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C’ERA UN MEDICO Inedito Zairo Ferrante

C’ERA UN MEDICO

Inedito 

Zairo Ferrante

Scienza-e-Carità-Pablo-Picasso-analisi-768x605Seduto in riva al fosso

in un posto chiamato malattia.

La brina lo bagnava, stanco

e il sole l’asciugava, fresco

– tra sudore e luci al neon -.

Una tenda, bianca come il cuore

candido, di quel bimbo che

negli occhi lo fissava.

E madri e padri, l’ascoltavano.

C’era un medico che curava.

C’era un Uomo che parlava.

Ma tutto passa in quest’anfratto

in questa briciola di galassia,

tutto si disperde al suono della legge.

Perfino la Parola, quella vera,

s’azzittisce e si smarrisce.

E ricordo un Uomo che parlava

con quell’Anima che guariva.

 ©Zairo Ferrante (Inedito – Ferrara – 2019) –   https://sito.libero.it/zairoferrante/    –http://www.italian-poetry.org/zairo-ferrante/

*Quadro: “Scienza e Carità” di  Picasso, postato dalla redazione eliberamente tratto da https://www.arteworld.it/scienza-e-carita-picasso-analisi/

IL DINANIMISMO vi regala FATIMA MUTARELLI

ArtX0009Con immenso piacere pubblichiamo sul nostro blog uno scritto inedito di Fatima Mutarelli. Versi carichi di realtà e amore. Spaccati di vita vissuta immortalati come quadri. Parole decise, sapientemente adoperate a mo’ di pennellate che, cariche di colore, vanno a riempire la tela bianca della memoria.

ZF

Alzheimer

di

Fatima Mutarelli

– Voglio darti un bacio. Mamma! Voglio darti un bacio.
Grida mia nonna.
Entro nella sua stanza.
La bacio.
– Posso darti un bacio?
– Si

Ora.

Tutto toglie e ti toglie, questa malattia.
Il tempo.
Le notti.
Il riposo.
I no. Anche i no. Perché a volte vorresti dire “no”.
Non puoi.
I giorni di festa.
Il silenzio

“Vuless truva’ pace”

Tutto stravolge.
I ritmi.
L’Amore che si confonde con la rabbia.
L’ansia che diventa coraggio.
Una nipote che diventa mamma.

– Mamma … vorrei darti un bacio.
Mi chino.
Il bacio.

Nulla sarà restituito.
E non guariremo da queste ferite.
Le mie.
Le tue.

Ma oggi ho rivoluzionato ogni cosa.
Sono la madre di mia nonna.
Ho avuto un bacio d’Amore.

————————————————————–

Nota biografica:

Nata a Salerno nel giugno del 1979.
A Salerno vive, nel cuore storico della città coi suoi e con la nonna.
Lavora e quando non lo fa, scrive o tenta di farlo.
Appassionata di lettura e letteratura, partecipa agli “scriptpad” (oltreleden.it/contenuti/scriptpad) dove si approfondiscono i lati meno conosciuti di personaggi letterari e non.
Non sa scrivere biografie.

*VERSI E NOTA BIOGRAFICA RICEVUTI DIRETTAMENTE DALL’AUTRICE TRAMITE E-MAIL

*QUADRO ” Ragazza alla Finestra” di DALì postato dalla redazione del blog e liberamento tratto da: http://www.gruclubadb.it/ArtCrossing/ArtX0009.htm

Scenari ( Poetici )Passivi… di Giancarlo Fattori ( http://scenaripassivi.blogspot.it/ )

A SYLVIA PLATH
di
Giancarlo Fattori
11_splat_150E lentamente scorre sulla chioma platinata,

la fulgida veggenza della tua scarna vita,

il silenzio tuo di donna rotta, frastornata,

la cicatrice fulgida d’eterna tua ferita:

l’amore risvegliasti, tra i punti di sutura,

dell’uomo dai taglienti tratti d’un asceta.

E accarezzò il tuo volto, di bianca velatura.

