Dài Girolamo Melis… in questo week-end prefestivo il dinanimismo ti segue
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di Girolamo Melis
Ho conosciuto Alberto.
Meno di trent’anni, incidentato, su sedia a rotelle
e fa fatica a muovere anche il collo e le braccia.
Si appassiona al discorso filosofico,
si accalora e sembra sciogliersi, liberarsi.
S’inganna chi lo ritiene appagato da quella sua
libertà della conoscenza.
Lui vuole fare l’amore.
Ho conosciuto Saverio.
Accetta che gli si costruisca intorno
una specie di mito della forza, della bellezza fisica.
Anch’egli incidentato, si mostra sorridente
e virile. Vive la cultura del “modernismo milanese”,
la moda, il disegno.
Non appena resta solo in casa gli sembra di morire.
Perché vive per farsi accettare come normale.
Attira e cattura. Una star gli si è avvicinata
E ha giocato con lui.
Però Saverio è rimasto solo
E quasi benedice i dolori fisici alla colonna vertebrale
per attutire il Dolore vero.
Ora la Star è diventato lui.
Ho conosciuto Rajid.
Era “spezzato in due”. E’ la case history vivente
D’appassionato “prendersi cura” di un medico.
Intorno a lui un giovane medico milanese
ha costruito un progetto
che oggi è una cosa molto seria.
Rajid si è sposato con una ragazza di casa sua,
hanno avuto un figlio.
Ha casa e lavoro.
Non gli ho mai visto il viso sereno:
non si vuole mai far vedere da macchine fotografiche
né interrogare come miracolato.
Non si sente miracolato.
Ho conosciuto Valentina
un capo
una sapiente ellenica
se non fosse dilà dallo Stretto
sarebbe una Mulier Salernitana.
Ho conosciuto Daniela.
E’ perennemente in guerra con la sedia a rotelle
e con gli uomini.
Deve avercelo lei più lungo.
Deve salire in cima.
Deve sedurre e mollare.
Ha riconoscimenti pubblici.
Sento che preferisce essere “invidiata” che compatita.
Ce la mette tutta anche per farsi odiare.
Ma vorrebbe soltanto essere amata e amare.
Ho conosciuto Alessio di Vicenza.
Seducente, si direbbe bellissimo, atletico.
Inchiodato alla sedia, continua a fare sport,
soprattutto difficili.
E’ stato sedotto dalla forsennata Egle,
che l’ha concupito, sedotto e accasato.
Vivono di pubblici abbracci
e di complessi intrecci malinconici.
Questa loro sfida della performance
li ha portati da vari mesi alla determinazione
di avere un figlio loro a tutti i costi.
Ho conosciuto Mafalda, la più giovane,
principessa della Vallée.
Non vuole stare sulla sedia a rotelle.
Vuole farsi vedere in piedi.
Vuole muoversi alla stessa identica
velocità dei suoi desideri.
Anche lei è in perenne sfida di normalità,
anche lei si propone come ragazza tra i ragazzi,
però nessuno la incoraggia a partecipare
alle gite scolastiche.
Perché tanto attrae come “normale”
tanto scoraggia come “peso a carico”.
E allora le ho detto
detto hatto
“Mafalda, fallo tu il tuo tour operator
e inviti chi ti pare a partire da te”.
Ho conosciuto Alessio,
il mio giovane amico fiorentino,
furibondo, intollerante, accanito
nella sua speranza armata di tornare in piedi,
a camminare, a scopare, a correre.
Non mente, ahimé, mai. Perciò i suoi giorni
e le sue notti non trovano soddisfazione
né nell’intelligenza né nello star bene con gli amici.
Si nutre di verità.
Dio quanto gli garba la fica.
Se ognuno di noi facesse bene alla sua vita
quanto la sua vita fa bene a me,
Alessio sarebbe già tornato da tempo
a tuffarsi in mare.
Ho conosciuto Paolo,
il primo, forse l’unico chirurgo paraplegico.
Tra i migliori oncologi,
attraente, brillante, furioso con chi si lamenta.
Ogni volta che sente la parola “problemi”
Gli viene voglia di menare le mani.
Ma finisce col sorridere.
“Mi dovete spiegare, dice,
che cosa significa problemi!
Se sono riuscito io a diventare chirurgo e
ad operare tutti i giorni
ed essere perfino bravo e stimato,
mi dovete spiegare dove sono i problemi?!
Non ci puoi riuscire anche tu?!
