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La poetessa francese Laura Mucelli Klemm traduce Zairo Ferrante

“Je t’écris” – “Ti scrivo”

de Zairo Ferrante 

Traduit par Laura Mucelli Klemm

12065501_971129406282272_212082662067908919_nJe t’écris ,maintenant silencieux en douceur,
pendant que je pars seul sur des chemins denses, de feuilles,
qui vert émeraude agitent
-des mouchoirs dans des gares peuplées-

et moi je t’écris, maintenant.

Et je te caresse lentement, quand le soleil
embrasse le sein des femmes étendues depuis des siècles
sur des lits de grain, encore belles, et douces, et légères.

Moi je t’écris, maintenant.

Quand le vent soulève des flocons de coton
grands comme des maisons, des palais et des tours en l’air,
suspendus dans le voile azur d’un souvenir .

Moi, c’est pourquoi, ici je t’écris.

Et j’effleure avec force des dés blancs et noirs
comme l’eau qui glisse sur de jeunes visages 
frais,brillant à la lumière d’un couchant.
Et ce sont des étoiles chaudes et rouges, ces notes qui
dansent sous la lune, à présent presque haute dans le ciel
qui scandent les heures qui se sont écoulées, pendant que
moi, passage fou et heureux,je t(e)’ (d)écrivais
et les siècles parcourus désespérément à te chercher
avant que soudainement je ne te rencontre.

Et voici que…en volant dans les anfractuosités de mon esprit,
couché sur des mouettes tournoyantes qui virent aiguës
mouillées par la rosée qui descend tiède de la mer au ciel,
moi encore je t’écris et je te dis… : « Dors à présent,
demain est déjà avec nous », alors qu’avec la main,
qui devine et qui douce s’accroche à la vie,
je laisse tomber le rideau, muet et même jaloux
de cette nuit qui pendant quelques heures encore
avide, dans ses bras, t’accueillera en te berçant.

Zairo Ferrante, Italie
Traduit par Laura Mucelli Klemm, France,13-10-15
Tableau de Evelyn De Morgan, Night and Sleep ,1878
Tous droits réservés

VIDEO ORIGINALE DI “TI SCRIVO” recitata da ELIANA FARINON LAZZARINO

Ti scrivo, ora dolcemente in silenzio, 
mentre parto da solo su strade folte, di foglie, 
che verdi smeraldo sventolano 
– fazzoletti in stazioni affollate –

e io ti scrivo, ora.

E ti accarezzo piano, quando il sole 
bacia il seno di donne distese da secoli 
su letti di grano, ancor belle, e dolci, e leggere. 

Io ti scrivo, adesso.

Quando il vento spinge batuffoli di cotone 
grandi come case, palazzi e torri a mezz’aria, 
sospese nell’azzurro velo di un ricordo.

Io, per questo, qui ti scrivo. 

E sfioro forte dadi bianchi e neri 
come acqua che scivola su facce giovani 
e fresche, brillando alla luce d’un tramonto. 
E son stelle calde e rosse, queste note che 
danzano alla luna, ormai quasi alta nel cielo 
a scandire le ore che sono passate, mentre 
io, folle corridore felice, ti (de)scrivevo 
e i secoli trascorsi disperatamente a cercarti 
prima ch’io d’improvviso t’incontrassi. 

Ed ecco… volando negli anfratti della mia testa, 
disteso su volteggianti gabbiani che virano acuti 
bagnati dalla rugiada che cade tiepida dal mare al cielo, 
io ancora ti scrivo e ti dico…:”adesso dormi, 
che domani è già con noi”, mentre con la mano, 
che brancola e s’aggrappa dolce alla vita, 
calo il sipario, zitto e geloso perfino 
di questa notte che per qualche ora ancora 
avida, tra le sue braccia, t’accoglierà cullandoti. 

Zairo Ferrante

Giancarlo Fattori uno nuova poesia per il dinanimismo – parte II –

maedchen-bei-kerzenlicht-einen-brief-lesendLe parole che feriscono restano imprigionate,

mentre tu fosti prima pioggia, poi fango e fardello.