 

I bambini metti a letto, oh piccola mia Sylvia,

che riposino sui campi maturi d’innocenza,

che sognino di sogni e intrecci di mangrovia:

che tu ci sia o no, non fa molta differenza.

Getta via i veleni, la corda, la pistola,

i semi d’una vita che è verosimiglianza:

l’ansia non la plachi, se non scrivi una parola.

 

Potremmo prolungare a piacimento, questa notte,

scriver versi audaci alla tetra genitrice

tenendoci per mano, a scalare alte vette:

una donna, quando è sola, non è detto sia infelice.

E il corpo mio carnale, come turgida scultura,

dalle ceneri rinato d’una splendida fenice,

si adagia sul tuo corpo letterario, di scrittura.

 

*Versi ricevuti direttamente dall’Autore ©2014

**Foto postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://www.poets.org/poetsorg/poet/sylvia-plath

Giancarlo Fattori … di un amore folle

…agapimou fidella protinì…

di

Giancarlo Fattori

paolo_e_francescaAncora t’amo d’un amore disperato

come di freddo al giunger della sera,

oltre quel promontorio annebbiato

ove nel buio si desta la bufera;

le acque scure in gravido agitarsi

a me si volgon come feroce fiera,

e in lunghe tracce i sentimenti arsi

si fanno cenere, portata via dal vento,

senza lasciar al cuore di curarsi.

 

E quando Zefiro, dai suoi refoli cinto,

le tue gote sfiora, avvolte dai capelli,

lasciando sguardi in un lontano punto,

guardan le tracce profonde come valli;

il vento ed io, avvolti da un rimpianto

e dalle età come avvolti da mantelli,

il corpo tuo già tramutiamo in canto,

e nell’attesa più lunga d’un istante

giungono raffiche dal tono virulento.

 

Oh mia Penelope dal viso affascinante

rimiri il mare tra i sassi dei miei sogni,

il passo mio s’imprime palpitante

lungo le sabbie, o nei relitti arcigni;

il volto mio a lungo hai tessuto

in fitte trame di onirici disegni,

quindi snodavi il telo sconosciuto

per ricomporlo nel desiderio vivo,

quando la tela diventa di velluto.

 

Ora che il tempo funge da lenitivo,

ora che hai colto i miei fiori recisi,

le brume tue, che in fremito lambivo,

ridanno vita ai miei giardini lisi;

una sull’altra un spumeggiar di onde

fanno ricami dei mari imprecisi,

finché l’aurora, errando, ci confonde,

come confonde i sensi il tuo profumo,

che nell’oblio s’impregna e si diffonde.

 

Oltre lo specchio, tra nuvole di fumo,

il ventre innanzi, e dell’amor stanchezza,

l’uomo che ero s’è dissolto in grumo

di rughe arate dagli anni e da incertezza;

ma da ogni buio v’è vita che sortisce,

che a volte ha forma di gentil carezza,

a mo’ di luce che fulgida colpisce

le nubi dentro, più simili a tempesta,

e che fan chiara l’oscurità che cresce.

 

Qui sul mio letto mi sento alchimista,

tra le lenzuola d’un timido giaciglio,

tramuto in oro il palpito, la vista,

amplessi e baci avvolti in un groviglio;

e tesso chiome coi fili tuoi d’argento,

e di ricordi ne faccio strano intruglio,

come ferite a guisa d’ornamento

che rendon chiare l’effigi di due vecchi

che dell’età ne han fatto appagamento.

 

Siam fuochi spenti all’ombra di bivacchi,

siamo cristalli, al suolo in mille pezzi,

dello splendor rechiam soltanto gli echi

di gesta antiche e di racconti grezzi;

eppure il sole ancora ci consuma,

e si riflette nei nostri tratti mozzi,

e così t’amo, mentre la notte sfuma,

noi soli insieme in questa vicinanza,

mentre nel cielo la luna si frantuma.

 

E ci condanna l’eterna convergenza

d’errar, cercarci, e ritrovarci ancora,

e ancor d’amarci come di dipendenza,

ché la ferita non chiude e non infiora;

il volto stanco sul seno a riposare,

odor di mare come libeccio a prora,

qui sul tuo corpo mi lascio naufragare

con il sapore salato dei tuoi baci,

e non v’è altro che voglia ricordare.

