicale interiore; il libro, a detta di chi lo ha letto, è un profondo viaggio nelle emozioni che, espresse in maniera semplice e fluida spingono alla riflessione ed aprono, in parte, la via per meglio conoscere la natura dell’autrice.

Poesia di Zairo Ferrante

E SCORRONO I POETI

di Zairo Ferrante

18434_103344779687158_100000349098153_78159_5988403_n.jpgE scorrono i Poeti

come fiume argento vivo

a perdersi nel mare.

Molti sono già passati

Alcuni sono passanti

Qualc’altro, e questo sono io,

è morto giovane.

E frugano i Poeti

tra le lacrime della gente.

A loro poco importa

quando piegano,

a fatica,

le parole nel recinto d’una pagina.

Ed ecco ché li deridono,

quando parlano i Poeti.


Perché non sono nulla

se si esclude la loro voce.

Perché contano meno,

quando in silenzio,

della gente

un poco…,

portan la Croce.

 

Zairo Ferrante

26-1-2011

Copyright©2011: http://zairoferrante.xoom.it/

Dedicata ai Poeti, a Chi fa poesia, a Chi

la poesia la vive nel silenzio del Cuore.

*Quadro: “Mendicante” di Carofalo Vincenzo

PER ALDA MERINI…di Francesco Masia

01_352-288.jpg Sa torrada de Alda” ……………………… “Il Ritorno di Alda”

Tue delicadu puzzoneddu……………………Tu fragile uccellino
bennida a plagiare ……………………………venuta a sedurre
chie già t’amaiada…………………………….chi già ti amava
pro ettare subra sa pedde nostra……………….per versare sulla nostra pelle
durchesa e poesia………………………………dolcezza e poesia
chi nd’est brinchende de innozenzia…….che trabocca d’innocenza.

Milli farses………………………………….Mille frasi
isparghes dae cue subra…………………….espandi da lassù
comente ddelizia de asos…………………….…come delizia di baci
inondas su tou passare………………….….. inondi il tuo passar
gemende de tanta innozenzia………………gemendo di tanta innocenza
in d’unu mare de eterna mitezza…..in un mare di eterna mitezza!!!

*Foto tratta da: il sole 24 ora.com

E PER STILE…MONTALE NON FU ASSASSINATO

Ho ricevuto, pubblicandolo di seguito, uno degli scritti più stupefacenti e sorprendenti che mi sia mai capitato di leggere. Chi mi conosce e chi mi legge, sa benissimo che non uso aggettivi e superlativi a casaccio. Nelle pagine che seguono, infatti, troverete quello che, l’Amico e Scrittore, Girolamo Melis ha assemblato e mi ha spedito. E se la grandezza delle persone e proporzionale alla grandezza delle loro idee, allora, non sbaglio ( non sbagliate) a ritenere Girolamo Melis un grande Scrittore. E sono sicuro che anche, il “semprevivo” e Genio, Montale, potrà, ora, sorridere di questo, dall’alto della sua Poesia, “sbracato dentro una giacca-camicia”.
Zairo Ferrante
37.
Eugenio Montale
Mi fece impressione rivedermelo davanti, accasciato su una seggiolina nella stretta Libreria di Cesarino Branduani, vivo pur se non vegeto, lui, il “poeta laureato”, il signor perito  Eugenio Montale. Scampato, senza saperlo, all’attentato letterario della Linea O, il Poeta non batté ciglio nel vedermi né alla presentazione che fece di me Cesarino. Gli ero del tutto sconosciuto, ma anche se gli fossi stato noto, la sua granitica e scostante superbia non gli avrebbe mosso neanche un pelo umano. Tuttavia mi porse una mano assente ma forte, che si distaccò di pochi centimetri dal corpo sbracato dentro una giacca-camicia.

Quando Cesarino gli disse che ormai vivevo a Parigi, si ravvivò e mi guardò attraverso le occhiaie cadenti,  mi lanciò una domanda da vecchio Premio Nobel strappato dalle terze file: “Che dicono di Montale, in Francia?”

Gli risposi con una bugia letteraria: “Lei ha scosso il vecchio cuore intelligente della Francia di noi tutti…” Che cosa capì? Ci credette? Che cosa credette?

