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La speranza in versi…

 

SOAVE

di

Zairo Ferrante

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Nel mare in tempesta disperso

con il cuore nell’anima perso.

Desolato, allontanato, ripudiato,

dalla luce del Sole abbandonato.

Legato per la gola all’albero maestro

di questi tempi,

quando per morire è forse presto.

Vento, pioggia, bufera e tempesta.

Paura nell’acqua che bagna la testa.

Raggio di sole che aspetti dal giorno prima e

speranza che cerchi dalla prua ogni mattina.

Piangi, imprechi e maledici il tuo viaggio,

ma in fondo sullo scoglio ecco il miraggio.

Mirabile, soave e dolce canto

con forza copre il tuo pianto

nel giorno in cui morivi con le tue pene,

risorgi per il sorriso di mille sirene.

Ti prendono e ti portano per mano

e ti scivoli dolcemente via lontano.

Il vento ti sospinge sulla riva

e t’impregni dell’odore della vita.

Mille sirene cantano in coro

soave canzone di morte beffata.

Mille sirene gridano piano

soavi parole di vita rubata.

Tratta da: ” I bisbigli di un’anima muta” di Zairo Ferrante CSA-editrice (2011)

LA FELTRINELLI.it:

http://www.lafeltrinelli.it/products/9788896703526/I_bisbigli_di_un%27anima_muta/Ferrante_Zairo.html

http://www.autoriitaliani.it/autoriaffiliati/zairoferrante/


**Foto del quadro ” Ulisse e le sirene ” – 1891 John William Waterhouse – liberamente tratta da: http://www.settemuse.it/pittori_scultori_europei/john_william_waterhouse.htm

Il veleno dell’Amore in versi…

DEL TUO ESSERE VELENO…
di Giancarlo Fattori
 
Del tuo essere veleno
conosco ogni goccia:
quella che mi terge
il pianto all’alba,
quella che, di notte,
risveglia in me la belva.
E’ pallida essenza
dannata a esser ombra,
che all’aroma dell’amore
m’imprigiona, e m’inganna,
al tuo errare eterno
tristemente m’incatena.
Una luna dopo l’altra
attendo la sua morte,
tra le braci del mio letto
che ci fungono da tomba,
adagiati nella brezza
che lontana ci disperde.

*Versi ricevuti direttamente dall’Autore

**Foto del quadro di Jean André Rixens – The Death of Cleopatra (1874) – liberamente tratta da: http://deaminerva.blogspot.it/2008/11/la-morte-di-cleopatra.html
 
 

CONFESSIONE SEGRETA DI UN AMORE PERDUTO.

images.jpgNon è facile raccontarmi, non vorrei essere scoperta e messa a nudo, ma lo devo a me stessa e al mio grande amore di un tempo, che ora non c’è più. E non c’è più non perchè sia morto, ma perchè ora non è più il mio amore, ora non è più, io per lui non sono più; è come se non esistessi, non riesco più a contattarlo. La mia unica colpa? Aver conosciuto il mio fidanzato, ma non datemi della stronza. E’ lui che non mi ha voluta,che ha deciso di non prendermi. Lui ha deciso per me. Ha deciso che la mia vita non doveva avere niente a che fare con la sua, che non ero adatta a spingere la sua carrozzina o ero troppo giovane per prendere sulle spalle tutti i mali del mondo, i suoi, e lasciare tutta la mia vita per lui. Io, a quel tempo, lo avrei fatto. Avrei davvero lasciato tutto per lui; avrei allontanato la mia vita e avrei preso la sua fra le mani, le mani che lui non ha, gli avrei mostrato il mio mondo, così distante dal suo eppure così simile: il cielo è lo stesso, e ha ovunque lo stesso colore. Milano come Londra, Cagliari come Varsavia, Ancona come Shangai. Roma come Bruxelles. Il Paradiso ha lo stesso cielo dell’inferno, la differenza è negli occhi di chi guarda.