 

Così che t’amo, di nuovo tra le braci,

a te legato da turgida catena,

sfiorando appena gli occhi tuoi loquaci

il mio veliero conduci a notte piena;

salpando ancora verso sperduti porti

il viaggio guidi, a guisa di polena,

tra gli orizzonti dai connotati incerti

l’anima tua mi sembra d’ascoltare,

e non son più capace di scordarti,

mentre la rotta non smette di mutare.

*Versi ricevuti direttamente da: ©giancarlofattori2014

**Foto quadro “Paolo e Francesca” postata direttamente dalla redazione del blog e liberamente tratta da: http://www.castellodigradara.it/paolo-e-francesca/

Conti con me stesso di Carlos Sanchez

carlos sanchez,pensieri,dinanimismo,inediti,ferrara,folignano,argentinaQuanto dolore mi produce che si asciughino i fiumi che taglino le montagne che si violenti i campi che imputridisca l’aria che si denudino i boschi che si estinguano le fiere che si inventino le guerre che se muoia di fame in questa gran ricchezza che si canti al progresso. Quanto dolore mi produce tanti discorsi eloquenti tante parole intelligenti tanta indignazione eterea tanta denuncia sterile. Quanto dolore mi produce essere un uomo piccolo in questo gran disastro.

Folignano City, 2013


Cuentas conmigo mismo Cuánto dolor me causa que se sequen los ríos que corten las montañas que se violente los campos que se pudra el aire que se desnuden los bosques que se extingan las fieras que se inventen las guerras que se muera de hambre en esta gran riqueza. que se cante al progreso. Cuánto dolor me causa tantos discursos elocuentes tantas palabras inteligentes tanta indignación etérea tanta denuncia estéril. Cuánto dolor me causa ser un hombre pequeño en este gran desastre.

GUERRA E PACE
 
*Scritto ricevuto direttamente dall’Autore tramite Social Network
 

Padroni e formiche: Giovanna Mulas contro il PecoraPensiero

PADRONI E FORMICHE

Giovanna Mulas

Prise_de_la_Bastille.jpgDiciamo che non c’e’ niente di meglio, per il padrone, di una generazione incolta e individualista; dara’ vita ad intere generazioni di incolti individualisti. Ingrassera’ con una patata anche se gli spetta, di diritto, il pranzo completo. Migliaia di formiche in ordinata fila tra un formicaio non scelto da loro e montagne di vomito
emesso da terzi, storicamente: colorati insetti gonfi di briciole vomitate da televisione e giornali del sistema con le quali si esprimono, avvalorano pseudo concetti dal vuoto a perdere. Quando e se le formiche escono dalla fila vengono violentate, schiacciate: eppure viene fatto, si dice, per il bene loro e delle altre formiche. Non c’e’ niente di meglio, per il padrone, di un popolo borioso, plagiato,
formattato inconsapevole: persuaso di sapere sputera’ su i germogli delle nuove idee, accettera’ di buon grado il controllo di ogni sua azione. Vorra’ vegetare e morire nello stesso luogo in cui e’ nato; non gl’importera’ di conoscere il mare, mai lo sfiorera’ la supposizione di poterlo attraversare, anche se vive in un’isola. Si accontentera’ di spezzare la schiena per una moneta, e di crepare sui
campi aridi: servira’ e ringraziera’ quel padrone che lo abbonisce presente (soffiandosi il naso) al suo funerale da mulo da soma. Si commuovera’, il popolo, per la preghiera del prete che, col padrone, siede a pranzo e a cena. In effetti, il nostro buon prete interpreta letteralmente il vento descritto da Cristo: “Soffia ove gli pare e nessuno puo’ dire da dove venga e dove vada” (Giovanni 3,8). Nulla e’ meglio, per il padrone, di un popolo ignorante: chi si rendera’ conto della profonda ignoranza del padrone? Fantoccio mosso da alti padroni.
Concordo con Shakespeare: siamo fatti di sogno, immaginazione: occhi e orecchi sono canali di trasmissione, adeguati oppure no, delle impressioni sensoriali. Solo nel cervello il mare e’ blu, l’arancia
profuma. E’ la qualita’ dell’immaginazione che puo’ rendere la merda centro dei sogni piu’ romantici. Forse il dolore nella sua sottigliezza, in quella sua lama che squarcia e divide, e’ l’unica verita’; epifania in grado di strappare il velo dagli occhi dell’uomo.
Il resto e’ vanita’, inganni dell’occhio, della mente. Per il popolo ignorante e’ vitale l’apparenza: la lavanda che nasconde il marcio e le pulci, il brillio, la superficialita’, la preghiera dimostrata: il manifestare di avere, il resto non conta. Continuino a glorificare, certi fantocci, l’ignoranza del popolo.