E io? Solo un’ombra come tante tremolante sui muri

dalle pallide candele di questa gelida stanza-cattedrale,

e tu, tu trascendi la luce, ché i tuoi silenzi sono vetrate trasfigurate dal sole.

 

Come nel lutto, si è soli di fronte all’amore, o alla mancanza d’amore.

 

La cera cola lentamente, è lacrima che spande fragranza di solitudine:

m’è vicina la terra, la cenere, la polvere, l’affresco scrostato, l’algido marmo,

il letto mortale, la foto sgualcita e sfocata di noi, scarmigliati, con un sorriso vago,

 

forse un tempo fummo anche felici, poi in me fu notte, incolore.

Riesco ancora a vederti, tra le penombre:

sembri un dipinto barocco, le labbra socchiuse, lo sguardo lontano.

 

*Versi ricevuti direttamente dall’autore tramite e-mail (giancarlo fattori 2015)

*Quadro di Jean Baptiste Santerre (1658 – 1717) “Giovane donna che legge una lettera alla luce della candela” postato dalla redazione del blog e liberamente tratto da: http://www.copia-di-arte.com/a/santerre-jean-baptiste/maedchen-bei-kerzenlicht.html

Girolamo Melis rilegge la Divina Commedia e ci regala un girone… forse nuovo o forse… chissà

Schermata 2015-09-17 alle 14.47.11 (1)… UN ANNO E MEZZO FA’ VIRGILIO MI ACCOMPAGNO’ AL “GIRONE DEGLI IPOCRITI”…

Voi non ci crederete ma sono ancora tutti lì, ve ne sono entrati altri e… Dunque non è cambiato niente?
Oh sì, il puzzo e il marcio scatarattano ormai nelle nostre case, nelle nostre vite……. CONTINUA A LEGGERE SU: http://www.girolamomelis.it/search?updated-max=2015-09-18T11:11:00%2B02:00&max-results=10

Giancarlo Fattori una nuova poesia per DINANIMISMO… parte 1 di 2.

art_5111_LNella sabbia, nel lucore del mattino,

la solitudine ara i propri contrasti.

Da me osservo le grinze di fine estate,

dolce-amaro senso di tristezza che è vento,

come quando l’aria di mare è satura:

si rilasciano relitti, si depositano sogni.

M’assale il ricordo, e mi consuma:

ogni seme dell’anima-corpo è fecondo

come ogni irruenza d’amore all’alba.

Assordante profumo di te nel silenzio.

Abbracci da cui non posso fuggire.

 *Versi ricevuti direttamente da Giancarlo Fattori 2015.

**Quadro: “Il Silenzio” del pittore-letterato J. H. Fussli, postato della redazione del blog e liberamente tratto da: http://www.artelabonline.com/articoli/view_article.php?id=5111

 

 

 

 

Di ritorno dall’estate i versi di Carlos Sanchez

Quando Lei ritorna

di

Carlos Sanchez

31 Segantini - ritorno dal bosco (1)E si lascia possedere 
col suo grande amore.
All’improvviso si lascia.
Nella casa tutto è uguale 
la polvere nel suolo si accumula 
la chiave pende dalla porta.
Se può entrare, si può uscire 
ma Lei decide di rimanere 
si posa sulle mie spalle 
e mi accarezza le labbra 
mi spettina con le sue mani 
gioca con la cagna addormentata 
balla al ritmo della mia musica 
fumiamo la stessa sigaretta 
insieme aspiriamo la stessa aria.
Lei sta qui nuovamente 
e si lascia teneramente possedere.
La vita è tornata.

Di “L’effimera dolcezza di vivere” 
Editore Búho, Santo Domingo, 1997

Cuando Ella regresa

Y se deja poseer
con su gran amor.
Al improviso se deja.
En la casa todo está igual
el polvo en el piso se acumula
la llave cuelga de la puerta.
Se puede entrar, se puede salir
pero Ella decide quedarse
se posa sobre mis hombros
y me acaricia los labios
me despeina con sus manos
juega con la perra dormida
baila al compás de mi música
fumamos el mismo cigarrillo
juntos aspiramos el mismo aire.
Ella está aquí nuevamente
y se deja tiernamente poseer.
La vida ha vuelto.