Io guardavo lui e vedevo un uomo. , veramente bello, intelligente, affascinante, spudoratamente sexy e così attraente da farmi perdere la testa, in tutti i sensi.Ore e ore a parlare, discutere, scambiarci coccole e messaggi forti. Io per lui non so cosa fossi, non so esattamente. Sta di fatto che la testa per lui ho perso veramente, e avrei lasciato tutto.

Non mi ha mai detto quello che avrei voluto sentirmi dire. Non mi ha mai chiesto di andarlo a trovare, cosa che avrei voluto e che ho desiderato tanto, tanto da piangere, tanto da essere disperata come mai per un Uomo in vita mia. Lui mi ha detto che sono stata l’unica a trattarlo da uomo. Cosa avrei dovuto fare? Come avrei dovuto trattarlo, se non per ciò che era (ed è tutt’ora)? Un uomo. Io questo vedevo in lui, un uomo, una testa,  un cervello, sentimenti, parole, opere e omissioni. Non mi interessavano le sue gambe, le sue mani. Mi interessava LUI. E Lui era anche le sue gambe e le sue mani, ma il problema per me non c’era. Per lui si. Lui ha giocato coi miei sentimenti, o forse ne provava di suoi, mi ha solo detto, una volta “se tu oggi fossi qui ti direi ti amo, senza dirti altro. Oggi mi sento così”. Si, e poi? Poi ha chiuso. Poi non si è fatto sentire, si è allontanato. Io ho sofferto. Ho conosciuto il mio attuale fidanzato, glielo ho detto e lui ha risposto “sono felice, lui è quello giusto. Devi vivertela!”.Forse avrebbe dovuto dire altro,strapparmi di nuovo al destino e prendermi davvero con se. Non lo ha mai fatto. Non mi ha mai voluta perché ero giovane, ero bella -secondo lui- ero sexy e gli piaceva giocare. Forse non mi ha voluta perchè ha deciso per me che la mia vita sarebbe stata migliore senza il suo “problema”.

Ora sono felice; sto con un uomo che amo e mi ama. Lui non risponde più alle mie e-mail. Ho chiesto di incontrarci, non me lo ha mai permesso. A volte penso che sia stata solo una parentesi, che lui ora stia flirtando con altre donne come ha fatto con me.. And the songbirds keep singin like they know the score..and I love you I Love you I Love you, like never before.

*Autore Anonimo

**Foto: copertina ” Nuvole Barocche -1969-” di Fabrizio De Andrè ( l’abum contiene la “Canzone dell’amore perduto” )

Girolamo Melis ci indica una strada, un ponte tra Noi stessi e gli Altri: CHE COSA SIGNIFICA GUARIRE.

373027_328761890511911_435995394_n.jpgChe cosa significa “guarire”? Che cosa significa “guarire” quando la persona deve fare i conti con una realtà fisica intollerabile, prospettive di cura incerte, ambiente rassegnato, un intelletto integro, una viva pulsione desiderante.
Che cosa significa “guarire” per le persone colpite da invalidità motoria e funzionale parziale o totale a causa di una lesione spinale?
Non ci stancheremo di cercare risposte a questa domanda, che cade su un quadro nel quale la “cura” è percepita, programmata e messa in opera sapendo che potrà raggiungere obbiettivi parziali se non addirittura irrilevanti nella traiettoria della “guarigione”.
Parliamo di una “cura” che si propone di “migliorare la situazione generale”, di “alleviare il dolore”, di “rendere tollerabili” le scomodità derivate. Che può – in definitiva – adattare la mente ad uno stato di ridotta funzionalità.
Che cosa significa “guarire” se la cura non può raggiungere
il solo obbiettivo definibile come “obbiettivo”? Cioè: il ritorno allo status quo ante, insomma all’integrità fisica?