*Scritto ricevuto direttamente da Ufficio stampa Isola Nera per Giovanna Mulas

**Leggi da Giovanna Mulas, il Blog ufficiale:
http://giovannamulas.baab.it/2013/10/07/padroni-formiche/

***Quadro “la presa della bastiglia” postata dalla redazione del blog e liberamente tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Prise_de_la_Bastille.jpg

– Parole Nate da Note – “Ti scrivo” di Zairo Ferrante liberamente ispirata dalla Musica di Giovanni Allevi

zairo ferrante,versi,inediti,parole,musica,ti scrivo,giovanni allevi*TI SCRIVO

inedito

di

Zairo Ferrante

( ATTENZIONE!!! Prima di leggere avvia il video che trovi alla fine del post )

 

Ti scrivo, ora dolcemente in silenzio,

mentre parto da solo su strade folte, di foglie,

che verdi smeraldo sventolano

– fazzoletti in stazioni affollate –


e io ti scrivo, ora.


E ti accarezzo piano, quando il sole

bacia il seno di donne distese da secoli

su letti di grano, ancor belle, e dolci, e leggere.

 

Io ti scrivo, adesso.


Quando il vento spinge batuffoli di cotone

grandi come case, palazzi e torri a mezz’aria,

sospese nell’azzurro velo di un ricordo.


Io, per questo, qui ti scrivo.

 

E sfioro forte dadi bianchi e neri

come acqua che scivola su facce giovani

e fresche, brillando alla luce d’un tramonto.

E son stelle calde e rosse, queste note che

danzano alla luna, ormai quasi alta nel cielo

a scandire le ore che sono passate, mentre

io, folle corridore felice, ti (de)scrivevo

e i secoli trascorsi disperatamente a cercarti

prima ch’io d’improvviso t’incontrassi.

 

Ed ecco… volando negli anfratti della mia testa,

disteso su volteggianti gabbiani che virano acuti

bagnati dalla rugiada che cade tiepida dal mare al cielo,

io ancora ti scrivo e ti dico…:“adesso dormi,

che domani è già con noi”, mentre con la mano,

che brancola e s’aggrappa dolce alla vita,

calo il sipario, zitto e geloso perfino

di questa notte che per qualche ora ancora

avida, tra le sue braccia, t’accoglierà cullandoti.

 

Zairo Ferrante

 

13 Luglio 2013

 

 

 

*Versi liberamente ispirati da “ Ti scrivo”, brano composto dal Maestro Giovanni Allevi – album: No Concept ( 2005, Ricordi ) – di seguito ascolta brano –

**Versi tratti da: http://zairoferrante.xoom.it/virgiliowizard/poesie-di-zairo?SESSd6972d0e1a61b1b336f558b230c178a2=692f6071b8d07a10f620bc3f2dee5615


Su Letteratura, Scrivere di Giovanna Mulas

giovanna mulas,scritti,dinanimismo,inediti.Quelli che considerano la scrittura come passatempo, fonte di guadagno
o mero esibizionismo non vadano a mascherarsi da ‘scrittori’:
schiacciano la nobiltà di questa Arte, la offendono e offendono chi è
vissuto e morto in dignità, chi vive e muore di talento senza
compromesso, di studio, costanza, di totale dedizione.

