E non mi scuote il punto di domanda:
che il peccato sia un dono o una colpa
è il dilemma del folle,
che l’amore sia un fiume
cui manca la foce – o la fonte –
è l’inganno del mite.
Questo mio sopravvivermi invece
non trova risposta
tra la polvere e i piatti di carta,
nell’istinto dell’acqua e del sonno.
E si nutre – spiraglio taciuto –
del tiepido gelo
d’esser qui, ma per sbaglio.
*
alla tua stanza
foderata d’ombra.
La porta austera, in vetro,
ci separa:
di là forse riponi una collana
nel portagioie,
di qua mi stringo al dubbio del silenzio.
Cos’è l’averti amata, se non tregua
dal desiderio d’essere?
Cos’è, se non dolore, oltre la porta
saperti – inerme – attendere
l’appello dell’assenza?
Io serbo una speranza e cedo al vuoto,
dove non c’è più dove
e tace il quando:
amarti senza l’onore
di chi – ferito, stanco –
ama ed è.
*per info libro:https://internopoesialibri.com/libro/fin-qui-visse-un-uomo/