De “La efímera dulzura de vivir” 
Editora Búho, SantoDomingo, 1997

*Versi ricevuti direttamente dall’autore tramite social network

**Immagine postata dalla redazione e liberamente tratta da: http://www.frammentiarte.it/dall’Impressionismo/Segantini%20opere/31%20ritorno%20dal%20bosco.htm Ritorno dal bosco o L’inverno a Savognino è un dipinto autografo di Giovanni Segantini realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1890, misura 64,5 x 95,5 cm. ed è custodito da un proprietario privato a San Gallo (notizia del 1970, circa).

AYAHUASCA (canto sciamanico in quattro atti) di Giancarlo Fattori

Versi ricevuti da Giancarlo Fattori

382106001_f7aef1ff29_mAYAHUASCA
(canto sciamanico in quattro atti)

1. Abbandonarsi ai profili argentati di queste mura
uno dopo l’altro scrivere del mare, dell’amore, del cosmo,
di me, di te, del sesso che prorompe come magma,
lava di vulcano sulla pelle, tra le dita, tra i capelli,
premonizione, visione, cose che rimangono sole, sepolte.
Tu, come rilievo della crosta-verità d’ogni giorno,
tu, come crepuscolo che cancella ogni luce,
tu città morente che rimane sospesa, affranta,
di alghe, di chiglie, di scaglie, di marmi assonnati.
Niente più che fumo disperso nel silenzio,
piccoli acquarelli, brevi erranti spiriti sfocati,
fogli stracciati trasportati dal sonno, dall’estasi.
Nessun luogo, per me, ma carbone che arde,
fiamma che si eleva come turgido membro al cielo,
suono notturno di una ferita che squarcia il buio,
come freccia, alabarda infuocata, uno stonato canto.

2. Perso, distratto, disciolto nel vento, nel rombo della tempesta,
nell’erba che t’accarezzo come fosse una chioma distesa nel tempo,
e non v’è ignoto che sulle tue labbra, incartapecorite nella visione,
che si frange su questo io che si dilata oltre misura,
fino a sfidare l’universo intero e la sua fame, la sua gloria.
Arcano mistero di pietra, dei colori che hanno un suono,
dei suoni che hanno colore, del cielo come coccio sbreccato.
Le tue labbra. Le mie labbra. Le mani. I capelli. Gli occhi.
Le ombre. Il vuoto profondo. La musica distorta. Il sesso.
Gli odori. La pelle. Le carni. Il seme. Il profumo di legno bruciato.
Non c’è silenzio. Non c’è pallore. Non c’è cuore che arde.
C’è la roccia, la porta che si apre, lo spirito che trascina lontano,
ci sei tu che diventi me che divento Dio che diventa morte
che diventa teschio che diventa polvere che diventa eternità.

3. Lasciami solo,
lascia che io scivoli
lungo i margini del mondo,
lascia che anneghi il dolore,
lascia che io lenisca
questa ferita spezzata,
lascia che io taccia
d’un tacere che sia addio,
che muoia di nuovo
di questa solitudine antica,
di pietra focaia,
di stella primitiva,
di mondo prima del mondo,
lascia che io sia tempesta
che mai non smette di far male,
che sia il serpente,
che sia la liana,
che sia radice,
che sia foglia,
che sia bevanda,
che sia estatico stordito sonno,
lascia che io sia
il sospiro sullo scoglio,
l’ardore di quell’onda
mentre sorge il nero divino,
sfumando il mio deserto,
le mie pliche di sabbia in mare aperto.

4. un bacio ti dipingo sulle labbra, 
e il sapore è di pioggia 
su un campo di grano; 
il fulgore della notte trafitta 
dai lampi come quello delle 
mie dita tra i capelli. 
Non è solo sogno e danza, 
ma raggio di luce, 
porta aperta al mistero, 
percorrere straniero sentieri solitari.
L’acqua diviene cenere
su un tappeto di baci assetati.
Pioggia sulle mie pietre.
E questo, che sembra nulla,
risuona come tutto.

