Giancarlo Fattori uno nuova poesia per il dinanimismo – parte II –
Le parole che feriscono restano imprigionate,
mentre tu fosti prima pioggia, poi fango e fardello.
E io? Solo un’ombra come tante tremolante sui muri
dalle pallide candele di questa gelida stanza-cattedrale,
e tu, tu trascendi la luce, ché i tuoi silenzi sono vetrate trasfigurate dal sole.
Come nel lutto, si è soli di fronte all’amore, o alla mancanza d’amore.
La cera cola lentamente, è lacrima che spande fragranza di solitudine:
m’è vicina la terra, la cenere, la polvere, l’affresco scrostato, l’algido marmo,
il letto mortale, la foto sgualcita e sfocata di noi, scarmigliati, con un sorriso vago,
forse un tempo fummo anche felici, poi in me fu notte, incolore.
Riesco ancora a vederti, tra le penombre:
sembri un dipinto barocco, le labbra socchiuse, lo sguardo lontano.
*Versi ricevuti direttamente dall’autore tramite e-mail (giancarlo fattori 2015)