Il concetto, la nozione e la realtà di “guarigione” – riferiti alla persona colpita da para o tetraplegia di vario grado e comunque da trauma spinale – sono profondamente diversi da quelli che accomunano altre innumerevoli patologie o alterazioni riguardanti la natura del corpo e la sua simbolizzazione.

La “guarigione” infatti non è una condizione “neutrale”. Non lo è nella percezione fisica né in quella simbolica. Voglio dire che la “guarigione” è tutto tranne un fatto oggettivo. Un esempio, tratto dal linguaggio comune della medicina, ci dice che c’è una “guarigione clinica”, una “guarigione tecnica”, una “guarigione effettiva”…
Cioè, si può essere “guariti” secondo il codice del chirurgo (l’operazione è riuscita), secondo il codice del medico generale (l’organismo ha ripreso a funzionare), e secondo il codice personale (mi sento guarito).

Che cosa significa “guarigione” per un para-tetraplegico? In quale ordine, in quale programmazione e verso quale obbiettivo proietta la “guarigione” chi sa (allo stato delle cose) di non poter venire riportato allo status quo ante?

E soprattuto, è tollerabile il pensiero che si possa chiamare “guarigione” la… ragionevole rassegnazione che una vera “guarigione” non vi sia?

E, d’altra parte, può venire tollerata la delega fideistica alla generica aspettativa di “speranza tecnica”? insomma alla messianica “ricerca scientifica”?

Com’è possibile – nella piena razionalità della mente – affidare alla scienza una simile speranza, quando si sa che la “ricerca medico-scientifica” è determinata dal marketing farmaceutico? E quando si sa del poco interesse economico dell’industria farmaceutica nella gestione della cura, della guarigione e del dopo-guarigione delle persone colpite da lesione spinale?

Il quadro fatto qui non è nuovo, niente di sorprendente vi si svela, né sarà più scoraggiante di come e quanto si viva quotidianamente la questione della “guarigione”.

Né lo aggravano i periodici can-can sui “miracoli” di questo a quel taumaturgo, di questo o quel team scientifico o chirurgico; e le più o meno rapide disillusioni.

E, finalmente, lo spiraglio della razionalità illumina il pur lento processo di acquisizioni tecnico-scientifiche, di conoscenze specifiche, di passi avanti specifici e sul quadro generale. Sicché si può dire davvero che la strada verso una qualche “guarigione” è oggi più diritta e più breve. Ma…

***

… e ora? e intanto?

Posso io, in qualche modo, decidere la mia guarigione? Sì, io devo credere fermamente di poter essere io – soprattutto io – a decidere la mia guarigione. La mia autentica personale guarigione.

Io non posso accettare di essere un “separato in casa”, e permettere che il mio corpo spezzato e la mia mente integra non si parlino, non chiamino l’energia del cuore a riattivare la comunicazione.

Non posso lasciare il corpo alla sola speranza tecnica che la “guarigione” venga dal fuori, e lasciare la mente nella sua condizione più devastante: quella dell’attesa impotente.
La guarigione va guarita dalla sua autentica malattia, cioè la delega all’intervento esterno. Può essere guarita ora. Non “intanto”, ma ora. Ora: nel ritrovarsi, nel tornare a darsi del “tu” tra mente e corpo. La mente ascolti il corpo. Il corpo indirizzi la mente.
La guarigione è allora una nuova infanzia della Persona, un’infanzia armata di saperi, di furori, di capacità moltiplicate dalla fantasia, nello smodato desiderio a lungo represso e depresso, e finalmente messo al servizio di obbiettivi concreti: per esempio ricucire con ciò che avevamo studiato e imparato “prima” del trauma, ripartire da lì e magari scoprire la nuova prospettiva di costruire un gruppo, un team, un lavoro. Per esempio ascoltare i sensi umiliati dalla mente, la sensualità, la sessualità. Per esempio guardare chi cammina… CONTINUA SU: http://girolamo.melis.it/2011/07/che-cosa-significa-guarire-alessio.html

” IL LAMPIONE “: versi di Zairo Ferrante.

