DA LEOPARDI A JUNG

 

abstraction liliana ummarino.JPG“Psicopoesia” di Marco Nuzzo


Che cos’è la poesia se non un metodo per esorcizzare i propri demoni, quelli che nascono dall’insoddisfazione di una vita imperfetta, una maniera per vomitare la rabbia, la paura di un mondo senza margini, che se ci si sporge si cade dentro bolge infernali da “lasciate ogni speranza o voi che entrate”? E non lo trovate di certo uno psicopompo che vi accompagnerà lungo le fiamme, perché cadere è facile, il difficile è risalire, il difficile è trovare un dio Anubi o un Caronte disposto a portarvi all’altra sponda se non c’è un feedback interessante, un ritorno di due interessanti monete d’argento posate sugli occhi nell’ora della vostra dipartita. Amen.
Poetare è essere “introspettivi”, guardarsi dentro catturando di tanto in tanto i pensieri che passano a velocità sinaptiche sotto la stretta supervisione della ghiandola pineale. Tuttavia catturare questi pensieri diventa un’arte, combinare le parole diventa matematica, scienza, natura… arte. Carpire l’essenza di una parola diviene un esercizio da fare in sempiterno, sfruttando la propria conoscenza e i propri sogni. E’ corroborante per il cervello, tiene a distanza di sicurezza la pazzia dovuta all’estremo sfruttamento del proprio ego e quindi della ratio, oggi troppo sfruttata a discapito della fantasia.
Gli stessi psicologi consigliano ai loro pazienti di tenere un diario dove appuntare tutto ciò che avvertono, riportandolo nero su bianco… perché? proprio per distogliere il cervello dallo stress della quotidianità che ci attanaglia, proprio perché abbiamo bisogno di ritrovare quella sensazione di “immersione” dentro di noi che ci fa essere persone anziché automi.

Siamo un Paese poco dedito alla lettura; al di là delle solite gazzette sportive, o degli scurrili periodici di gossip, la lettura, quella seria, suscita pochissimo interesse. Se la narrativa riesce a salvarsi, la poesia e la saggistica, tentano disperatamente di raccattare le poche briciole di cultura nel tentativo disperato di sopravvivere. Eppure, con l’avvento di internet, si è aperto un mondo nuovo. Si scrive e si stampa come mai prima d’ora, sorgono sedicenti “corsi di scrittura” che promettono di creare dei novelli Coelho che in soli due o tre mesi sarebbero capaci di sfondare nel mercato con dei best sellers… a saperlo prima non avrei sprecato tutto questo tempo ad arrangiarmi da me, accidenti!

Ciò che non si comprende oggigiorno è che tutti hanno qualcosa da raccontare, ma bisogna considerare che fare della poesia, o scrivere un romanzo, sono arti che richiedono un qualcosa di più che raccontare una storia, le parole richiedono un’anima propria, ed è quell’anima che bisogna ricercare dentro sè stessi e nessun corso di scrittura potrà mai sostituire o esaltare ciò che avete dentro.
Scrivere vuol dire vivere. Vivere non significa respirare, vivere è imparare ad ascoltarsi in ogni respiro, perché abbiamo una clessidra a senso unico con dentro sabbia che si/ci consuma, fissata a terra e quando la sabbia è scesa del tutto non possiamo rigirarla, la cavolo di clessidra.
Rifugiarsi nella scrittura, nella poesia è il modo che abbiamo per aprirci a noi stessi e agli altri in modi differenti da quello verbale, in un modo in cui gli altri non ci conoscono, in un modo in cui nemmeno noi stessi ci conosciamo. Spesso, se si torna a leggere delle poesie o dei racconti scritti pochi giorni prima, non ci si riconosce come autori, come se quella poesia non l’aveste effettivamente scritta voi. Ma questo accade solo quando si esplora la propria anima nel profondo e, fintanto che non impariamo a diventare completamente sinceri con noi stessi, non potremo mai raggiungere quel livello di autoconoscenza/autocoscienza insita nel cervello rettile, nell’epifisi, che ci permette di approfondire l’anima. Guardatevi dentro, sognatevi… siete voi, non importa se piacete agli altri, l’importante è che piacciate a voi stessi. Non importa se non avete nel vostro bagaglio un corso di scrittura, l’importante è l’esplorazione di voi stessi con conseguente annullamento dell’ego. E’ l’unico modo che avete per non diventare schiavi di una società incline alla conformità, è l’unico modo per non impazzire, anche se spesso vi sentirete chiamare “pazzi”… ricordate, sono i pazzi che cambiano il mondo, i disadattati, coloro che vanno controcorrente, fregandosene delle regole imposte.

*per leggere la biografia di Marco Nuzzo:  http://e-bookdinanimismo.myblog.it/archive/2010/06/11/biografie.html

**Quadro Abstraction di Liliana Ummarino: http://www.artarvalia.it/dblog/

DA LEOPARDI A JUNGultima modifica: 2010-06-14T10:33:45+02:00da zairo-ferrante
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1 Commento

  • Mi trovo perfettamente d’accordo con la tesi descritta da Nuzzo, sia per quanto riguarda l’astrazione che comporta lo scrivere poesie che nel riconoscere il processo di autoconoscenza che ne deriva.

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