Emilio Diedo: recensione de “La sua figura rimane vaga e sbiadita ?” Do Sergio Vincenzi

La sua figura rimane vaga e sbiadita ? Una risposta a «L’enigma Gesù» di John Carroll

Don Sergio Vincenzi, settantenne sacerdote cattolico, è uno scrittore prolifico quanto eclettico. Teoretico e faceto insieme, sa scrivere seriamente e sa scrivere con ironia. A seconda che intenda far attentamente meditare oppure, optando per una diversiva leggerezza, far sorridere il suo fruitore. Della quindicina di libri che ha pubblicato, infatti, metà propendono nel primo senso e metà nell’altro. In particolare, tra la serie di libri impegnati, La movida ferrarese: cultura giovanile fra Chiesa e Istituzioni (2013), credo possa essere considerato il suo più significativo lavoro, nelle prevalenti ed intonse vesti d’opinionista.

Con questo nuovo saggio egli si dimostra ulteriormente, ma in maniera ancora più qualificata di quanto non abbia finora saputo fare, esegeta e prima di tutto teologo. Acuto nell’esegesi e rigorosamente attento al confronto tra la letteratura evangelica cattolica vera e propria ed una letteratura alternativa che della dottrina cattolica ha poco a che spartire. Eloquente esempio, altro testo del 2013, era già stato Nell’oscurità della fede non è mai mancata la luce, con il quale s’opponeva alle divergenti analisi che Ferruccio Parazzoli aveva espresso nel libro Eclisse del Dio Unico (Il Saggiatore, 2012).

Analogamente a quel confronto col Parazzoli, in quest’ultimo non meno interessante libro, tende a controbattere quanto John Carroll ha precedentemente pubblicato sulla vita del Cristo (The Existential Jesus, 2007, poi tradotto, nel 2013, da Fazi col titolo L’enigma Gesù).

L’opera del Carroll, d’ispirazione protestante per gli spunti e le annotazioni di cui s’è appropriato, alla luce delle proiezioni del Vincenzi parrebbe finalizzata ad incongrui rilievi filosofico-esistenziali che, pur attingendo ad ottime credenziali teoretiche, dal lato fideistico-interpretativo lasciano invece a desiderare, denotando non indifferenti lacune.

Partendo dal basilare studio di Carroll sul vangelo di Marco, il nostro autore debutta prendendo a spunto la seguente osservazione, preliminare alla complessiva analisi: «Gesù, come viene comunemente significato ed inteso, è un prodotto del cristianesimo, la religione fondata sul suo nome. È il Cristo Salvatore mediato attraverso le sue chiese» (cfr. p. 8 e, subito dopo, p. 13). Vista quest’oziosa, senz’altro infondata premessa del Carroll, Vincenzi non poteva che cercare di smentirlo.

Egli in primis osserva che, intanto, la biografia adottata dal Carroll «è formata solamente da studi ed esegesi protestanti, per lo più Anglicani […] cita studiosi rigorosamente protestanti […] sono anche presenti alcuni autori cattolici ai quali è riservato un piccolo spazio […]. Ma il problema più urgente [sarebbe, a detta di Vincenzi] un esistenzialismo […] pessimistico», ibidem, pp. 8-9.

Don Vincenzi, quale questione di fondo, non riesce a capire perché l’uomo sia un enigma «che, spogliato delle sue sembianze, diventa una concentrazione eterea dell’essere […], secondo J. Carroll vale anche per Gesù, e questo, secondo lui, emerge chiaramente dalla lettura del primo vangelo attribuito all’evangelista Marco», cfr. p. 11.

In sostanza il nostro, traendo una propedeutica sintetica analisi, osserva trattarsi d’un «pensiero spesso astratto […], a volte confuso e […] contradditorio», cfr. p. 30.

La critica del sacerdote, per dare la convincente idea della parzialità dello studio di Carroll, estende l’analisi a tutti e tre i vangeli sinottici (Marco, Matteo, Luca). Ad efficace supporto delle sue confutazioni, s’avvale d’una contro-bibliografia d’eccellenza. Egli cita, tra i vari autori, religiosi e/o esegeti (Virgilio Levi, Alfred Loisy, Davide Rondoni, Piero Rossano, Eliseo Ruffini, Schmid Josef, Rudolf Schnackemburg… Adalberto Sisti), alcuni scritti dal taglio palesemente inconfutabile, dei Papi Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. E s’appoggia su una documentazione altrettanto autorevole e perentoria quale gli atti del Concilio Ecumenico Vaticano.

È chiaro che avendo John Carroll voluto disquisire sull’esistenza di Cristo con la pretesa d’un’apertura essenzialmente teoretica e dalla natura squisitamente filosofica, piuttosto che cristiana (tra l’altro assumendo una posizione fondamentalmente protestante anziché cattolica), è già in sé il presupposto esegetico della sua opera ad essere inficiato di palesi incoerenze se non delle contraddizioni rilevate da Vincenzi. Un’ipotesi progettuale radicalmente sballata….CONTINUA SU: http://www.literary.it/dati/literary/d/diedo/la_sua_figura_rimane_vaga_e_sbia.html

Emilio Diedo: recensione de “La sua figura rimane vaga e sbiadita ?” Do Sergio Vincenziultima modifica: 2016-04-03T20:59:53+02:00da zairo-ferrante
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