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” IL LAMPIONE “
di
Zairo Ferrante

 


Piazza: irta foresta di gente sgomenta.
Che incredula osserva
danzar dolce musica
dai tondi e vuoti
neri buchi d’ottone
e dai legni a fatica
dall’uomo soffiati.
Piovono applausi! Mentre
una grigia voce annuncia
una calda dolce nanna…
… e di nuovo la gente,
muta e sgomenta,
col pensiero si finge
nel lento sbuffare
dei freschi orchestrali…
… e Lui lì, in disparte,
che fissa la folla
mentre illumina l’orchestra.
Solo,
si chiede se qualch’occhio
per errore l’ha veduto.
Sospettoso
si domanda
sulle bocche bisbiglianti.
E quasi infastidito
dalla voce del soprano
resta lì,
fermo e vecchio a lavorare
in rima attesa col mattino
nel suo buio da sopportare.

*Versi tratti dal libro “I bisbigli di un’anima muta” ( autore: Zairo Ferrante  editore: CSA-editrice 2011 ): http://www.lafeltrinelli.it/products/9788896703526.html

http://www.lafeltrinelli.it/libri-letterature-ferrante-zairo/c-1024/1032157/1/

**Foto quadro “Notte stellata sul Rodano” di Van Gogh postato dalla Redazione e liberamente tratto da: http://arteesalute.blogosfere.it/2010/02/le-stelle-di-van-gogh-tra-arte-e-astronomia.html

Questo è quel che passa il convento: la storia di quando Beniamino dal Fabbro “lanciò” qualche spicciolo alla Callas ( sì, proprio Lei, la Divina!!! )…

Ma se ti dico
“Beniamino dal Fabbro”,
che fai? Vai su Google
o ti tocchi?