Penso che, semplicemente, occorre scegliere un volo e una montagna da
raggiungere. Quando si conosce la portata del proprio volo si puo’
dire di saper scrivere. Ma solo quando si comprende quanto la
Letteratura puo’ e deve fare per cambiare in meglio una societa’, ci
si puo’ far chiamare scrittori.

Scrittori voce del popolo, affinché il pensiero critico faccia
discutere, creare, costruire. Autocoscienza necessaria, critica
costante sulla e della realtà, che tenda la mano ai movimenti sociali
in opposizione alla guerra, l’ingiustizia, alla disuguaglianza
sociale.
Un movimento di resistenza per la cultura della vita.

Scrivere è masturbarsi davanti al pubblico; farlo da insofferenti,
disturbati indisturbati, da prepotenti, strafottenti.
Nudo, puro e crudo, il buon scrittore non si censura né ammette
censura, è libero da tabù, stili, religioni, spazi, tempi o patrie, li
sposa tutti e nessuno. Asessuato, puttana e santo, crea il nuovo nel
già creato, entra nel tronco e pensa da tronco, nel cane e piscia da
cane, gode dove altri soffocherebbero, sente e vede dove altri
oserebbero solo spiare dal buco della serratura.

Quando e se pretenderai di scrivere di un albero, non entrare
nell’albero ma sii tu albero.
E vivi da albero, parla o non parlare, guarda e odora e ascolta e
muoviti oppure no, ma da albero.
O non pretendere di scrivere.

Non amo pagine dedicate ai ‘Fans’ o ‘pagine ufficiali gestite da
fans’: non credo nei fans, credo nei lettori pensanti e agli scrittori
che fanno gli scrittori, non i divi.
E ogni scrittore, forse, ha i lettori che merita.

Penso che esiste un limite, al dolore di ogni uomo, che non va
superato: pena la follia. Finis Terrae, valico incerto, un confine,
una staccionata -messa sul sentiero dalla vita, dal destino, dalla
Natura o dal delirio di un dio-, che non andrebbe saltata ma è
d’obbligo (forse, o forse no) il farlo. Penso che si debba insegnare
ai nostri figli a camminare fino al confine della terra.

Per Madosini Latozi Mpahleni, la mia Mama nera, la divinità suprema è
il Grande Albero che si fa Arte, Poesia: “Siamo tutti parte del Grande
Albero, e dalla posizione che occupiamo mai riusciremo a vederne ogni
angolo. Potremo immaginare ma mai vederli tutti nella loro totalità.
Questo serve per l’Arte: non si potrà mai vederla ma la si potrà
immaginare e vivere, ascoltare attraverso gli altri che ascoltano
noi.”. Nelle tribu’ africane non esiste il cercare di essere meglio
di. Si pensi proprio alla musica e ai suoi strumenti. Il capo tribu’
da un pezzo di canna ricava tante parti uguali quanti sono gli
abitanti della tribu’. Ognuno di loro potra’ suonare soltanto una nota
e sempre la stessa che, sola, apparira’ sgraziata: un lungo -o
intermittente-, insensato fischio… ma unita alle note degli altri
membri della tribu’, quel fischio creera’ la melodia. Tutti loro
saranno uguali davanti alla musica, creandola. Tutti uguali davanti a
tutti. Nessuno di loro potrebbe vivere, senza gli altri. Liberarci da
quell’ autoreferenzialita’, dall’ambizione inoculata nell’Uomo alla
sua nascita e proprio da un Sistema che continua a volerlo numero,
Cosa, Non Pensiero, Acritico Non Essere…questa, vedo come sfida
quotidiana. Un lavorare all’albero, tornare a quei rami che ne fanno
parte: tutti uguali, tutti Uno.

Non esiste libro che già non sia stato scritto.  Anche quelli non
riportati su carta,vivono. Ogni libro esiste e resiste e non è detto
che lo faccia in una delle realtà all’umana portata. Vive attendendo
quell’eletto visionario che riuscirà ad amarlo, ad ascoltarne la
storia per riportarla su carta affinché anche il mondo, questo nostro
mondo, possa finalmente conoscerne l’esistenza.