(Giancarlo Fattori 1981, revisione 2015)

**Foto di uno sciamano Lakota postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://masadaweb.org/2009/06/02/masada-n%C2%B0-933-2-6-2009-stati-modificati-di-coscienza-sciamanesimo-parte-seconda/

I Versi del poeta argentino Martín (Poni) Micharvegas recevuti per mano di Carlos Sanchez

11403130_10204517735478654_4478082329712957051_nHo ricevuto questo bel poema di mio fratello maggiore, come risposta al mio ultimo libro “Continuerò a cantare” Come è la sua abitudine, l’originale sta scritto come lo pronuncia un argentino

He recibido este hermoso poema de mi hermano mayor, como respuesta a mi último libro “Continuaré a cantar” Como es su costumbre, el original está escrito como lo pronuncia un argentino. 
Carlos Sanchez


Martín (Poni) Micharvegas
Poeta, scrittore, musicista, pittore, medico, psicoanalista. Mio fratello maggiore.
Argentina, 1935. Da 1977 risiede in Spagna.

IL POETA NEL SUO POSTO

Non so perché la vita
abbia le mani cosí piccole
.Carlos Sánchez

il poeta ha trovato 
un posto, non un posto 
qualsiasi: ci sono lì uccelli 
variopinti, per esempio 
– molti ed insieme formano 
un arcobaleno -, altri lasciano cadere 
la sua terribile piuma nera 
sull’istante sempre fugace ) 
il poeta trovò il suo posto 
una tranquillità inquieta 
dove si sa vivo tra montagne 
che gelano o bruciano in estate 
la sua voglia di scrivere 
scrivere? iscriversi!
segnala quello critico funambolesco
correndo dietro 
il seminatore di seme-parole 
di parola-semi 
che dicono e non dicono 
fanno bilancio 
sulla steppa, la pampa 
il deserto, le sostanziose selve, 
il duro mare del vivere 
impressionerebbe come 
che fosse facile proferirlo, ma non 
lui sa e ce lo fa sapere 
( il suo cuore è una mite bussola 
ma pure 
una furibonda rosa dei venti )
lui dice e si dice 
e se conta, narra, recupera, perde, 
espressa, mette in dubbio 
lo fa da quel tavolo 
di quattro zampe solide 
con viso verso la baia dei suoi giorni 
dove sotto dormicchia
il cane filosofale della pazienza.

Madrid / 5034NE

Martín Micharvegas
Poeta, escritor, músico, pintor, médico, psicoanalista. Mi Hermano mayor
Argentina, 1935. Desde 1977 reside en España.

EL POETA EN SU SITIO
Non so perché la vita
abbia le mani cosí piccole
.Carlos Sánchez

el poeta ha encontradoun sitio 
(no un sitio
cualquiera:hay ayí pájaros
variopintos, por ejemplo-
muchos y juntos forman
un arco iris -, otros dejan caer
su temible pluma negra
sobre el instante siempre fugás )
el poeta hayó su sitio:
una tranquilidad inquieta
donde se sabe vivo entre montanias
que hielan o escuesen en verano
sus ganas de escribir
“escribir? escribirse!”,
seniala el crítico funambulesco 
galgueando detrás 
del sembrador de semiyas-palabras
de palabras-semiyas que 
dicen y no dicen
hacen bilancio
sobre la estepa, la pampa,
el desierto, las sustansiosas selvas,
el duro mar del vivir
impresionaría como 
que fuera fásil proferirlo, pero no:
él lo sabe y nos lo hace saber
( su corasón es una mansa brújula
pero también 
una furibunda rosa de los vientos )
él dice y se dice
y si cuenta, narra, recupera, pierde,
espresa, pone en duda
lo hase desde esa mesa
de cuatro patas sólidas
con rostro hacia la bahía de sus días
donde debajo dormita
el perro filosofal de la pasiensia

madrid / 5034NE

*Versi e foto recevuti direttamente da Carlos Sanchez tramite social network.