di Girolamo Melis

Che io sappia, il grande Beniamino non ne ha mai scritto una riga, e questo è danno grave per te. E anche se io mi piccassi di entrare nel suo stile e di scriverne alla sua maniera, chissà, tu lo potresti godere, ma io mi farei schifo.
Ho cercato, frugato nei suoi scritti che il Nemico ha trafugato e dato alle fiamme per non rischiare, ho spulciato parola per parola i librini che Beniamino non riuscì mai a regalarmi perché sempre glielo impedii… (“io i tuoi Libri li compro!”… “ma se non hai il becco di una lira, Senesìno!”… “non ci pensare… so io quel che ho!… però poi me li dedichi…”). Niente. Nemmeno un cenno alla grandiosa soirée del Dopo-Scala, segnata dall’urlo: “Liberàte il Teatro da quest’insopportabile flagello!”
E poiché da un punto devo incominciare, scelgo “Il crepuscolo del pianoforte”. Opera di rara, ineguagliabile bellezza, pubblicata da Einaudi nel 1951. Libro subito tradotto nelle più importanti e diffuse Lingue del mondo. “Il crepuscolo del pianoforte”, meglio della sua forse più celebre “Vita di Mozart”, dava a Beniamino il diritto, o meglio il libero arbitrio di scrivere musica e di scrivere di musica, di menare fendenti in “do” al “virtuoso da piano-bar” detto Arturo Benedetti-Michelagnoli e di non farsi dare del Tu dal Confalonieri o dall’Arruga, dal Massimo Mila o da quant’altri osassero firmare rubriche da “musicologo” sul Corriere, sulla Stampa e Cupola cantante.
Ebbene, quando, al Giamaica di Mamma Lina, Beniamino e io ragazzo c’incontrammo, dieci anni dopo, “Il crepuscolo del pianoforte” era introvabile nelle accreditate Librerie del centro della città di Milano. Oh, i nemici lo leggevano di nascosto, ma il suo Autore era dannato, il suo nome era indicibile, i Librai non osavano davvero inimicarsi la Mafia del Corriere della Sera, sicché era bandito.
Io però lo trovai col mio geiger, lo lessi, poi me lo feci dedicare, e fu a quel punto che il grande Beniamino mi invitò a casa sua, in cima al (mi pare) numero 6 della via Brera. Sentii il pianoforte, bussai, mi gridò “avanti”, entrai e mi trovai dentro un tetro confessionale. “Avanti” ripeté. E lo vidi difronte, alla tastiera del magnifico Steinway a coda lunga da concerto. Interruppe il Debussy e mi disse “ascolta!” E avviò quel passaggio di Liszt… “Ascolta”, ripeté. “Questa, questa… questa è la nota che il virtuoso da piano-bar non fa… a lui non gli frega se e come e in che punto e con quale timbro l’ha scritta il Maestro… no! il Benedetti la deve fare così… ecco… ascolta… così! Ma Liszt non l’ha mai scritta così……..!!!”
Tante volte mi chiamò da quella prima sera a darmi la nota, il passaggio, il colore… che il Benedetti Michelagnoli o altre sciagurate star dello show-business scaligero propinavano agli sciagurati Borghesi Lombardi plauditores in frac delle prime seconde o quant’altre soirées sommerse da piogge di petali e bocciòli di rose bianche e baciamano rosa e guanti da Questore a Sindaco, da Prefetto a Paolo Grassi, da Ghiringhelli a cavalier Meneghini…
…In Callas. E siamo arrivati al punto. Ma quella volta io non c’ero ancora. Era successo alcuni anni prima. Era e fu e sarebbe stata per sempre la mitica ovvero mitologica entrée di Maria Callas nell’Olimpo dei Druidi! La Prima serata del primo 7 Novembre, Sant’Ambrogio, della prima Norma della Divina. E del primo urlo poco trattenuto di Beniamino dal Fabbro: “Liberàte il Teatro da questo insopportabile flagello!”
Scandalo e sconquasso. Eccesso? Certo, era ed è arduo affermare che la voce della Divina non fosse dotata di una “magica” differenza, di un colore inconsueto, di una ineguagliata caratura “di petto”… Ma… Ma!!! Peccato che il Bellini quella nota, quelle note, quel “rigurgito”, via!, quella “callasizzazione”… non l’avesse mai pensata, prevista, vergata sul suo minuzioso spartito per soprano!!!
Ma non saremmo qui a parlarne a quasi 60 anni data, se la ”cosa” fosse finita lì. No. Dopo il delirio di platea, palchi d’onore e loggione, dopo il delirante temporale di petali sanremesi dei quali Lei fu inondata, dopo l’attesa di masse brividanti fuori dall’uscita degli Artisti, gli Eletti Le fecero corona al dopo-Teatro, ovvero al Biffi-Scala, al risotto all’onda consacrato da fiumi di Dom Perignon. E Lei era lì, al centro dei sapori e degli onori, degli sguardi del Signor CallasMeneghini, delle bave ambrosiane della Milano di rango, allorché…
…un altissimo Nero Sacerdote avvolto nel suo Nero tabarro verdiano, insalutato quanto inopportuno ospite, fece il suo ingresso in Sala. Ieratico, solenne, silenzioso, l’atrabile Demone della Milano-Perbene, s’arrestò a pochi metri, in faccia alla Divina. Scostò con gesto accurato il Tabarro, infilò due dita nel taschino del corpetto nero, ne estrasse un portamonete nero, ne distillò alcune monete, monetine per non strafare, indi ripose il portamonete, riavviò il lembo del Tabarro e, con gesto parsimonioso e nient’affatto melodrammatico, lanciò le monetine alla Divina, senza sfiorarla, avendo cura che esse cadessero sul piatto. Poi si volse indietro e si diresse all’uscita. Mentre la sala esplodeva, gli urli s’accatastavano, i frac s’intrecciavano alle lobbie, le divise dei camerieri sconcertati si affannavano alla ricerca delle divise, delle alte monture dei Carabinieri e delle Polizie, e urli, e fischietti e bèrci e improperi e “vergogna! vergogna!!!”
Beniamino dal Fabbro non aveva pronunciato verbo, non aveva dissimulato intenzioni o cenni di disprezzo. Tutto ciò che aveva da dire, nei più sublimi, minuziosi, didascalici dettagli, la Milano che Conta lo poté leggere nella sua cronaca della mattina su Il Giorno, il solo Quotidiano che non avesse eseguito l’Ordine, la Bolla di Mafia, di non dargli spazio, né da vivo né da morto.
Ma di che mondo vi sto parlando?! E di quant’altre e qual’altre Ere geologiche vi potrei buttare tra capo e collo i reperti, se solo ne avessi voglia e se non mi stessero da mezzora girando i coglioni al pensiero che voi che mi avete letto fin qui siete gli stessi che vi bevete ogni giorno che Dio mette in mediaset o in rai i miliardi di analfabetèmi di libera cultura democratica……?!