Non parlò più ma fece cenno a Cesarino di tirar fuori il suo nuovissimo libro Fuori di casa, lo firmò e me lo porse. Lo ringraziai e mi venne di carezzarlo, quel triste vecchio. Ma non riuscii a farlo, per rispetto e per affetto verso il grande Beniamino, ideatore di un mancato omicidio perfetto.

(Anni dopo, quando scoprii che alla furia collezionistica del mio caro amico Marcello Dell’Utri, quel libro poco noto, e con la prolissa dedica di Montale a me, avrebbe fatto molto piacere, glielo regalai immediatamente. Marcello ne fu contento e  i miei amati Poeti di casa mi sono ancora grati.)

 

(da Il Corpo è tutto)

 

Omicidi Letterari,

cortiletto del bar Giamaica. Milano 1961

 

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Nella foto, Beniamino dal Fabbro

Per essere certo che non sbagliassi mira, abbassò l’occhio in linea col mio fucile immaginario, mi sorresse il gomito sollevandomi lievemente la mano.  E disse: “Fuoco!”

Passammo quasi un’intera estate (l’estate del 1961) a progettare l’assassinio di Eugenio Montale.

Fu una delle estati più belle della mia vita. Con il grande Maestro Beniamino Dal Fabbro, atrabile cronista di Musica, spietato svelatore di note false e di arbitrii divistici, delizioso studioso d’arte pianistica (Il Crepuscolo del Pianoforte, Einaudi) e pianista per i rarissimi amici, ci scegliemmo a prima vista. Ci stringemmo e ci “rendemmo omaggio” con ironia goldoniana, e giocammo la Vita Spericolata, la sopravvivenza dandistica nel Secolo della mediocrità calcolata. Fummo inseparabili per alcune estati: ci accomunava la Lingua e la Poesia Francese, Dostoevskij, il “non-parlare-mai” del perito edile Montale, la tenerezza per Salvatore Quasimodo, l’ombrello amato da lui e odiato da me, e il camminare.
Seduti al Bar Giamaica, lungi dalla ristrutturazione, curammo nei dettagli il compimento della nostra missione. “Una missione umanitaria”, la definiva il grande Beniamino: colpendo al centro della fronte il poeta Montale un attimo prima che i battenti dell’autobus “S” si richiudessero, e contando sulla sua maleducazione che lo faceva stare aggrappato ad entrambi i montanti di ferro cromato, ostruendo la salita e la discesa degli altri passeggeri, il Montale non avrebbe mollato la presa ma, reclinando il capo con il proiettile tra i sopracciglioni, sarebbe rimasto così, sostenuto dalle porte chiuse.


La successiva fermata della “S” era proprio di fronte all’ingresso principale del Corriere della Serva, al 28 della via Solferino. Le porte si sarebbero riaperte e il Montale ne sarebbe rotolato fino a presentarsi davanti alla dimora dei “suoi padroni”. Perché “missione umanitaria”? Così avevo chiesto a Beniamino Dal Fabbro quando mi propose di eseguire il piano.
La sua risposta era stata: “Così il Montale, dopo una vita passata ad entrare dalla porta di servizio, potrà finalmente entrare dalla porta principale del giornale dei suoi padroni!”
Rinunciammo al Bel Gesto quando, dall’America, giunse la notizia che Hemingway si era puntato il fucile sotto il mento e si era fatto saltare il cervello. Così Beniamino dichiarò decaduto il nostro progetto con le seguenti parole: “Troppo banali, queste morti per arma da fuoco…”

 

 

Da http://girolamo.melis.it/

 

(a Beniamino Dal Fabbro)

Il grande Beniamino

 

 

Mi manchi Benjamin rasente i muri

ho inseguito furioso i quarantanni

l’abisso affìne dell’età

t’ho sfidato a superarti

io vecchio e tu tornato adolescente

che tanto eri già

gestuale sacrificale

dentro attraverso il goliardico

confessionale

così battesimale

per accucciarmi accanto al pianoforte

al quale irato tu ricostruivi lo spartito mozartiano

cazzo urlavi il divino Mozart l’ha scritte così

e così e così queste note

non come il Benedetti Michelangioli le insulta

con le sue piote segaiuolvirtuose

bresciane bresciane

poi anche a me non le mandavi a dire

scazze feroci contro i pavesini e i vittorini

e i cecchini e i pratolini

toscanelli e aspiranti toscanini

non te n’andava bene una cristo

ma sai gliè che nessuna era bene

e la bellezza già in quell’affacciarsi

degli anni sessanta

era altrove

 