E se tiri fuori la storia delle barriere
Mentre io passo lì davanti, ti stendo con la macchina…”
Ho conosciuto Fabrizio
ho conosciuto Loredana
ho conosciuto Kolambus
ho conosciuto “Giuduro”
hoconosciuto Rodolfo
ho conosciuto Maria
ho conosciuto Quirino
ho conosciuto Valentina
ho conosciuto Cinzia
ho conosciuto Yasmin
ho conosciuto Ida
ho conosciuto Tommaso
ho conosciuto Rodolfo
ho conosciuto Luca
ho conosciuto Olena
ho conosciuto Davide
ho conosciuto CarloMaria
ho conosciuto Franco
ho conosciuto Mara
ho conosciuto Roumi
ho conosciuto PaoloOsiride
ho conosciuto Livia
ho conosciuto Giada
ho conosciuto Roberto
ho conosciuto Barb
ho conosciuto Paolo
ho conosciuto Raffaele
ho conosciuto fighissima Rachele
e conosco i tantissimi
che non ho mai incontrato.
Ho conosciuto altre persone
che si trovano davanti ad altre barriere
e ho imparato che
– più le barriere sono invisibili –
più vengono rese invalicabili.
E ho imparato a diffidare di me stesso
ogni volta che per distrazione
o per cecità o per natura o per cultura
mi sono concentrato sulle
barriere somiglianti ai normali ostacoli,
e a dimenticare
– ma soprattutto a scordare –
la mia azione quotidiana
per considerare inesistenti
e insignificanti
le barriere invisibili.
Peggio ancora,
a considerarle barriere sociali, politiche,
architettoniche, tecniche, progettuali.
Pur sapendo che la barriera
ce la portiamo dentro,
incorporata, connaturata nella nostra
umana natura.
I momenti più difficili sono quelli
in cui io, che ho così stima di me,
mi faccio orrore.
Però, però…
Quando questa medesima
sensazione di orrore mi prende,
è allora principalmente che diffido di me.
E mi stacco la tagliola dai piedi.
Perché non voglio somigliare
alla mia Umana natura
e assolvermi, e perdonarmi, e giustificarmi
in virtù dell’umanissima arte del vivere.
E rifiuto di farmi orrore.
Non voglio darmi questo sofisticato alibi,
non voglio sottomettermi a questa
comunissima strategia fatale:
“Eh, sai com’è…fratello…
così va il mondo… così siamo fatti…”
E via blaterando, cioè assolvendoci
d’egoismo e quant’altro.
No, non mi faccio orrore,
voglio piacermi, voglio provare piacere
e piaceri, voglio scegliere la bellezza
e farmi scegliere dalla bellezza.
Voglio guardare per vedere.
E voglio vedere per guardare.
E voglio avvicinarmi per toccare.
Muovere le labbra per esprimere
e farmi sentire.
Voglio spernacchiare
gli abbracci televisivi e sociali
e democratici e solidali
e scegliere la carezza
la carezza che indugia sulla pelle
che stringe e che dà tempo ed elettricità
sufficienti ad essere sentita
a diventare corpo e rossore.
E poi voglio pronunciare parole a caso
ma a condizione che siano scandalose
al punto da far ridere
e sghignazzare
gridare “PA!!!” e altri nonsense
per muovere uno sguardo
e un sopracciglio e magari
farmi stritolare senza restare lì ammosciato
ma stritolare anch’io.
Poi voglio capire se a te fa bene lavorare
perché riesco a scoprirti
e perché guardandoti lo vedo, lo vedo che saresti
molto capace a fare una certa cosa
ma finché nessuno ti guarda non lo saprà mai
e tu non la potrai fare mai.
E allora voglio darmi da fare
per trovarti lavoro,
e voglio diventare io stesso capace
di trovare lavori e gente e aziende
che neanche si immaginano quanto sarebbe bello
e conveniente e redditizio
farti lavorare e lavorare con te,
e quanto la tua presenza farebbe bene
alla produzione, e quanto aumenterebbe
il ritmo e il piacere lavorativo degli altri…
e poi vorrei darti un’occhiatina di nascosto, per beccarti quando
– convinto che nessuno ti veda – ti freghi le mani
e ridacchi perché sei meglio degli altri.
E il padrone della baracca si vanta di te,
poi va in giro a cercarne altri come te,
e poi – la simpatica carogna – riceve qualche riconoscimento
per quanto è stato buono.
E poi gli picchietterei sulla spalla
e lo costringerei a guardarmi negli occhi,
e allora lui sarebbe contento d’essere stato svelato
e direbbe sorridente:
“Macché buono! Sai che ti dico:
mi sembra d’essere diventato più bello!”
E poi bisogna continuare.
Perché domani mattina è più importante di oggi,
e niente è bello per sempre
tranne la Bellezza.
http://www.girolamomelis.it/2015/10/parole-del-2005-2006-2007-2008-2009.html