Lacrime e poesia di Laura Mucelli dipinte da Enrico Frusciante

11261914_917028665025680_7873823364246588940_nCerte lacrime
non hanno meta

si aprono come fiori
nel languore di una melodia
un suono antico
un sapersi cosi’ fragili
un rivolgersi all’altro
come fosse parte di noi

sembrano salire
da un pozzo orientale
nella tensione interiore
di un brivido d’amore
un sapore sconosciuto
una luna esoterica

si confinano di notte
in un cielo costellato
tra petali di rosa
e vertigini sfiorati
nelle note dei flauti
e le lingue antenate

Versi e Immagini ricevuti direttamente da: Laura Mucelli Klemm, Francia 01-07-15 ( tramite social network  )
Dipinto di Enrico Frusciante, Italia
Tutti i diritti riservati

*REQUIEM di Giancarlo Fattori…

REQUIEM

04È soltanto il colore del corallo

a tingermi la pelle, le mani aperte

in un sottile richiamo, a cogliere

il pianto, lacrime di mare, mare come

drappo funebre che mi cala sugli occhi.

 

È che forse riesco ancora ad accarezzare

le tue palpebre chiuse, di figlio, di madre,

di padre, di amico, di volto ancestrale,

di pietra, di fanciullo primordiale

su strade fatte di battiti di ciglia.

 

È qualcosa di strano che m’induce a correre,

tra queste nebbie che mi tagliano il fiato,

lungo le rogge di melanconica acqua,

tu che ti fermi come figura spettrale,

tu che emergi dal grigio come eterea fiamma.

 

Le farfalle, i pettirossi che smettono di cantare,

l’eclisse totale che tinge di nero il cielo,

l’argentea polvere, la pallida sabbia,

il crepuscolo sulla via che s’inerpica a vuoto,

l’onda che frange ogni suo dispiacere.

 

Le cose che s’ingegnano a fluttuare nel vento,

lungo i contorni del mondo che resto a guardare

distratto, il pensiero deviato da lontani profili,

le piante, le rose, le labbra, le rughe del tempo,

il sangue che scorre, che fruscia in calici antichi.

 

Sembra ora che il cielo sia solcato dalla stella del Vespro,

un lucore evanescente tra le spire blu oltremare,

e cammino tra le immote distese degli acquitrini,

sopra me un volo di lacrime che scendono lente

come acquerugiola, come un sommesso pianto.

 

Passo dopo passo procedo solo in questo guado,

volgendo lo sguardo verso grovigli di spine,

labirinti di siepi, di more selvatiche, di muschio,

passo dopo passo, solo, in una dolce foschia,

solo, con l’anima d’un corvo posato sul nulla.

 

Soltanto taglienti lame distese su aspre terre

sono i pensieri che giacciono addormentati

sul mio corpo nudo, cose lontane, boschi lontani,

rocce di scogliera battute da venti come addii,

fiamme che bruciano idoli, di pietra, di carne.

 

È la risacca degli anelli di fumo, semplice respiro

d’un cordoglio che è spento,  disegnato a matita

sui fogli sottili del tempo che scorre, la memoria,

ecco cos’è, è memoria che eterna si staglia

tra le verdi colline che si delineano dentro.

 

L’anima? Non so, forse un cuore che pulsa vorace

tra tagli, cicatrici, veli che spianano il viso nel vento

degli anni che si consumano tetri, su tetra terra,

fiori recisi, fiori consunti che cadono esangui,

briciole sul sentiero per chi ha smarrito la strada.

 

L’anima? Eccola sporgersi alla fine del mondo,

al termine delle cose che precipitano nel mondo,

alla fine del deserto che copre ogni cosa, ogni casa,

il brivido della luce stellare, il calore delle parole,

le nude bocche socchiuse a rammarichi, a misteri.

 

Dove siete, miei piccoli amici? Radiosi raggi di luna

che vivete i miei sogni, nei ricordi dormite sereni?

Quali delizie gustate nell’ombra? In quali giardini?

In quali silenzi v’aggirate sperduti, presso quali dei?

Quale polvere siete, su cui poso i miei piedi?

 

Su velieri di ghiaccio affrontate marosi, le vele

nel gelido vento delle mie nostalgie, o liturgie

in cui le immagini vostre il tempo scolora,

quelle fotografie su cui scorro le dita, cercando

le voci, i solidi corpi, lo sbiadire degli occhi.