…gruppano ora dentro un vagolare

ànfanano e s’incrostano

armenti pacifisti inzaccherati

d’analfabetiche scorie 

Benjamin

c’era già Pasolini e parlava e scriveva e grandiosamente vedeva

le morenti generazioni

eppure le voleva salve a colpi di linguaggio

e non si dilettava negli agguati

abissalmente nuovo

ma Eschilo mica Flajano

sparava in bocca nel luogo d’afasìa

ai nuovi scolari ai nuovi maestrucoli

alla italiana linguetta

e diàva in Lengua

i milioni e milioni

che smerdavano il Sacro

e a Milano era amato dai rari

non dai vagheggiatori dei giangiacomi

 

…vedi sonnambulano

scuoiate bucherellate

sul fronte telecamera

mentre le braghe cacherellanti

ristagnano tra i risvolti di carni

e le frollate carte d’identità

le clonecàpre manco s’inerpicano

né precipitano se ne stazzano nell’ordinaria

lista d’attesa del burrone

alle costole dei clonecàpri trìffidi

lì nei paraggi d’un ticket usato

 

…e ti sembrava merda Benjamin

quando isterici Rumi & Garelli

razzavano le sottane deserte a Brera

e profittando di basse metriche

assonanzacce allitterazioni contrepèt al Montale

perito industrial Eugenio

topesco e corrierato di boria

e olé che entrino i còmici

prima dello spettacolo dell’attentato

olé

buster keaton

e wurstel crauti

e chatta nooga

e taras bulba

e coca cola

e walzer lento

e santo maso

e cassi nari

e mentre i cosiddetti minori

musicologi a ore e inchini

al Commendator Meneghini

e imbrattatele “ce l’hai un mila?”

entrava la Poéta aggrappata

al risottino delle Pirovini

aggratis

e lì su due ginocchi tremanti

t’obliteràva la Poèta

per una notte al caldo

olé

olé Benjamin

passavi all’azione verlainiana

e mi donav’iperdosi

d’aristocratico disprezzo

portando acqua al mare oceano

sanquirichese

e allora procediamo? Procediamo

 

il fucile ce lo metto io lo tengo

incollato sotto lo Steinway a coda lunga

oliato e pulito

e tu ci metti la mira oh senesìno

costì ò costì io resto accanto

allo spigolo del Ponte di Brera e batto il tempo

come arriva la “S” e si spalanca la prima porta

e il tronfio nobel mancato si scopre

ai montanti del bus

immontalato come un creditore

lo sguardo perso sotto i suoi livori

e prima che i battenti s’accostino

all’uopo di sfornarlo

flaccido e prono all’uscio

principal del Corsera –

un attimo un attimo oh ghibellino

e stciumm colpo secco nel centro della fronte

vetri rotti di bottiglia cocci

e il Montale s’accàpa ai battenti

e non stacca le mani e resta lì

laureato sul campo e rotola

alla fermata della sua Stoccolma

al sacro numero della via Solferino

 

e tosto gli ruscellano intorno

buzzati e gramigna

giansiri ferrati

anceschi belli freschi

e la crespi disadorna

e chi è stato! e chi ha osato!?

sacrilegio all’erede del Pascoli

e per giunta bello fresco

ma no Benjamin non potrebbe

no non è stato il corvo di Belluno

non ci vede d’un palmo

c’è una mano sicaria –

a Brera a Brera!

 

ma il Montale vivrà

putrescente da vivo

falso allarme non è morto

Benjamin

era solo una prova una prova generale

senesìno però l’angolatura era buona

la prossima volta

la prossima volta

ma non c’è mai stata Benjamin

ti ricordi?

ben altri scoops e shots

venivano d’America

l’Hemingway sì che s’è piantata in gola

la fedele Winchester

e a Marylin gliel’hanno fatta

i gesti son finiti e le canzoni

si perdono tra terrori e tremori

perché dannarci l’estasi nel segno

grandioso di Rainer Maria Rilke

spargendo pallidosangue ligure e non gallo

ad inquietar galline

 

rinunciammo Benjamin

ma non all’ira

e io qui sopravvissuto perfino alla Milano del  Bettino

scappicchiato e tornato qui non cedo

a levar mani e dare in smaniose

scenate al Biffi Scala.