*In foto: Beniamino dal Fabbro http://it.wikipedia.org/wiki/Beniamino_Dal_Fabbro

**Scritto e Foto ricevuti direttamente da Girolamo Melis: http://girolamo.melis.it/

Carlos Sanchez omaggia e saluta il maestro Mario Socrate – Di non essere la poesia –

560718_3000128637504_1090935450_32317472_2117796181_n.jpgDi non essere la poesia di Carlos Sanchez

 

A Mario Socrate


Posso misurare il tempo

nella pergamena ferita del tuo corpo

intuisco la mutazione inevitabile

che opera senza cessare

inesorabile.

Ritornano le immagini

dei momenti spartiti

il nostro spreco di speranze

la nostra imperfetta matematica.

Ora potremmo riassumere

i tiri mancini che la storia

fece di questa tremenda umanità.

Gli astri girano

le stelle si spengono

il pianeta respira e tossisce

in compimento di leggi

per noi incomprensibili.

Guardandomi nei tuoi occhi

diventa torbida la mia visione.

Stiamo vivi Mario

la nostra amicizia vola

e la poesia

nel silenzio di questo spazio vuoto.

 

Roma

febbraio 2010

 

Dal libro “Ricordati che non sai ricordare”

 

 

 

De no ser la poesía

A Mario Socrate


 

Puedo medir el tiempo

en el pergamino herido de tu cuerpo

intuyo la mutación inevitable

que opera sin cesar

inexorable.

Regresan las imágenes

de momentos compartidos

nuestro derroche de esperanzas

nuestra imperfecta matemáticas.

Ahora podríamos resumir

las jugarretas que la historia

hizo de esta tremenda humanidad.

Los astros giran

las estrellas se apagan

el planeta respira y tose

en cumplimiento de leyes

para nosotros incomprensibles.

Mirándome en tus ojos

se enturbia mi visión.

Estamos vivos Mario

nuestra amistad vuela

y la poesía

en el silencio de este espacio vacío.


*Versi ricevuti direttamente da Carlos Sanchez tramite social network.

**NOTIZIE SULLA SCOMPARSA DEL POETA MARIO SOCRATE: http://www.liberoquotidiano.it/news/968428/Scrittori-e–morto-Mario-Socrate-poeta-del-neorealismo.html


Visioni Poetiche da… Giancarlo Fattori.

 
VISIONE n°3 di Giancarlo Fattori
 

EROSFERA 1.jpgLungofiume argentato.

 

Oltre i cancelli della luna

 

è tempo senza tempo.

 

L’universo degli dei

 

in un battito di ciglia.

 

Dalle spume del mare d’estate

 

al vento che sgretola le rocce.

 

All’inizio del selciato

 

un seme di melograno.