 

Muri cotti dal sole, cespugli, bisce tra i rovi,

finestre dai vetri spaccati, sogni sbreccati, mirtilli,

lamponi, lenzuola stese ad asciugare, profumi,

odori di cibi speziati, l’acre afrore di polvere e muffa,

la radio accesa, la voce che arde, la chitarra che langue.

 

E mi trovo a danzare, in questo sorgere del sole,

in questo immoto mondo che il sole sta per bruciare,

la morte ci ha divisi, la morte ci ha uniti, la morte

è solo un ricordo lontano, la morte ci brucia dentro

come il sole che giunge ad ardere questo immoto mondo.

 

Ecco, prendetemi la mano, la vernice sfregia i muri,

cola come un dispiacere su tele di vita erette al cielo,

le porte si chiudono, si chiudono gli occhi, i giorni

più brevi, i sogni più vividi, gli schemi più liberi

che intrecciano la vita con preziosi ricami.

 

L’integrità del cielo scivola via veloce, col suo spettacolo

di nuvole cariche di speranza, è il vento che gonfia

tutti i respiri del mondo come mongolfiere colorate,

il codice è nascosto tra le pieghe del vento, è la vita,

la vita che si spegne con l’ultima pioggia di stagione.

 

E mi viene da accarezzare il vestito, il velo, il sudario,

la polvere, la caligine, i pensieri scrostati come muri,

i mattoni che diventano treni, e navi, e zattere, e fuliggine,

mi viene da accarezzare questi fiori col sembiante di spettri,

e contemplo il vaso, il nastro che l’avvolge vezzoso.

 

Cammino distratto sul lungo fiume in tumulto,

cristalli i pensieri, come sassi che disegnano cerchi

nelle acque della coscienza, cristallo la memoria,

il rimbalzare del sasso sulla superficie del mondo,

quel mondo che dentro s’incrina, e dorme dolente.

 

Dove siete ora, miei miti dei tempi passati? Dove camminate?

Ancora in me siete liberi di cavalcare le praterie del dolore,

dell’amore, in me avete costruito cattedrali di bellezza,

un mattone dopo l’altro, una struttura dopo l’altra di luce

trasfigurata verso l’eternità, la mia, la vostra, nel tempo.

 

Qualcuno tra voi ancora sorride al mondo, trascinando con sé

gli strascichi di cicatrici dell’anima e delle età, ma lo stesso

vi amo di quell’amore che vive con gli anni, gli stessi che v’ho

regalato sull’altare dei miei giorni, oh maestri, oh compagni

di solitudini e noie, di ardori e passioni, di crescita sempre.

 

Eppure tra voi c’è chi ora è vapore, come sui vetri nei pomeriggi

di pioggia, un fantasma che vaga tra brughiere di storia,

le cui voci sono echi che come onde divine dalla mente, e dal cuore,

le volte immense dell’immenso universo vanno a dorare,

trasfigurando in cerchi d’argento lo splendore, e la tenebra.

 

Che m’abbiate insegnato a costruire me stesso, oh amici, oh miti,

è un dato di fatto, e ora siete sovrani su queste momentanee

terre di dolore, avete il dominio sulla nostalgia, sulla melanconia,

sui crepuscolo che conducono alla notte, ma solo per poco,

ché la vita avanza, e la notte ha la sua bellezza che toglie il fiato.

 

Dunque è solo questione d’amore questo restare in ginocchio

a far scorrere tra le dita le sabbie di un delicato suffragio,

è legno prezioso, è rimpianto leggero, è un grazie per sempre,

è profumo che non ha sorgente né foce, è un lieve sorriso

che incornicia il mio volto, un solco per gettare altri semi.

 

 

Giancarlo Fattori, giugno 2015

 

 

Dedicato a:

 

luigia amadori

carlo biasini

teresa biasini

carlo fattori

antonio briglia

patrizia casella

umberto curti

luisa losa fontana

gisella airaghi

giuseppe ripamonti

nino petrocelli

janis joplin

jim morrison

lou reed

allen ginsberg

jack kerouac

brian jones

fabrizio de andrè

syd barrett

jimi hendrix

billie holiday

william burroughs

hermann hesse

*Versi ricevuti direttamente dall’Autore.