 

Sto aggrappato all’invettiva

al fertile disprezzo.

 

 

 

 

Da Odio Amore Furia

*Materiale ricevuto dallo scrittore Girolamo Melis

Estratto di Roberta Murroni

iceberg.jpgIn verità vi dico: dissolvetevi.
Si ,dissolvetevi! Perché tanto, come ben vedete, non potrete mai scaldare il cuore di un iceberg.
Ride di voi, si prende gioco di voi.Poi vi frantuma. Mille piccoli pezzi, sparsi per terra, uno sull’altro,uno sotto l’altro.
Tanti pezzi di carne e sangue.
Non so più dove raccogliere parti di me.
Mi mancano delle dita, un occhio, una delle mie tre paia di labbra: non mi trovo più.
E non mi riconosco.
Esternamente tutto è perfetto, ma basta cercare.. trova il tarlo! Trovalo e buttalo fuori!

Ah, dissolvetevi! Allontanatevi finchè potete! Sotto viso d’angelo Mostro si nasconde!
Annientatelo con il fuoco! L’iceberg perirebbe solo con un alito caldo dopo un bicchiere di caffè.

VERSI DEL MAESTRO BEPPE COSTA

robertlenkiewicz_21.jpgDi seguito ripropongo una Poesia che mi è stata gentilmente regalata dal Poeta, Maestro e stimatissimo mio “Consolatore” Beppe Costa. La ripropongo con l’intento, tramite le parole e finchè il dinAnimismo avrà vita (…e non so, quindi, per quanto tempo e come), di proseguire la mia battaglia contro l’Indifferenza.

Indifferenza: pane con cui tutti noi, purtroppo, quotidianamente ci saziamo.

I versi che seguono nascono con  una dedica all’Intramontabile Alda Merini, ma qui, li ri-scrivo, aggiungendo una dedica ad un’Altra grande dell’Arte e della Poesia, Goliarda Sapienza, che , come Beppe Costa giustamente sottolinea avendoLa più e più volte difesa e sostenuta: “libri, convegni, associazioni ed è morta sola, per tre giorni nessuno se n’è accorto e senza i soldi per le sigarette. Ora edita in mezzo mondo”.

Zairo Ferrante

Elogio del corpo morto
…di Beppe Costa

ad Alda Merini

 

i poeti il cielo

lo vivono

gli altri

lo raggiungono

o tentano

dopo, se,

solo dopo

 

i poeti

non hanno amici

bisogna prima

concedere loro

il corpo

 

il loro corpo morto

così che poi possano cantarli

con pochi spiccioli

di tempo

e di denaro

 

i poeti

non hanno amici

si battono forte

per averne

almeno uno

ma è questa l’unica cosa

che non riescono a vedere

di tutto il resto sanno

o imparano

 

forse per questo

i poeti

non muoiono mai

e lasciano lì

il corpo

affinché

sia ammirato,

mostrato, lodato

 

il loro corpo morto

e le loro righe

che non muoiono mai

 

cercano di descrivere

a chi resta

quanto sia dura la vita

e tenera la morte

e che fatica immane

per conquistarla

**Quadro di Robert Lenkiewicz tratto da: http://100cosecosi.blogspot.com/2010/01/scoperto-il-patrimonio-segreto.html

Versi in lingua Sarda di Francesco Masia

168237_190404407643206_100000209438038_767934_2478882_s.jpg**”Versos pro s’ischidada” “Versi per il risveglio”

di Francesco Masia

Non bi ada peraulas o versos .. /Non ci sono parole o versi,
solamente sentimentos /
solo sentimenti.
Abbaidende! /
Guardando!
fiores pius bellos de ammirare /
fiori più belli, da ammirare,
fiores chi faeddana /
fiori che parlano
De calchi cosa chi ada a suzzedere. /di qualcosa che accadrà.