 

Labbra bugiarde, ragnatele di sangue

 

dietro maschere di filigrana d’oro.

 

Rugiada sul tuo corpo,

 

tanti sogni quante sono le lacrime,

 

prigionieri di labirinti in pietra,

 

senza aria né luce.

 

Fremono le torce della bellezza,

 

epiche barbariche romantiche.

 

L’attimo di ogni morte

 

è rimasto cristallizzato,

 

tutti i silenzi nella luce del tramonto,

 

tutto l’oblio della memoria.

 

Un grido,

 

congelato sui giacigli del tempo.

 

Ipnosi cosmica, luce raminga:

 

soltanto gli spettri randagi

 

s’aggirano tra scrigni di tesori.

 

Sul selciato cresce una pianta di melograno.

 

I suoi frutti riverberano alla luce,

 

e parlano di sogni,

 

di sorrisi delle donne ai margini dell’estate.

 

Il loro profumo accarezza il vento.

*Versi e dipinto digitale “Erosfera” ricevuti direttamente dall’Autore: http://www.ilsorrisodelmelograno.blogspot.it/

**Per leggere i commenti sul suo ultimo libro: http://ilmiolibro.kataweb.it/reader_dettaglio_recensione.asp?id_recensione=2328

 

Il dinanimismo presenta: PIETRO PANCAMO!!!

pancamo.jpg

E’ con immenso piacere e orgoglio che di seguito pubblichiamo – per la prima volta su queste pagine – alcuni “scritti” ricevuti direttamente da Pietro Pancamo… Classe 1972, talentuoso Poeta, giornalista e redattore professionista. 

Disprezzo ai tramonti

( da “Manto di Vita” ed. LietoColle )

Se la morte gira:
cimitero a vista.

Come disprezzo
questo mondo
nel quale si vive
solo per evitare
noie al motore.
Se il rombo dei pistoni movimentati
è felicità,
lo stridor di denti della frenata
che sarà?
Delusione? Depressione? Confusione senza pari?
Oppure lo scatto nervoso
dell’uomo che, dal finestrino,
ha visto una puttana a puntino?

Quando la morte gira:
seppellire a vista.

IL DESTINORIZZONTE

( da “GLI INTERCALARI DEL SILENZIO”
-SILLOGE INEDITA IN QUATTRO PARTI-)

Stracci di sonno coprono,
masticano il corpo della notte
diafano di tenerezza;
lo avvinghiano
sinuoso di buio
– flessuoso di membra stellate –

e lo attraversano d’amore.

Poi, fosforescente,
lo sguardo della nebbia,
scosso di stanchezza,
si espande lento nel cuore
come un gas di desideri
volatilizzati.

Mentre il mio destino,
guantato dalla notte,
scende nei sobborghi dell’anima:
strade oscure di pensiero
e siepi d’amore
s’intersecano nel mio nome.
Il destinorizzonte
s’attorciglia
a questa landa di tempo.

«Chi» – si domanda –
«striscerà nella roccia del canto
la gioia, turgida
come i seni di un fiore incantato?».


Somiglianze ( da “Manto di Vita” ed. LietoColle )

A quest’ora
ogni paese
è un fagotto
di stelle e di buio.

Ma lo è pure
questo cielo vagabondo
(guscio d’aria e di respiri)
che stringe in un solo mondo
città, mari e tempeste.

Ma lo è pure
questa via
(intirizzita di pioggia)
col suo buio
incatenato ai lampioni
e un po’ di stelle
che sussurrano al mio palazzo
la ninna nanna:
vedo tante finestre
chiuse fra perimetri di sonno.

A quest’ora
ogni uomo
è un fagotto
di buio e di stelle.

Pietro Pancamo (1972) coordina il portale «L(’)abile traccia» (citato in un volume della Zanichelli); è redattore del blog collettivo «Viadellebelledonne», nonché direttore editoriale e conduttore di un programma che, intitolato «Poesia, l(’)abile traccia dell’universo», va in onda ogni giovedì alle 22:30 su Pulsante Radio Web, emittente digitale di Milano.