Per noi l’idea di aiutare equivale all’assistenzialismo, al mendicare.
Che posso saperne io di storiche ribellioni di un popolo
all’imperialismo, se non quello che ci è stato dato da mangiare e
leggere per una vita? Sono formattata, io. Siamo formattati e male,
amici miei. L’importante e’ esserne consapevoli. Chi siamo noi liberi
pensatori  per pretendere di unire, con le parole, i confini di un
mondo da sempre troppo piccolo?. Sognatori, pazzi, esploratori
d’utopia…e ancora: chi o cosa è, seppure è, uno scrittore?.  Già
definirci ‘noi liberi pensatori’ è chiuderci in una categoria, casta
protetta da cattedra e recensioni positive o negative poco importa,
l’essenziale è essere. Imbottiti dal più classico degli onanismi
intellettuali, introiettati. Micromondo fatto di narrativa da
bancomat, la fisica felicita’ di un bicchiere di quello buono,
salotto, salamelecchi, interviste, servizio in camera, specchi e
maschere, e maschere e maschere e, canne e riesumazione di Marx.
Implosioni mentali su come eliminare la violenza dal mondo con la
minore violenza possibile. Probabilmente occorre non farci distrarre
dai voli alti, ma nello stesso tempo aspirare ad essi. E lo vedo, il
mio mondo,  e mi da fastidio. In quel ragazzo sporco, addormentato sul
bordo del marciapiedi alle undici di una domenica mattina, faccia al
sole e saranno 30 gradi all’ombra, coperta logora tirata al mento, la
gente che continua a scorrere e correre attorno, fiume senz’ argini.
Che società è questa, in grado di rendere fantasma un ragazzino,
dilaniarlo, spegnerne la voglia di spaccare questo mondo che pare
uscito da una pellicola yankee di classe zeta?. TU SEI se consumi, TU
SEI se produci. Se crolli lasci di funzionare per il sistema. E noi
Liberi Pensatori, noi Scrivani. Da bolla protetta e colorata,
enfatizzata, mitizzata senza consenso ne’ merito, serrati a ipotizzare
poeticamente come cambiare il mondo con la letteratura, uccidendoci
della stessa e dimenticando, volutamente o meno, che il mondo ‘vero’
sta fuori da un albergo a cinque stelle: è giù da una cattedra di cui
non conosce l’esistenza. E non ne sente la mancanza. Forse il mondo
vero sta fuori da ogni autore, e per sua natura.

Penso che, semplicemente, occorre scegliere un volo e una montagna da
raggiungere. Quando si conosce la portata del proprio volo si puo’
dire di saper scrivere. Ma solo quando si comprende quanto la
Letteratura puo’ e deve fare per cambiare in meglio una societa’, ci
si puo’ far chiamare scrittori

Perché in fondo siamo isole, amici miei. Ed io, ora, non voglio
ritrovare il sentiero del ritorno. Qui in me, in Noi, riposano gli
echi delle altre isole, poeti, porte, scale, senza stagioni dove
perdersi. Una tra le tante è l’isola che sono, che siamo, che dovremmo
essere:aperte ed integre, pronte anche a sanguinare pur di essere
libere.

Leggi questo e altro da Giovanna Mulas, il Blog:
http://giovannamulas.baab.it/2013/06/02/su-letteratura-scrivere/

**Articolo ricevuto direttamente da Giovanna Mulas per Ufficio Stampa Isola Nera
Cinque Pagine ufficiali in Facebook italia
Profilo ufficiale in Twitter

***Immagine  postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da:http://www.bibliotecabelsitana.it/mix/storia_biblioteche.html

Nuova Versi di Giancarlo Fattori!!!

giancarlo fattori,versi,inediti,dinanimismo,amici,amicizia,cosmica.GLI AMICI COSMICI
di
Giancarlo Fattori

L’acufene che, come treno in corsa,

ci attraversa la mente, selvaggia,

di rami spezzati, di contorti paesaggi;

forte il fischio del suo scorrere

e tu, anzi noi, che rinchiudiamo la speranza,

non cambiamo mai, è eredità di cammino,

è amore piccolo, cullato in robuste braccia.