**Foto postata dalla redazione e liberamente tratta da: http://www.paleoantropo.net/reefs/coralli/biologia.htm

CRETINO.IT: uno dei libri segreti di Girolamo Melis

“Cretino.it” fa parte dei 7 libri segreti scritti da Girolamo Melis, io ho avuto la fortuna di leggerlo e ho deciso, all’insaputa dell’Autore, di regalarvene una piccola parte… custoditela con cura.

ZF

downloadPresentazione*

 

*La cui lettura è inutile

più o meno come la lettura

di qualsiasi Presentazione.

Règolati.

 

 

Il Cretino.it cretineggia. La sua potenza è infallibile. Nessuno può difendersi e tantomeno immunizzarsi dall’azione del Cretino.it. Anche perché il Cretino.it agisce nella più apparente immobilità. 

Il Cretino.it ha la faccia da Cretino. Qualcuno sostiene che il Cretino, prima di svelarlo, vada frequentato: cioè non sarebbe possibile riconoscerlo a prima vista. Chi pensa questo è, assai probabilmente, un Cretino. Poiché non vedere il Cretino nell’istante stesso in cui si incrocia il suo sguardo, è segno di contagio avvenuto.

Anzi, il Cretino è riconoscibile anche senza vederlo in faccia. Oggi come ieri, il Cretino si riconosce dagli abiti che indossa, da come li indossa, da come si pettina, da come cammina e incede. Insomma, si riconosce anche da dietro, da sotto e dai lati.

Inutile dire che il Cretino si riconosce anche a distanza: per esempio dalla lettera che ti scrive, o perfino da un appunto scritto anonimamente su un pezzo di carta.

Dicevamo: il Cretino.it. E la Cretina.it? Non è sottinteso. Certo, la Cretina.it esiste eccome. Ne esistono milioni, ma non lo si può considerare un “genere femminile”. Diciamo così, e poi non ci torneremo più: è quasi impossibile trovare una Cretina Femmina in quanto Femmina. I milioni di Cretine-Donne esistenti, lo sono per emulazione, quindi per identificazione al genere maschile. 

Insomma la Cretineria è Maschio: riguarda la Femmina in tutti i casi in cui la Femmina è stata contaminata dalla cultura maschile e, pur fingendo di essere Femmina, si comporta come Maschio, cioè come Cretino.

Una precisazione: molte volte il Cretino.it non è una “persona”, o meglio non è riconoscibile da un corpo o dai pezzi di carne che lo compongono.

Per carità, stiamo attenti! In milioni di casi il Cretino.it sta dietro, sotto, a monte, a lato dell’Essere Umano. Spesso è un suo manufatto, un’opera, un rutto.

Insomma una Cosa o una Parola manifestamente riconoscibili come Cretine.it sono autentiche inconfondibili creazioni del Cretino.it.

MA…

Coraggio. So che state per essere messi a dura prova. Sì, perché il Cretino.it è talvolta – così talvolta da essere una quantità di volte incalcolabile – il nome che si dà ad un Sapiente… Cioè a uno che ha il dono di Dio di non somigliare a niente di ciò che dovrebbe essere fatto e a nessuno di chi dovrebbe fare qualcosa,  secondo le regole ferree del Cretino.it… Dunque, è mai possibile che Cretino.it sia la qualifica o il cassetto dentro cui un vero Cretino.it situa – chiamandolo Cretino – uno che non solo non è Cretino né Cretino.it ma è così diverso e malmesso da non prendere nemmeno in considerazione l’idea di passare per Cretino.it per rendersi la vita un po’ meno complicata?

Eh, come direbbe lo scrivano di queste pagine… so cazzi! E siccome so’ cazzi, ci siamo ben guardati dal volerli far sembrare Pensieri.

In parole random, ci siamo lasciati invadere, sfiorare, pungere, pizzicare, scopare, suonare, scazzottare, sedurre ogni volta, ogni istante, ogni zac, dal primo Cretino.it di passaggio.

E non ci siamo permessi di togliere a Te, Lettore (almeno fin che reggerai), la libidine di piazzare il Cretino.it nel primo cassetto che ti trovi a portata di mano.

Che Dio Tassista.

*Scopri di più su Girolamo Melis al seguente link: http://www.girolamomelis.it/

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