È autore di «Manto di vita» (LietoColle, Faloppio, 2005), una silloge di versi che ha suscitato l’interesse di Giancarlo Pontiggia. Compare nelle antologie «Poetando. L’uomo della notte» (Aliberti editore, Roma-Reggio Emilia, 2009) e «Mentre un’altra pagina si volta» (Giulio Perrone Editore, Roma, 2010) curate rispettivamente da Maurizio Costanzo e Walter Mauro.

È da poco disponibile on-line il suo primo e-book di racconti: «Sia fatta la tua comicità. Paradise strips» (Cletus Production, Roma, 2012).

Fra le riviste da cui è stato recensito – o su cui ha pubblicato (talora in inglese) poesie, articoli o racconti – figurano «La poesia e lo spirito», «Tuttolibri» (inserto de «La Stampa»), «Poesia» (Crocetti Editore), «Poesia» (blog del canale televisivo Rai News), «Scriptamanent» (Rubbettino Editore), «Poeti e poetastri» (portale gestito dall’Agenzia letteraria “Perroni & Morli Studio”), «Gradiva», «Atelier», «La Mosca di Milano», «Stilos», «El Ghibli», «Corpo12», «Lettera.com», «Subway Letteratura», «Sagarana», «IF – Insolito e Fantastico», «Il Paradiso degli Orchi», «BooksBrothers», «TerraNullius», «Oubliette Magazine», «Progetto Babele», «Tangram», «InFonòpoli», «Books and other sorrows», «Filling Station» (quadrimestrale canadese) e «Snow Monkey» (periodico statunitense).

Recensioni a sua firma sono uscite sia nel sito della rivista «L’Indice dei libri del mese», che in quello dell’edizione fiorentina del «Corriere della Sera».

*SCRITTI RICEVUTI DIRETTAMENTE DALL’AUTORE PIETRO PANCAMO E SELEZIONATI DALLA REDAZIONE DEL DINANIMISMO:

**foto tratta liberamente da: http://www.progettobabele.it/toplink/chisiamo/pietropancamo.php

ECOCOLORDOPPLER poesia inedita di Zairo Ferrante – per la serie: tutto può contenere una briciola di poesia -.

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ECOCOLORDOPPLER

( Inedito)

di

Zairo Ferrante

 

Se potesse, la mia mente,

fare “un’ecocolordoppler” e

consciamente scandagliare

il flusso rimbalzante di

pensieri accartocciati.

Quanto potrei godere

nel vederli glauchi quelli

– già pensati – che leggeri

si allontanano come un filo,

un rigagnolo di fonte chiara

depurata dall’immortale

setaccio del ragionamento.

E fantastico potrebbe essere

riconoscerli perché scarlatti

quelli ch’ancor non ho pensato

e predirli, pensarli, aprirli e…

mangiarli, l’uno chiama l’altro,

come chicchi di melagrana,

senza la vorace e deformante

ansia, angoscia d’improvviso.

 

Ma io vivo e non esisto!!!

 

E così, come sublime

e innata dote umana,

vivendo e non sapendo,

mi godo questo scherzo

della mente che s’affaccenda,

a volte aperta e a volte casta,

ad inzeppare vuoti e ingorghi

nei crepacci di memoria.

Senza ch’io possa sapere

come e quando cesserà;

ché sì facendo, a sua insaputa,

certamente ancor disseta

la mia fame di speranza.

 

Zairo Ferrante

20-3-2012  Copyright©2012 http://zairoferrante.xoom.it/

*Immagine di un’ecocolordoppler carotideo tratta liberamente da: http://www.medicitalia.it/minforma/Radiologia-interventistica/534/Ecocolordoppler-delle-carotidi-come-quando-perche

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