Sdraiato sul palmo della mano,

(la mia mano onesta, fragile,

che accoglie fumo d’erba e voli di aquile,

vanto bradicardico d’affettuoso sguardo)

tu segui il mio perdersi lontano come vento leggero,

un velo, la pagina di un libro, la corda della chitarra,

mentre io accolgo i tuoi affranti affanni.

(Eh si, pizzichi le corde dell’anima, la mia, la tua,

scorrendo le dita sulla tastiera, risonanza

magnetica-musicale, cosmica, transazionale,

funzioni psichiche del suono, del canto,

stonato, della serie: lasciati andare,

lascia scorrere ciò che pulsa dentro,

lascia che esca, al limite incrinato della voce).

E si parla di figli, di coscienze celesti, col cuore

fluttuante e lo specchio che riflette le parole,

le masturbazioni, il calcio a un pallone,

e poi scendi, ruzzolando, le scale, saliscendi della vita.

(Eh già, ruzzolando insieme ad ogni spigolo,

vieni, dai che ti abbraccio forte,

abbraccio il tuo malessere leggero

e te lo rendo in forma di leggera carezza,

un tono più alto, uno medio, uno in fondo al pozzo,

un caffè, una pizza bollente da vescicola gengivale,

fratellanza di circoncisa carne).

Cosa dici? Parli di sentieri, di vuoti della mente, della rabbia.

Condividere le cose? Si, e stringi la fatica, le incomprensioni,

e qualche goccia di lacrima che diviene sciarpa di lana,

all’angola della strada buia, di un pensiero rimosso,

corsa all’indietro verso lontane ferite.

Guarite, forse, perdute, soccorse:

d’amore il tuo sguardo è pregno,

sei soltanto un altro pazzo nella collezione di pazzi,

una gramigna, un seme ben oleato,

e mi soccorro, appena posso, al silenzio, all’ascolto,

all’ebbrezza confusa, al confuso senso dell’esistere.

Senza perdersi, né perderti, né perdermi:

solo errando, di sbaglio in sbaglio

fino a un accecante abbaglio,

o all’unico possibile barbaglio di luce.


*Versi ricevuti direttamente dall’Autore Giancarlo Fattori, 28 aprile 2013

**Foto di “Eistein e Fisici 1931” postata dalla redazione del blog e liberamente tratta da:http://www.vip.it/le-foto-piu-viste-in-cinque-anni-di-flickr/einstein-e-fisici-1931/

“Kaamos” la luce non luce di Giancarlo Fattori…

KAAMOS
di
Giancarlo Fattori
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Dal punto di vista del cuore
questa pioggia è oscuro mistero,
perduto nella luce sottile
dove ogni melanconia vive,
e si rigenera.
Oceano d’argento che pulsa
nello sguardo errante
lungo l’orizzonte:
il vento gelido ne è
vivido testimone,
e così il mio corpo, 
che mille volte muore.
E mille altre volte rinasce
questa mia carne,
che è pietra di scoglio,
e betulla, e brullo paesaggio,
epico poema di me stesso.
Di spazio e silenzio
è rivestito il mio animo,
come una sorta di radura
velata di neve.

 

 
“Kaamos” è un termine finlandese, intraducibile, che descrive un fenomeno naturale, una sorta di eterno crepuscolo, tipico delle zone più a nord, nella Lapponia. Una luce che non è luce, un buio che ha bagliori colorati. In questa luce il paesaggio è come impietrito, come un dipinto a acquarello.

*Versi e definizione ricevuti direttamente dall’Autore: Giancarlo Fattori, 2012.

**Foto postata dalla redazione del dinanimismo e liberamente tratta da: http://www.zingarate.com/foto/un-2012-pieno-di-aurore-boreali-ecco-dove-vederle/lapponia_1.html