Chelzo arrivire a cras manzanu /Voglio solo arrivare all’alba
a cando sa lughe /a quando la luce
est pius’acculzu a domo mia /è più vicino alla mia casa.
e si ada a bidere chi appo iscrittu /Si vedrà che ho scritto
e tue tes’aere leggidu calchi cosa /e tu avrai letto qualcosa.

Sovente suzzedidi a mie! /Succede spesso a me!
e non isco si tue las legges /Non so se tu leggerai,
non isco si ti ana a toccare /non so se sentirai qualcosa.
Isco solu/ So soltanto!
Chi onzi notte mi auguro /Che ogni notte mi auguro,
chi siada cuntentu su tou ischidare./ felice il tuo risveglio.

Franco(Francesco) Masia madre Algherese e padre Ittirese, nasce nel 1954 in un piccolo centro della Sardegna, Tula in provincia di Sassari, dove attualmente risiede, sposato con Graziella.
Sin da ragazzo è appassionato di poesia e letteratura, dovette abbandonare presto gli studi per dedicarsi al lavoro attivo negli anni 70 per necessità contigenti.
IL secondogenito di un nucleo familiare composto da un fratello minore e 4 sorelle.
Da giovanissimo continua ad acculturarsi in privato frequentando con sacrificio vari corsi di specializzazione, intraprende ed è titolare di una piccola impresa edile (figlio d’arte), lavorando quasi sempre fuori dal paese, ed in particolare in Costa Smeralda.
La sua alta propensione all’ associazionismo lo porta nell’organizzazione imprenditoriale a ricoprire i massimi livelli dirigenziali:Presidente Provinciale,
dirigente Regionale e per 10 anni componente la direzione Nazionale.

Nel 2004 è colpito da ischemia acuta, gli viene riscontrata una cardiopatia, è costretto all’infermità,ed i medici ne consigliano il totale riposo.

Oggi con piglio si dedica più assiduamente a quanto, da piccolo abbandonato, mettendo a frutto tutte quelle sapienze ed esperienze: umane, sociali, lavorative, sindacali e associazionistiche vissute.

OPERE:

a) libro in lingua Sarda pubblicato nel 2007 composto da ottanta liriche edito dalla Magnum Edizioni dal titolo “Tribulias”.

b) libro in lingua Sarda pubblicato nel 2009 composto da 130 liriche edito dalla Cirronis Editore dal titolo “Istinchiddias e Buttios”.

c) Libro in lingua italiana dal titolo “Canti,Pianti e rimpianti” 32 pesie edito dalla Riflessione Edit. pubblicato nel 2010;

d) Romanzo-verità in lingua Italiana, pubblicato dalla Magnum Edizioni dal titolo “disFAIDAnte”.

e) In itinere pubblicazione del libro “Boghes a bentu”-“Voci al vento” 52 Poesie in lingua sarda con a fianco traduzione editerà la Riflessione Edit.

f) In itinere pubblicazione del libro “Duas limbas duos coros”-“Due lingue due cuori” 52 Poesie in lingua sarda con a fianco traduzione.

**Versi ricevuti dallo stesso autore

VERSI DI BEPPE COSTA

Beppe_costa.jpgAmore e Dio di Beppe Costa

Certo avrei voluto fossi Dio
se avesse saputo che molti soffrono l’amore
avrei creato come l’universo
le coppie eterne
le coppie senza fine
ad ogni innamorato la donna giusta
ad ogni donna un uomo senza frusta.
Ma Dio e, certo per distrarci,
e dare giustificazione anche all’inferno,
ha sbagliato pure in questo:
l’amore non è eterno

*Versi gentilmente concessi, dietro richiesta, dallo stesso Autore

Beppe Costa (pseudonimo di Concetto Costa) (Catania, 25 agosto 1941) è un poeta, scrittore ed editore italiano.

Vittoriano Esposito descrive Costa come l’ultimo autore post-romantico e neo-romantico: la continua ricerca (impossibile) di un amore puro, nella sua anima più intima, e la lotta contro il consumismo ed il profondo senso anti-sociale della cultura moderna, auspica, quasi in maniera visionaria nell’arco della sua produzione poetica, il momento in cui l’uomo riuscirà a vivere senza rubare / a vivere senza odiare / a vivere senza ammazzare….BIOGRAFIA CONTINUA SU WIKIPEDIA